di Daniele Scalea

Dopo i fatti del Campidoglio americano si è assistito a una brusca accelerata, da parte degli oligopolisti del web, verso la censura della Destra in Internet. Dapprima Facebook (e la controllata Instagram), Twitter, YouTube (che appartiene a Google), Twitch, Snapchat e Shopify hanno tutti sospeso o espulso Donald Trump dalle loro piattaforme. Stripe, società di pagamenti via Internet, ha bloccato i flussi verso la macchina elettorale del Presidente. Un’inaccettabile operazione politica di cartello, certo, ma diretta a un solo uomo che i media e molti politici dipingono alla stregua di un “golpista”. Così l’hanno giustificata: un’operazione tesa a disarmare un presidente che cercherebbe di rovesciare il sistema democratico. E già vi sarebbe parecchio da discutere in merito.

La fase due ha però subito chiarito che il bersaglio grosso non fosse Trump, ma tutto il movimento politico di cui è a capo. Reddit, TikTok, Discord, Pinterest hanno bloccato pagine e contenuti relativi a sostenitori del Presidente uscente. Quando i conservatori americani (e non solo) hanno cominciato a muoversi in massa verso Parler, un social alternativo che garantisce la libertà d’espressione, Google e Apple (che con Android e IOS hanno il 99% dei sistemi operativi installati sui cellulari) l’hanno bloccato dai loro store; a completamento di ciò, Amazon – che lo ospitava sui suoi server – gli ha staccato la spina. Malgrado Trump non avesse alcun account in Parler, esso è stato ucciso con un uno-due micidiale degli oligopolisti del web. Non è più raggiungibile da qualche ora e il CEO, John Matze, ha già dichiarato che potrebbe non tornare mai perché, oltre ai tre giganti suddetti, tutte le altre società che ha contattato rifiutano di prestargli servizi essenziali.

Non ritorneremo qui sulla questione della illegittimità di tali azioni. Abbiamo già chiarito tempo fa perché sia scorretto asserire che “i social sono privati e quindi possono fare tutto ciò che vogliono” – asserzione da sempre erronea ma che ora appare persino beffarda, in un momento in cui a negozianti o imprenditori è vietato di lavorare per decreto. Del resto, se passasse questo atroce principio del privato legibus soluti, cosa impedirebbe che una persona, solo poiché la pensa diversamente, si trovasse senza corrente elettrica perché tagliata dal fornitore, senza possibilità di approvvigionarsi di beni perché supermercati e negozi non glieli vogliono vendere, senza poter mangiare o bere perché ristoranti e bar non lo servono, senza impiego perché i datori non lo assumono. Il fatto che esimi professoroni difendano una tale impostazione è solo ennesima testimonianza di quanto brutale, aggressiva e repressiva si sia fatta la Sinistra, e di come le stesse ricette saranno presto applicate anche qui in Italia.

Le azioni dei giganti del web, tese ad estromettere le persone non di sinistra dal dibattito pubblico, non giungono a noi come una sorpresa. Negli ultimi mesi abbiamo dedicato un articolo alle loro ingerenze nelle elezioni americane e una diretta alla stretta censoria sempre più evidente. Da tempo mettiamo in guardia dalle tendenze totalitarie del “politicamente corretto” e dalla pericolosa rivoluzione culturale che mina la democrazia e le nostre libertà. Ma no: nemmeno noi, pur convinti del prossimo realizzarsi (fattuale, non metaforico) d’un nuovo totalitarismo, prevedevamo tempi tanto stretti.

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Pensavamo che il momento tanto temuto fosse lontano. Invece è già qua. Credevamo di vivere in una sorta di Belle Epoque, un’era tutto sommato felice, malgrado l’addensarsi all’orizzonte delle nubi di future, immani tempeste. Ahinoi, ci siamo solo illusi d’essere nell’equivalente del 1890 o del 1900. La paura messa addosso all’establishment cosmopolita dalla Brexit e dal quadriennio Trump ha fatto precipitare gli eventi. Gli ultimi dodici mesi in particolare, tra Covid-19 e resa dei conti in America, sono valsi da soli per interi decenni. Oggi è il 27 febbraio 1933, giorno dell’incendio del Reichstag. La tempesta della repressione sta scoppiando.

Mai come in questo momento è importante essere saldi, coraggiosi e organizzati. È necessario impegnarsi e battersi; il tempo per rimanere nascosti, se mai c’è stato, è finito. Il Centro Studi Machiavelli non si è mai mostrato timido nel denunciare e combattere l’incombente minaccia totalitaria e continuerà a farlo, sensibilizzando l’opinione pubblica e la politica, elaborando contromisure pratiche e legislative, diffondendo le idee non allineate al “pensiero unico”.
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Fondatore e Presidente del Centro Studi Machiavelli. Laureato in Scienze storiche (Università degli Studi di Milano) e Dottore di ricerca in Studi politici (Università Sapienza), è docente di "Storia e dottrina del jihadismo" presso l'Università Marconi e di "Geopolitica del Medio Oriente" presso l'Università Cusano, dove in passato ha insegnato anche in merito all'estremismo islamico.

Dal 2018 al 2019 è stato Consigliere speciale su immigrazione e terrorismo del Sottosegretario agli Affari Esteri Guglielmo Picchi; successivamente ha svolto il ruolo di capo della segreteria tecnica del Presidente della Delegazione parlamentare presso l'InCE (Iniziativa Centro-Europea).

Autore di vari libri, tra cui Immigrazione: le ragioni dei populisti, che è stato tradotto anche in ungherese.