I giorni precedenti alla Conferenza di Berlino, organizzata con l’obiettivo di trovare una soluzione alla crisi libica, sono stati caratterizzati da una serie di fatti estremamente significativi, il primo dei quali è l’allarme lanciato, durante una conferenza stampa, da Ahmed al-Mismari, portavoce dell’Esercito nazionale libico (del generale Haftar), che si è rivolto direttamente al presidente turco Erdogan: “Lo sa che nelle ultime 48 ore più di 41 terroristi siriani hanno lasciato le coste di Tripoli diretti verso l’Italia con l’aiuto dei trafficanti di esseri umani sostenuti dal Governo di accordo nazionale?”, come riportato dalla AdnKronos.

A livello di tempistiche, l’allarme lanciato da al-Mismari coincide con l’allerta lanciata dal Dipartimento di Stato americano con la quale si invitano i cittadini statunitensi presenti in Italia a prestare particolare attenzione.

Come se non bastasse, nella giornata di sabato, alla vigilia della Conferenza, Erdogan aveva messo in guardia la comunità internazionale sul rischio terrorismo in caso che Tripoli dovesse cadere. Un avvertimento a tutti, Italia in particolare; dopotutto i jihadisti e miliziani vari reduci della guerra siriana trasferiti dai turchi in Libia a dar manforte ad al-Sarraj sono stati inquadrati in un gruppo al quale è stato dato il nome di “Unità Omar al-Mukhtar”, eroe libico impiccato dagli italiani nel 1931, un segnale più che eloquente.

Ebbene sì: in Libia sono arrivati i taglia-gole precedentemente utilizzati dai turchi (e non solo) in chiave anti-Assad e anti-curdi, come confermato da più fonti, nonché da re Abdallah di Giordania e dall’inviato speciale in Libia delle Nazioni Unite, Ghassan Salamé. Come già riportato da “Il Giornale”, ai volontari verrebbero pagati 1500 dollari al mese e garantita la cittadinanza turca a fine operazioni.

Fayez al-Serraj a questo punto non è più espressione di un esecutivo sostenuto dall’Onu, ma piuttosto di un regime-fantoccio di Turchia e Qatar, formato da milizie islamiste che controllano tutto ciò che accade nella zona, traffici di esseri umani inclusi. Erdogan ha tutto l’interesse a prendersi la Tripolitania, luogo strategico sia per posizione geografica sia per risorse energetiche, e tra i suoi obiettivi ci sono anche le installazioni dell’Eni.

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I Fratelli Musulmani hanno inoltre tutto l’interesse a insediarsi in Libia in un momento in cui attraversano la fase più buia della propria storia, con una serie di disfatte in Egitto, Siria e con la messa al bando in ben sei Paesi. Lasciare la Tripolitania alla Fratellanza significa diventare oggetto di ricatto terroristico e migratorio; allinearsi con Tripoli significa andare a braccetto con chi esporta taglia-gole e sostiene l’islamismo radicale.


Giovanni Giacalone è senior analyst presso l’Italian Team for Security, Terroristic Issues and Managing Emergencies (Itstime) dell’Università Cattolica di Milano e presso il Center for Strategic Analysis (Kedisa) di Atene.

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Ricercatore del Centro Studi Politici e Strategici Machiavelli. Laureato in Sociologia (Università di Bologna), Master in “Islamic Studies” (Trinity Saint David University of Wales), specializzazione in “Terrorism and Counter-Terrorism” (International Counter-Terrorism Institute di Herzliya, Israele). È analista senior per il britannico Islamic Theology of Counter Terrorism-ITCT, l’Italian Team for Security, Terroristic Issues and Managing Emergencies (Università Cattolica di Milano) e il Kedisa-Center for International Strategic Analysis. Docente in ambito sicurezza per security manager, forze dell’ordine e corsi post-laurea, è stato coordinatore per l’Italia del progetto europeo Globsec “From criminals to terrorists and back” ed è co-fondatore di Sec-Ter- Security and Terrorism Observation and Analysis Group.