di Emanuel Pietrobon

La competizione tra grandi potenze è sbarcata in Terrasanta, vena aperta e sanguinante del Medioriente, all’indomani del cinquantesimo anniversario della guerra dello Yom Kippur. Un crocevia di interessi divergenti e di convergenze parallele ha fatto sì che il conflitto tra Israele e Hamas degenerasse rapidamente, evolvendo da regionale a globale, col risultato di impattare negativamente sulla globalizzazione. Già tramortita dalla pandemia di COVID19 e dalla guerra tra Russia e Ucraina.

La guerra tra Israele e la costellazione dell’indipendentismo palestinese a mano armata è lo specchio dell’età contemporanea, di cui condensa le caratteristiche distintive, come fragilità, imprevedibilità e volatilità, ed è la manifestazione travolgente e magniloquente della nuova fase in cui è entrata la competizione tra grandi potenze: la permacrisi.

La soluzione ai problemi emersi durante l’offensiva multidominio di Anṣār Allāh, i “Partigiani di Dio”, altresì noto come il collettivo Huthi, non verrà da un’operazione militare, che anzi potrebbe gettare benzina su una regione già in fiamme, ma da una combinazione intelligente di diplomazia e riglobalizzazione.

L’alto impatto di una guerra a basso costo

La tratta Mar Rosso-Oceano Indiano, che in tempi di pace è il percorso lungo il quale transita il 12-15% del commercio mondiale, è divenuta una trincea-chiave dell’ultima guerra a distanza tra Israele e Iran.

Sorprendendo Israele, che si attendeva l’apertura del temuto fronte settentrionale, il Libano controllato da Hezbollah, l’Iran ha trasposto in realtà il secondo dei trentasei stratagemmi: ha assediato Wèi per salvare Zhào. L’Iran ha attivato il paragrafo arabico-mesopotamico del cosiddetto Asse della resistenza, di cui Anṣār Allāh è parte, colpendo asimmetricamente obiettivi israeliani (e occidentali) su terra e mare.

Una guerra a basso costo e ad alto impatto. La campagna di Anṣār Allāh a base di assalti pirateschi e attacchi con droni fai-da-te e missili di origine iraniana, con obiettivo le navi dirette in Israele o in Europa, ha avuto come effetto una drastica riduzione del traffico commerciale lungo la rotta Rosso-Indiano occidentale.

Ai soldati di Anṣār Allāh sono bastati sessanta giorni di guerriglia e pirateria per mandare in tilt una delle strade più trafficate della globalizzazione, che collega l’opulento euromercato alle fabbriche della sinosfera. Sessanta giorni, dal 15 novembre 2023 al 15 gennaio 2024, durante i quali sono stati compiuti trentanove atti di guerra asimmetrica, principalmente diretti a mercantili ricollegabili a Israele, Regno Unito e Stati Uniti.

L’insicurezza che si è venuta a creare ha comportato una diminuzione significativa del traffico lungo  il Rosso, che nei primi quindici giorni del 2024 è stato attraversato da poco meno di centocinquanta mercantili, in gran parte russi e cinesi, rispetto agli oltre quattrocento nello stesso periodo del 2023. Le più grandi compagnie di gestione di linee cargo hanno ordinato alle loro flotte di tornare al passato, cioè di fare il pieno in India con direzione Capo di buona speranza, comportando un aumento delle tempistiche di consegna dei prodotti e dunque del loro prezzo al dettaglio. Sullo sfondo di un generale aumento dei costi assicurativi, a prescindere dalla rotta seguita dalla nave cargo, destinato anch’esso a incidere sulle tasche dei consumatori finali.

Una regia a tre?

I saggi dell’antica Roma solevano dire che nel nome è scritto il destino, nomen omen, e l’offensiva dei Partigiani di Dio ha avverato quello del geostrategico stretto di Bāb al-Mandab, il varco di accesso al Rosso, che in lingua araba significa “porta del lamento funebre”.

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Il porto di Eilat, sbocco israeliano sul Mar Rosso, ha sperimentato un decremento degli attracchi dell’85% nel dicembre 2023 in comparazione con lo stesso periodo dell’anno precedente. Giganti dell’industria automobilistica come Tesla e Volvo hanno sospeso parte della produzione in alcuni loro stabilimenti europei a causa della dilatazione dei tempi di consegna della componentistica da mettere sulle catene di montaggio. Le gasiere qatarine e britanniche hanno smesso di attraversare il Rosso per raggiungere l’euromercato, ovvero consegne meno frequenti e più costose. La sicurezza economica ed energetica dell’Unione Europea compromessa dalla guerra a basso costo di Anṣār Allāh, che mero fante al servizio dell’Iran potrebbe non essere.

Alcuni indizi suggeriscono l’esistenza di una cabina di regia sino-russo-iraniana dietro le azioni dell’organizzazione guidata dalla famiglia Houthi. Il primo è la selettività dell’offensiva: mercantili occidentali aggrediti, mercantili russi e cinesi esclusi dagli attacchi. Il secondo è l’arsenale utilizzato per l’offensiva: armi e munizioni primariamente provenienti da Tehran e secondariamente da Mosca e Pyongyang. Il terzo è l’economia dell’organizzazione: l’autarchia è ciò che differenzia una realtà indipendente da una forza sussidiaria (proxy) e Anṣār Allāh, lungi dall’essere autosufficiente, vive principalmente di credito iraniano.

Anṣār Allāh, in estrema sintesi, ha a disposizione un arsenale che parla russo, farsi e coreano, possiede un’economia che parla farsi e sta perseguendo degli obiettivi perfettamente coincidenti con l’agenda del trio Mosca-Pechino-Tehran: raggiungere l’agognata transizione dall’unipolarismo al multipolarismo per mezzo della creazione in simultanea di crisi multiple (policrisi) e di un clima internazionale in perenne stato di tensione (permacrisi). Nella consapevolezza del fatto che gli Stati Uniti si trovano in un’onerosa e insostenibile condizione di sovraestensione imperiale.

L’offensiva di Anṣār Allāh potrebbe essere il risultato di un’azione coordinata tra Cina, Russia e Iran. Tre potenze si trovano nel Mar Rosso per interessi in parte convergenti e in parte divergenti: l’Iran per aggredire le catene di approvvigionamento dell’economia israeliana, Russia e Cina per indicare agli Stati Uniti che, via BRICS+, possono aspirare al titolo di guardiani di uno dei corridoi principali della globalizzazione.

È in errore chi inquadra la guerra in solitaria di Anṣār Allāh all’interno di una campagna di solidarietà panaraba. L’ideologia è il paravento della realpolitik. Altri e più profondi sono i moventi dei guerriglieri yemeniti, che, con la loro campagna di pirateria archeofuturistica, hanno sparso frammenti di guerra mondiale nel Mar Rosso ed effettuato una sottovalutata prova tecnica di guerra economica tra BRICS+ e Occidente.

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Analista geopolitico, consulente di politica estera e scrittore. Laureato in Area and global studies for international cooperation (Università di Torino), si è formato tra Italia, Polonia, Portogallo e Russia. Specializzato in guerra ibride, questioni latinoamericane e spazio post-sovietico.