di Giovanni Giacalone

In Ecuador è scattato lo stato d’emergenza: il presidente, Daniel Noboa, ha dichiarato che il Paese è in stato di guerra contro il narco-terrorismo e ha dato carta bianca all’esercito per utilizzare la forza letale, avvertendo anche quei magistrati ed inquirenti che aiutano i terroristi: “se li aiutate, sarete considerati terroristi anche voi”.

La violenza è scoppiata in seguito alla fuga dal carcere regionale di Guayaquil di Jose Adolfo Macias Villamar, alias “Fito”, leader di una delle più pericolose pandillas del Paese, Los Choneros. Nel 2011 “Fito” era stato condannato a 34 anni di reclusione per associazione a delinquere, narcotraffico e omicidio ed era in procinto di essere trasferito nel carcere di massima sicurezza a La Roca, da dove era tra l’altro già evaso nel febbraio del 2013. La sua cella è però stata trovata vuota.

Il presidente ecuadoregno Noboa ha immediatamente disposto misure eccezionali, lanciando la caccia all’uomo e schierando l’esercito ma le varie gang del narcotraffico hanno risposto con un’impressionante violenza nei confronti di obiettivi istituzionali e civili come stazioni di polizia, pattuglie, ospedali, università, emittenti televisive, distributori di benzina. Se inizialmente gli attacchi si sono verificati a Guayaquil, nell’arco di poco tempo l’ondata di violenza si è diffusa in tutto il Paese.

Come spiegato dall’esperto ed ex contractor Gianpiero Spinelli: “questi gruppi armati sono noti come trasportistas, si occupando di trasferire, di scortare la droga per conto di altre organizzazioni criminali colombiane e messicane. In America Latina è purtroppo frequente che le organizzazioni criminali sfidino militarmente i governi”.

Se prima si parlava di Choneros e affini come pandillas, ora il loro rango è elevato a veri e propri gruppi terroristi, come già reso noto dalle autorità di Quito. Del resto il loro modus operandi è ora volto a destabilizzare e paralizzare il Paese, seminare il terrore tra la popolazione e obbligare il governo a trattare. Tutto ciò è più caratteristico di organizzazioni terroriste che di semplici gruppi criminali in quanto si muovono tra l’altro per fini politici oltre che economici. E’ però altrettanto vero che in America Latina i confini tra i due fenomeni sono spesso molto sottili.

Il presidente Noboa ha detto chiaramente che si tratta di un conflitto armato (non di crisi-sicurezza), ha dato mano libera all’esercito e il capo delle forze armate ha fatto sapere che questi gruppi terroristi (ben 22) sono da ora obiettivi militari. Noboa ha poi sfidato i terroristi: “se avete fegato, scontratevi con l’esercito” e lasciate stare i civili.

È bene ricordare che nell’aprile del 2023 un’operazione della Polizia di Stato, coordinata dalla Procura di Milano, aveva portato all’arresto di nove appartenenti alla pandillaLatin Kings”, fazione “Chicago” (tra le 22 catalogate dal governo ecuadoregno come “terroriste”). In un’intercettazione telefonica del maggio 2022 tra il leader dei Latin Kings “Chicago” di Milano, Kleber Miguel Cortez Cortez, alias “Cao” (tra gli arrestati) e un altro cittadino ecuadoregno erano emersi collegamenti con un importante esponente dei Latin Kings di Guayaquil, noto come “El Diablo”, a sua volta coinvolto nella faida che aveva portato all’omicidio di “Majestic”, leader dei Latin Kings in Ecuador. Inoltre, nel 2013, l’operazione “Amor del Rey” aveva portato all’arresto di 75 persone, quasi tutti membri dei Latin Kings Chicago, attivi in varie province lombarde e a Roma. La pandilla era in contatto con i narcos del cartello messicano “Los Zetas” grazie a un intermediario italiano noto negli ambienti del narcotraffico sia in Italia che in Messico. Per trasferire la droga in Italia i narcos utilizzavano cani di grossa taglia che venivano imbottiti di ovuli e poi uccisi. Il problema delle pandillas attive in Italia che mantengono rapporti con la “casa madre” oltre oceano è un aspetto da non sottovalutare e già trattato a suo tempo in un dossier dal Centro Studi Machiavelli.

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Foto: L’esercito ecuadoregno. Immagine di repertorio. Elab. IA
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Ricercatore del Centro Studi Politici e Strategici Machiavelli. Laureato in Sociologia (Università di Bologna), Master in “Islamic Studies” (Trinity Saint David University of Wales), specializzazione in “Terrorism and Counter-Terrorism” (International Counter-Terrorism Institute di Herzliya, Israele). È analista senior per il britannico Islamic Theology of Counter Terrorism-ITCT, l’Italian Team for Security, Terroristic Issues and Managing Emergencies (Università Cattolica di Milano) e il Kedisa-Center for International Strategic Analysis. Docente in ambito sicurezza per security manager, forze dell’ordine e corsi post-laurea, è stato coordinatore per l’Italia del progetto europeo Globsec “From criminals to terrorists and back” ed è co-fondatore di Sec-Ter- Security and Terrorism Observation and Analysis Group.