di Giovanni Giacalone

La liberazione della cooperante umanitaria Silvia Romano attraverso il pagamento di un riscatto, pare di 4 milioni di euro, ai qaedisti di al-Shabaab ha scatenato non poche polemiche sul fatto di cedere alle richieste dei terroristi, tanto da causare tensioni con Stati Uniti e Gran Bretagna.

In aggiunta, se inizialmente il governo aveva presentato il rilascio come un grande successo dell’intelligence italiana, col passare delle ore è invece emerso il ruolo fondamentale svolto dal Mit, i servizi segreti turchi, ampiamente presenti in Somalia ma già presi in castagna in numerose occasioni per aver armato e sostenuto jihadisti in Siria e Libia, tra cui la fazione qaedista siriana di Hayyat Tahrir al-Sham, ex Jabhat al-Nusra.

Secondo i sostenitori della “linea dura”, trattare con i terroristi e pagare riscatti è sbagliato per più motivi; in primis dal punto di vista pragmatico in quanto, se da una parte potrebbe eventualmente assicurare un rilascio privo di spargimenti di sangue, senza mettere a repentaglio la vita di sequestrati e uomini dei reparti speciali e con tempistiche relativamente brevi (non è questo il caso della Romano visto che ci sono voluti quasi due anni), dall’altro rischia di incentivare altre azioni del genere, magari con una posta in palio più alta. I terroristi potrebbero infatti valutare la strategia dei sequestri nei confronti di quei Paesi disposti a pagare come vincente; di conseguenza, un governo che tratta con i terroristi mette di fatto a rischio la vita dei propri cittadini presenti in aree sensibili. Il denaro versato ai terroristi potrebbe inoltre essere utilizzato per altre carneficine. L’immagine del Paese che decide di pagare i terroristi viene poi seriamente compromessa nella sua capacità di deterrenza. In ultimo, ma non per ordine d’importanza, vi è un problema etico in quanto trattando si corre il rischio di legittimare il terrorismo.

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È vero che nel mondo del contro-terrorismo vi è spesso un dibattito su linea dura e linea morbida da adottare (in questo caso nei sequestri a scopo di estorsione volti a finanziare gruppi terroristici); linea morbida intesa con lo scendere a patti con i terroristi per assicurare il rilascio dei sequestrati. Attenzione però: perché ciò non implica la non-perseguibilità dei terroristi che andrebbero successivamente rintracciati, neutralizzati e privati di quel “bottino” che rischia altrimenti di essere investito in altre azioni terroristiche.

Nel caso della liberazione della Romano non sembra però trattarsi di “linea morbida”. Una trattativa fine a sé stessa, senza il recupero della somma versata e la neutralizzazione dei terroristi non è una “linea morbida”, ma una semplice resa al terrorismo, cosa inaccettabile.

Ricercatore del Centro Studi Politici e Strategici Machiavelli. Laureato in Sociologia (Università di Bologna), Master in “Islamic Studies” (Trinity Saint David University of Wales), specializzazione in “Terrorism and Counter-Terrorism” (International Counter-Terrorism Institute di Herzliya, Israele). È analista senior per il britannico Islamic Theology of Counter Terrorism-ITCT, l’Italian Team for Security, Terroristic Issues and Managing Emergencies (Università Cattolica di Milano) e il Kedisa-Center for International Strategic Analysis. Docente in ambito sicurezza per security manager, forze dell’ordine e corsi post-laurea, è stato coordinatore per l’Italia del progetto europeo Globsec “From criminals to terrorists and back” ed è co-fondatore di Sec-Ter- Security and Terrorism Observation and Analysis Group.