Reportage Politico: Centro Studi Machiavelli al CPAC di Washington DC
Washington DC – 21-25 Febbraio 2024

Nella sontuosa cornice del Gaylord National Resort & Convention Center, abbiamo partecipato al CPAC 2024, il più grande raduno conservatore degli Stati Uniti, dove leader politici, attivisti e accademici ci siamo riuniti per discutere le sfide e le opportunità che attendono il movimento conservatore americano e mondiale.

Tra le molteplici voci e realtà, il Centro Studi Machiavelli era presente con i suoi rappresentanti, noi, Lorenzo Bernasconi e Alice Carrazza, che abbiamo coltivato e consolidato i rapporti con la famiglia politica conservatrice. Quest’esperienza ci ha permesso di analizzare da vicino la dinamica politica americana e le strategie di comunicazione utilizzate dai leader per coinvolgere la loro base di sostenitori. In un contesto politico in costante mutamento, il CPAC ci ha offerto uno sguardo privilegiato sulla politica contemporanea americana.

Il trionfo del trumpismo al CPAC 2024

Il CPAC 2024 ha rappresentato molto più di un semplice raduno per i repubblicani fedeli al MAGA. Celebrando il ritorno di Donald Trump sulla scena politica, sono stati al contempo sondati i consensi verso i potenziali candidati alla vice presidenza e di conseguenza la lealtà degli stessi verso il leader. Mentre i contendenti si sono alternati sul palco, ognuno ha dimostrato la propria reverenza per l’ex presidente in modi unici e distinti. Tra questi, si sono fatti notare la governatrice del South Dakota Kristi Noem, la deputata di New York Elise Stefanik, il deputato della Florida Matt Gaetz, il deputato dell’Ohio Jim Jordan, il deputato della Florida Byron Donalds e anche la battagliera Kari Lake in corsa per il Senato dell’Arizona. Quest’ultima ha scatenato l’entusiasmo del pubblico dopo aver dichiarato di amare gli uomini forti. “Siamo stanchi degli uomini beta”, ha affermato, “e abbiamo un uomo alfa n. 1 in Donald J. Trump”. In generale, tutti hanno espresso la loro lealtà a Trump e criticato duramente l’amministrazione Biden per le sue politiche su immigrazione, economia, sanità e sicurezza nazionale.

Oltre ai politici, il CPAC 2024 ha ospitato anche diversi opinionisti, personaggi mediatici e l’ex stratega della casa bianca Steve Bannon, acclamato soprattutto dal pubblico europeo tra i corridoi della convention. Questi hanno appoggiato la tesi di Trump secondo cui le elezioni del 2020 sono state truccate e hanno attaccato la censura e la disinformazione dei media mainstream.

A salire sul palco e a ricevere il calore del pubblico, ci sono stati poi anche diversi leader conservatori europei e non.

Santiago Abascal, leader di VOX, ha rivendicato una “cultura di valori” e “di principi”, denunciando che il socialismo e il globalismo “regnano contro il popolo”, difendendo gli agricoltori europei costretti a subire “le imposizioni suicide dell’Agenda 2030, del Green Deal europeo e di tutte le politiche il cui obiettivo principale è distruggere la prosperità e la ricchezza delle nazioni”. Il britannico Nigel Farage, oratore coinvolgente e travolgente. “Dalla mia ultima visita al CPAC sono stato impegnato in una nuova lotta, una nuova battaglia di cui tutti dobbiamo essere consapevoli. Sappiamo che l’avanzare del wokeismo mira a cancellare le persone e questo include il nostro sistema bancario”, con questa apertura ha rotto il ghiaccio raccontando della sua vicenda bancaria suscitando prima il sorriso del pubblico e poi spostando il focus sui altri temi caldi. “Sono il primo populista”, ha urlato a gran voce, opponendosi al “regime di Biden” e sostenendo che “il 9 giugno di quest’anno vedremo arrivare molte altre persone che vogliono combattere l’agenda globalista” durante le elezioni europee. “Una possibilità di terza guerra mondiale sembra reale” ha aggiunto, ed è per questo che ha concluso: “riportiamo quest’uomo alla Casa Bianca e riportiamo il buon senso nel mondo occidentale!”.

Altro oratore non americano ad attirare l’attenzione è stato, Eduardo Bolsonaro, figlio del presidente brasiliano Jair Bolsonaro, membro del Congresso brasiliano. “Non siamo qui per parlare di destra o sinistra, siamo qui per parlare di libertà” ha detto a forte voce. “Il Brasile è un paese cristiano, un paese conservatore, un paese che ama la libertà. […] Siamo qui per dire al mondo che il Brasile è con Trump, che il Brasile è con la libertà, che il Brasile è con la democrazia” ha aggiunto.

In definitiva, abbiamo assistito ad un vero banco di prova e di lancio per i repubblicani in corsa e i leader conservatori, che ha riportato la forza e l’unità del trumpismo al centro della scena.

L’analisi del discorso di Trump

Il momento clou del CPAC 2024 è stato senza dubbio il discorso di Trump. Novanta minuti di durata, frasi ad effetto, gestualità esagerata e scelta delle parole capace di incitare il pubblico americano. Un discorso che di certo è insolito agli occhi noi italiani ed europei, ma di sicuro una performance di politainment ad altissima intensità e tagliata su misura per il pubblico americano toccando tutti i temi cari alla comunità MAGA.

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Le anime dei suoi sostenitori, in sala e fuori, erano in subbuglio. Con una maestria senza pari, Donald J. Trump ha intessuto un discorso padroneggiando perfettamente uno dei tanti manuali di comunicazione americani per avvolgere il pubblico intorno a lui. Non era lo show di Trump. Trump era lo show.

Le sue parole non erano semplici flussi di retorica, ma potenti slogan lanciati per catturare l’attenzione, l’emozione e la mobilitazione. “Presto ci faranno perdere la Terza Guerra Mondiale”, ha annunciato, dipingendo un quadro apocalittico di una nazione sull’orlo dell’abisso, con lui come unico baluardo contro l’inevitabile rovina. Una dichiarazione che colpisce nel profondo, alimentando le fiamme dell’angoscia e della necessità di un leader salvifico.

Ma non si è fermato qui. Trump ha intrecciato il filo della vittimizzazione con maestria, dipingendo sé stesso come un eroe solitario contro un sistema corrotto e avversari che cercano di soffocare la sua voce. “Dobbiamo uscire dall’incubo in cui ci troviamo”, ha esclamato. Vendendosi nuovamente come un outsider e anti-establishment, che lotta per la sua stessa sopravvivenza politica si è autoproclamato “un fiero dissidente politico”.

E poi c’è stata la nota del patriottismo, suonata con una forza indomita. Trump si è presentato come il paladino dell’America, pronto a sigillare i confini, a proteggere le risorse e a guidare il paese verso una grandezza rinnovata. “Abbiamo la possibilità di rendere l’America più ricca, più sicura, più forte, più orgogliosa e più bella che mai”, ha proclamato con una passione contagiosa, alimentando il fuoco del nazionalismo nei cuori dei suoi seguaci.

E mentre le sue parole facevano eco nella sala gremita di persone urlanti “Viva Trump, Viva Trump, Viva Trump”, una verità emergeva attraverso il tumulto: Trump sa leggere perfettamente il suo pubblico. Come un musicista virtuoso, sa esattamente quali corde toccare per scuotere le anime dei suoi sostenitori e incatenarli al suo carisma fuori dagli schemi.

Come scrisse Alain de Benoist in “The Problem of Democracy”,

Contrariamente a quanto troppo spesso si sostiene, gli elettori non desiderano che gli uomini che hanno eletto siano a loro immagine e somiglianza. Gli elettori amano la grandezza e sono in grado di riconoscerla. Amano il coraggio, anche quando personalmente ne sono privi.[1]

Trump incarna questa visione, sollevando il vessillo della grandezza, della determinazione e del patriottismo di fronte al suo pubblico affascinato.

Il discorso di Trump al CPAC 2024 non è stato solo un’eloquente manifestazione di retorica politica; è stato un’epica narrazione della lotta, della speranza e del sogno americano, intrecciati in un’unica, ponderosa voce spiazzante per la sua voracità. E in quel momento, nel fragore dell’applauso e nella luce accecante dei riflettori, Trump ha dimostrato ancora una volta di essere il comandante supremo del palcoscenico politico americano, un’entità indomita, capace di piegare le masse alla sua volontà con il solo potere delle sue parole.

[1] De Benoist, 2011, p. 45, The problem of democracy. Arktos Media

 

 

alice carrazza
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Responsabile della comunicazione del Centro Studi Machiavelli. Laureata in Relazioni internazionali, sta attualmente conseguendo il secondo titolo in Scienze della politica, della sicurezza internazionale e della comunicazione pubblica.

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Ricercatore del Centro Studi Politici e Strategici Machiavelli, ha lavorato come consulente presso Parlamento Europeo, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Camera dei Deputati e Ministero dello Sviluppo Economico. Laureato in Filosofia all’Università Cattolica di Milano.