di Enrico Petrucci

È arrivato in sala Comandante il film con protagonista Pierfrancesco Favino nei panni del sommergibilista Salvatore Todaro, incentrato sul celebre episodio del siluramento del mercantile belga Kabalo e del successivo salvataggio dei naufraghi da parte dello stesso sommergibile italiano.

Un episodio dell’ottobre 1940, quando la Regia Marina affiancava la marina da guerra della Germania nazista nella battaglia dell’Atlantico. Quindi un film apparentemente anomalo in tempi in cui sulla storia patria oltre all’oblio si affiancano le letture moralizzanti della cancel culture. Il film Comandante ha invece il coraggio di raccontare di raccontare l’Italia di nonni e bisnonni con un certo grado di imparzialità, arrivando a rivendicare con un pizzico d’orgoglio che quegli italiani seppero essere eroi e brava gente, nonostante le avversità e nonostante l’essere dalla parte sbagliata della Storia.

E questo malgrado il film Comandante fin dall’inizio della sua produzione si ponesse in chiave anti-salviniana secondo l’idea dei due sceneggiatori il regista Edoardo De Angelis e lo scrittore Sandro Veronesi,  insistendo in un parallelo tra il salvataggio dei naufraghi del Kabalo di allora e dei migranti nel Mediterraneo di oggi. Tema dell’accoglienza ribadito anche alla presentazione del film a Venezia. Nonostante queste premesse anti-salviniane l’accoglienza di Comandante è stata fredda: il film si è rivelato alla fine troppo patriottico e “meloniano”   per una certa stampa, in quanto la sceneggiatura di De Angelis e Veronesi si mantiene tutto sommato fedele alla vicenda storica, pur senza rinunciare a qualche ammiccamento all’attualità. Si veda anche la rassegna stampa sulla gelida accoglienza di Comandante proposta da Sandro Consolato su Il Secolo d’Italia. (link )

A raffreddare l’accoglienza mediatica anche il ritratto di Salvatore Todaro fatto da Pierfrancesco Favino: un  uomo di altri tempi, un pater familias della sua famiglia e del suo equipaggio come non se ne vedevano da anni. Todaro rifiuta la pensione d’invalidità dopo un incidente di volo (prima di diventare sommergibilista era osservatore in Aeronautica), rifiuta stoicamente la morfina per placare il dolore causato dallo stesso incidente, esalta il coraggio dei suoi uomini e nelle lettere alla moglie ribadisce il disprezzo verso chi non arruolato si lamenta dell’economia di guerra. Nel punire i naufraghi che compiono un sabotaggio decide di far schiaffeggiare i reprobi da ciascun membro dell’equipaggio e dei naufraghi, ribadendo che quella è la “lezione dei padri”. E addirittura consiglia il giovane ufficiale belga di fare tanti figli!

Basterebbe questo (tacendo di guerra e fascismo) per rendere Comandante indigesto a certe narrazioni contemporanee. E infatti al botteghino Comandante, dove pure si sta comportano benino per la media dei film italiani, è stato doppiato dal neo-neorealismo in bianco e nero di C’è ancora domani di Paola Cortellesi. Dove i ceffoni di uno stereopaticissimo patriarcato diventano quasi gag da trailer. E allo stesso modo la stampa glissa elegantemente su libro e film, nonostante la precedente opera di Sandro Veronesi, Colibrì fosse stata campionessa di recensioni e articoli per mesi dopo l’uscita.

Comandante è un film che parla di eroismo bellico italiano, che racconta di italiani brava gente (che non fu solo un mito autoassolutorio postbellico). Un film che prova a uscire dalle meccaniche e dai cliché di molto cinema italiano degli ultimi trent’anni diviso tra attici ai Parioli e i seminterrati tra Garbatella e Pigneto. Un film che racconta la storia in maniera abbastanza obiettiva e che fa il suo lavoro cinematografico di intrattenere, appassionare e anche far riflettere, tra sequenze riuscite e altre meno.

Pure se Comandante è un film da recuperare e da tenere in considerazione, rimane solo un bicchiere mezzo pieno. Alcune scelte cinematografiche e di sceneggiatura inficiano gravemente il film. Non si tratta solo dei dettagli uniformologici (e di arredamento), o del raccontare intorno al Kabalo vicende relative all’affondamento di qualche mese successivo dell’Eumaeus da parte dello stesso equipaggio del Cappellini (gli atti eroici di Muraglia e Stiepovich). Alcune scelte estetizzanti di regia paiono fuori luogo, come la citazione della Rampling ne Il portiere di notte, ma soprattutto lo strafare, infarcendo la vicenda di eventi che nulla hanno a che fare con la vicenda del Kabalo o del Cappellini in generale.

La prima regola di un film storico, soprattutto su eventi peculiari o eccezionali, dovrebbe essere dosare al massimo le aggiunte. Raccontare la Storia per quello che già senza strafare. E invece De Angelis e Veronesi esagerano. Non solo l’eroico mitragliere Muraglia riesce ad abbattere uno Spitifire in un’estasi da berserker, in una sequenza sicuramente eccessiva (in tutte le crociere atlantiche di Salvator Todaro dal Cappellini riusciranno a mettere a segno un solo colpo contro gli aerei da pattugliamento che incontrarono). Ma l’ancor più incredibile e apocrifo episodio del pescatore di coralli che si offre volontario per uscire dal sommergibile e tagliare il cavo di una mina durante il passaggio di Gibilterra. Il troppo storpia, e queste sequenze, per quanto riuscite singolarmente distolgono da quello che dovrebbe essere il nucleo del film.

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Anzi in un film su Salvatore Todaro e sul salvataggio dei naufraghi del Kabalo, incredibilmente si stravolge la realtà dei fatti! Todaro prese fin da subito a bordo i feriti e promise alla scialuppa di trainarli al mattino successivo (il trainare una scialuppa tra l’altro non era un evento nemmeno così unico, l’aveva già fatto poche settimane prima il sommergibile Malaspina). Nel film Todaro invece prima si limita a fornire vettovaglie, senza promettere nulla ripensadoci solo il giorno dopo. E li prende a bordo solo dopo il naufragio della scialuppa, e dopo che i naufraghi si metteranno a battere sullo scafo del Cappellini. Scelta inspiegabile, tollerabile nell’ottica degli ammiccamenti all’attualità.

Ad essere intollerabile è la sequenza fuori da qualunque realtà storica della nave da guerra britannica che interrompe il fuoco sul Cappellini dopo che Salvatore Todaro comunica via radio di portare naufraghi a bordo. Un “volemose bene” che non aggiunge nulla al film e offende la verità storica per chi ricorda la vicenda dei naufraghi del Laconia alla fine del 1942. Il transatlantico Laconia fu silurato da un u-boot che si adoperò anche per il salvataggio dei naufraghi, richiamando in zona altri sommergibili. Successivamente gli u-boot con le scialuppe al traino e le bandiere della Croce rossa saranno attaccati da aerei statunitensi che non volevano venisse scoperta la loro base sull’Isola dell’Ascensione. Un rovesciamento quindi della realtà storica che genera una sequenza mal riuscita e stereotipata (con gli ufficiali della Royal Navy pronti per un evento in alta uniforme) che sembra messa lì solo per ammiccare al mercato cinematografico estero.

Insomma tra le scelte di Todaro difformi dalla realtà, l’esasperato eroismo in vicende che nulla aggiungono alla storia del Cappellini e del Kabalo e che sembrano più un omaggio metacinematografico a Uomini sul fondo di De Robertis. E, soprattutto, l’insostenibile volemose bene con la Royal Navy. Il tutto unito a una computer graphic non all’altezza del budget e della qualità di ricostruzione del Cappellini, rendono Comandante un film che anche lo spettatore generalista potrebbe non apprezzare pienamente.

Tanto che alla fine, paradossalmente, la scena più citata dal pubblico rimane quella dei belgi che spiegano agli italiani come fare le patatine fritte (e fortunatamente una nota marca di patatine nella pubblicità televisiva ci ricorda che gli italiani già friggevano patatine). Pure Comandante resta un film da consigliare perché oltre a ricordare una storia di cui essere orgogliosi e rivalutare il patriottismo, è un film che pure offre diversi spunti di riflessione anche per come è stato prima annunciato e poi accolto.

Ultimo appunto da fare, peccato che una simile produzione non sia stata accompagna da qualche strenna libraria con i dietro le quinte che aiutino lo spettatore nel comprendere dove finisca la realtà storica e inizi la fantasia. Umilmente, nel nostro piccolo abbiamo realizzato una biografia aggiornata di Salvatore Todaro, e su come la sua memoria sia stata raccontata dal 1942 ad oggi.

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Saggista e divulgatore, tra le sue pubblicazioni Alessandro Blasetti. Il padre dimenticato del cinema italiano (Idrovolante, 2023). E con Emanuele Mastrangelo Wikipedia. L’Enciclopedia libera e l’egemonia dell’in­formazione (Bietti, 2013) e Iconoclastia. La pazzia contagiosa della cancel culture che sta distruggendo la nostra storia (Eclettica, 2020).