di Emanuele Mastrangelo

La posta in gioco attorno alla vicenda di Il mondo al contrario di Roberto Vannacci è molto più alta di quello che si può immaginare. Da molti anni infatti le sinistre liberal stanno portando avanti una campagna per sostituire alla certezza del Diritto il soggettivismo. Il ministero della Difesa, invocando dallo Stato Maggiore Esercito un’operazione di cancel culture per direttissima contro Vannacci, si è prestato involontariamente a questa campagna di distruzione della certezza del Diritto, fornendo uno straordinario assist al fronte wokeista.

Partiamo dai dati materiali e oggettivi. Roberto Vannacci, generale in servizio dell’Esercito, ha scritto un libro in cui espone le sue opinioni. Vannacci in quanto militare ha ben pochi vincoli alla sua libertà costituzionale di espressione del pensiero. L’art. 1472 del Codice Ordinamento Militare (D. Lgs. 66/2010) prevede chiaramente che l’unica fattispecie per la quale un militare debba chiedere permesso preventivo è quella degli “argomenti a carattere riservato o di interesse militare”. Il militare inoltre è vincolato alla neutralità politica, per cui gli è preclusa la propaganda. Chiunque abbia letto Il mondo al contrario può constatare oggettivamente che il contenuto del libro non ricade né nella fattispecie dell’argomento riservato o d’interesse militare né tampoco nella propaganda politica. Anche tirando fuori ogni altro articolo del COM, il libro di Vannacci non presenta alcun profilo di problematicità oggettiva.

Il problema del libro, ovviamente, è solo nel suo contenuto. Al di là dell’interpretazione soggettiva, esso presenta profili di rilevanza penale? Ovviamente no, altrimenti avremmo già visto denunce, querele, esposti o segnalazioni alle competenti autorità. Ed è qui che s’insinua l’infezione wokeista. La pretesa che “ciò che offende” una qualche minoranza debba essere elevato a fonte di diritto e debba costituire motivo sufficiente per far scattare sull’attenti apparati dello Stato e società civile.

La presunzione soggettivista alla base di queste arbitrarie interpretazioni è identica nella matrice, negli scopi e nei metodi al “love is love” con il quale si pretende di fornire una giustificazione al “matrimonio” fra individui dello stesso sesso e perfino fra persone e animali o persone e cose, come in certi ordinamenti più “progressisti” già si sta osservando. In altre parole, la percezione soggettiva dell’“amore” (perfettamente individuale) deve essere eletta a fonte di diritto erga omnes. Nel temerario mondo nuovo del wokeismo se qualcosa fa “star bene” un individuo, essa deve diventare legge, se invece “offende” deve essere perseguita per legge.

Da qui partono le scandalose parole del segretario del PD Elly Schlein, secondo la quale “la Costituzione è antifascista, non possiamo tollerare tentativi di rivedere la storia. La nostra costituzione non mette tutte le opinioni sullo stesso piano, non garantisce libertà di espressione a quelle idee che negano il diritto a esistere ad alcuni gruppi di persone”. Ora, anche a rileggerla cento volte, da quella Costituzione della Repubblica Italiana entrata in vigore il 1° gennaio 1948 non esce nemmeno per sbaglio che esista una “gerarchia delle opinioni esprimibili”. La Schlein, come altri esponenti della sinistra liberal e le centinaia di haters scatenati sui social, fanno invece riferimento a una ben precisa e malevola distorsione dell’articolo 3 della Costituzione, quello che recita:

Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.

È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

Secondo costoro, i concetti espressi da Vannacci, in quanto “offensivi” dal loro personalissimo punto di vista, rappresenterebbero una forma di “discriminazione” nei confronti di determinate categorie umane e dunque sarebbero meritevoli della più decisa e sommaria censura. Il loro punto di vista, dunque, vale più della lettera della Costituzione.

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Tralasciando la patente contraddizione interna dell’invocazione della censura “per opinioni politiche” sulla base di un articolo della Carta che proibisce apertis verbis la discriminazione “per opinioni politiche”, il passo ideologico compiuto dalle sinistre wokeiste e sciaguratamente avallato con la cancel culture contro Vannacci è quello di pretendere che siccome le idee del generale sarebbero “offensive” secondo alcuni di loro, di conseguenza esse debbano anche essere considerate una forma diretta e criminale di discriminazione, a prescindere dalla loro reale rilevanza secundum ius. Il semplice percepirle come “offensive” da parte di alcuni individui pone queste idee e chi le ha espresse fuori dal perimetro della comunità nazionale. E tanto basti.

Insomma, l’“indignazione” come fonte di Diritto superiore a leggi, regolamenti, usi e costumi e perfino in grado di fornire un’interpretazione “più autentica” della Costituzione, anche contro ciò che in essa è scritto verbatim. L’articolo 3 diventa così una sorta di bomba general purpose che il fronte wokeista usa contro qualsiasi posizione ritenuta “offensiva”. E non è la prima volta: l’arbitraria interpretazione dell’articolo 3 della Costituzione è anche alla base dell’operazione di imposizione delle teorie gender e decostruzioniste come ideologia obbligatoria portata avanti dal comune di Roma. Dove – parola dello stesso assessore Claudia Pratelli – esisterebbe un presunto “dovere alla non-discriminazione” intesa in senso wokeista: il personale scolastico dipendente dal Campidoglio è tenuto ad astenersi da tutto ciò che è ritenuto “offensivo” da un wokeista, ivi compreso il rifiutarsi di seguire l’ideologia wokeista (“non sei d’accordo con me? Mi offendi”). Questo dovere del tutto soggettivista e arbitrario è considerato superiore ai diritti oggettivi e costituzionalmente garantiti di libertà d’insegnamento (art. 33), di libertà d’espressione (art. 21) e di libertà religiosa (art. 19).

Aver consegnato alle sinistre wokeiste la testa di Vannacci sul piatto come Salomè con il Battista è un gravissimo passo falso in un momento in cui l’Italia ha un governo sostenuto da forze conservatrici, nazionali, populiste e liberali. Per il quale, “fare come Orban” e ricostruire le basi oggettive, naturali e certe del Diritto dovrebbe essere una delle stelle polari, un obbiettivo da perseguire a ogni costo. L’autorete del caso Vannacci allarga il margine di vantaggio delle sinistre wokeiste e rende ancora più improba l’impresa che questo governo dovrebbe compiere se vuol passare alla storia come momento di svolta nazionale e non passacarte di agende già scritte da altri.

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Redattore del blog del Centro Studi Machiavelli "Belfablog", Emanuele Mastrangelo è stato redattore capo di "Storia in Rete" dal 2006. Cartografo storico-militare, è autore di vari libri (con Enrico Petrucci, Iconoclastia. La pazzia contagiosa della cancel culture che sta distruggendo la nostra storia e Wikipedia. L'enciclopedia libera e l'egemonia dell'informazione).