di Fabio Bozzo

L’eterna lotta tra pensiero laico e pensiero religioso

Quella tra la civiltà basata sull’ateismo e l’agnosticismo, da un lato, e la civiltà basata su valori religiosi, fideistici e trascendentali, dall’altro, è una battaglia che incarna l’identità stessa dell’Occidente.

Questo scontro-incontro ebbe inizio nell’antica Grecia, culla ed origine della Civiltà occidentale. In quel contesto spazio-temporale una cultura con forti valori religiosi, trasmutati dal pantheon pagano olimpico, fu abbastanza matura da creare la filosofia classica che de facto creò il modo di concepire il mondo valido ancor oggi in Occidente. Ciò non cancellò la fede negli Dei, ma le accostò un pensiero logico che, a seconda dei punti di vista, la completò o la rafforzò.

Dopo la nascita del pensiero filosofico e scientifico greco la storia dell’Occidente è stata scandita da fasi alterne, in cui di solito ad un periodo di predominanza agnostico-scientifico ne seguiva uno all’insegna della supremazia nella fede religiosa. L’ultima di queste fasi, quella che stiamo ancora vivendo, è iniziata con la Rivoluzione Industriale della prima metà del XIX secolo.

Da allora l’Europa, i Paesi extraeuropei abitati da figli del Vecchio Continente e quelle poche Nazioni che hanno saputo occidentalizzarsi con successo (Giappone in primis) hanno conosciuto uno sviluppo umano mai visto prima nella storia umana. Tale progresso ha interessato in particolare la scienza, le dottrine politiche (molte delle quali “ripescate” dalle vestigiali teorie dell’antica Grecia) e tutto ciò che potesse concorrere a migliorare il benessere. In sintesi, dal 1815 circa ad oggi l’Occidente ha sviluppato in modo straordinario la sua sfera materiale.

Ciò ha messo in oggettiva difficoltà l’elemento religioso della nostra Civiltà, ossia  essenzialmente il cristianesimo. Da un lato le istituzioni laiche hanno enormemente ridotto il peso delle Chiese nella conduzione della cosa pubblica (ed in troppi casi si sono lasciate andare a gratuite persecuzioni), dall’altro il progressivo benessere materiale della maggioranza delle persone ha fatto sì che le stesse non necessitassero più di un supporto spirituale alle durezze della vita. Se a questo aggiungiamo che le scoperte scientifiche quasi sempre vanno a confutare i testi sacri delle religioni (ed il cristianesimo non fa eccezione), in un’epoca in cui la maggioranza degli occidentali è più disposta a seguire la scienza rispetto alla religione il gioco è fatto: chiese sempre più vuote, diffuso per quanto limitato anticlericalismo e dilagare di agnosticismo ed ateismo.

Certo, il fatto che la vittoria (momentanea?) della scienza sulla fede abbia favorito la democrazia, oltre che allungare e migliorare le nostre vite, non significa che il decadimento dell’identità religiosa abbia avuto solo conseguenze positive. La religione è, da sempre, anche e non solo un organo di controllo delle umane passioni/pulsioni. Organo utilizzato, nel bene e nel male, da tutti i regimi politici ad eccezione di quelli dichiaratamente antireligiosi. Pertanto il venir meno di una “sentinella spirituale”, che meno prosaicamente potremmo definire mancanza di paura di andare all’inferno dopo la morte, non ha avuto un bell’effetto sulla società. Questo perché, anche dove le leggi e le istituzioni laiche funzionano al meglio, l’essere umano convive con l’imperscrutabilità del post morte. Inevitabilmente l’assenza di una serie di paletti morali d’origine spirituale significa una maggiore rilassatezza sociale.

L’attuale peso geopolitico della religione

Dopo questa necessaria introduzione passiamo ad una visione geopolitica della “Forza di Dio” nel mondo.

L’Occidente, come al solito, negli ultimi duecento anni ha completamente decontestualizzato le storie, le culture e le etnie non solo proprie, ma anche del mondo non occidentale. Questo errore ci ha spesso convinti che il nostro progresso dovesse, per osmosi, cambiare lo stile di vita e le credenze di popoli che non di rado credono ancora che la Terra sia piatta o cose simili. Ubriaco di positivismo razionalista e di ateo socialismo materialista (oltre che giustamente orgoglioso di aver camminato sulla Luna ed inventato gli antibiotici) l’uomo bianco per un po’ ha creduto che il peso della religione negli affari umani fosse destinato all’eterna vestigialità.

Certo le eccezioni non sono mancate. Per esempio lo statunitense Frank Herbert (1920-1986), nel suo ciclo di romanzi “Dune”, da cui sono stati tratti un discusso capolavoro cinematografico e dei successivi sequel, immaginò un universo in cui la società e l’intero sistema di vita ruotano intorno ad una religione monoteista dichiaratamente ispirata alla triade ebraismo-cristianesimo-islam. Ma si tratta, come detto, di eccezioni: dopo la Seconda Guerra Mondiale ai più sembrava che la religione fosse avviata alla scomparsa sociale.

Sarebbe stato l’islam a suonare la sveglia, con un evento apparentemente catapultato da un’epoca passata: la rivoluzione islamica iraniana del 1979. In piena epoca materialista un Paese, per certi aspetti tra i più evoluti del mondo musulmano, rovesciò un Governo laico e mise al potere un predicatore fanatico avente il titolo religioso di Āyatollāh. Da allora la storia ha corso in fretta: crollo del comunismo ateista intollerante, risveglio religioso quasi sempre violento in tutto il mondo islamico e conflitti in cui la fede è stata un elemento fondamentale, ad esempio la Guerra di Bosnia.

E oggi? Qual è l’effettiva “Forza di Dio” all’interno delle comunità umane in cui grosso modo è diviso il mondo? Questa domanda ha una risposta diversa a seconda delle macroaree in cui è suddivisa l’umanità, aree che chiameremo “Civiltà” per accodarci al Maestro Samuel Huntington.

Nella Civiltà estremo orientale, ossia Cina e dintorni, la religione è un qualcosa di particolare. Laggiù infatti il predominio filosofico-culturale spetta al pensiero confuciano che, di per sé, non è una vera e propria religione, quanto un rigido codice di vita laico. Tale codice, divenuto col tempo una sorta di fede, esalta il rispetto delle istituzioni costituite e la venerazione delle gerarchie, prima famigliari e poi socio-politiche.

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Certo, il confucianesimo è dovuto “scendere a patti” con le religioni precedenti (a cominciare dal taoismo) e col buddhismo. Le prime sono un insieme di tradizioni e/o superstizioni popolari, mentre il secondo ha diffuso un messaggio che (occidentalizzando il lessico) potremmo definire umanista. Ciò non toglie che, nella Civiltà sinica, la religione sia complementare allo Stato. Non a caso proprio in Cina il regime comunista è riuscito a sopravvivere poiché si è evoluto in un’immagine quasi sacrale di ideologia imperiale confuciana, una sorta di nuova dinastia avente (per ora) il mandato del cielo.

Passiamo ora all’islam, il quale ovviamente la fa da padrone nella nostra era di risveglio religioso. Pur con le enormi differenze dovute alla sua immensità, il mondo islamico ha sostanzialmente perso il treno del progresso scientifico e, di conseguenza, dell’allargamento del benessere. È un dato di fatto che in tutti i Paesi musulmani, anche in quelli in cui grazie alle materie prime si costruiscono grattacieli di cristallo, ad una minoranza di nababbi fa sempre riscontro una massa di diseredati. Questo anche e non solo a causa di una religione rivelata che (non avendo avuto un retroterra greco-romano né una filosofia scolastica come il cristianesimo) nega la possibilità stessa di progresso ed evoluzione. Pertanto, ricorrentemente, la masse islamiche possono reagire al loro stato di frustrazione solo idealizzando la tradizione, che nel loro contesto significa essenzialmente fanatismo e guerra santa (sia contro gli infedeli sia contro i presunti islamici “impuri”). Ciò fa sì che, nell’islam, la “Forza di Dio” sia la forza geopolitica per eccellenza, così come lo è sempre stata dai tempi dell’egira del Profeta.

India. Nel subcontinente indiano assistiamo ad una grandiosa eccezione storica. Laggiù infatti abbiamo l’ultima delle grandi religioni politeiste, l’induismo, che ha saputo resistere alla predicazione sia delle fedi monoteiste d’origine mediorientale sia alla “filosofia religiosa” buddhista, malgrado quest’ultima sia nata nell’India stessa. L’induismo, in particolare attraverso il sistema delle caste, condiziona ogni aspetto della vita umana nel subcontinente, sebbene una legislazione figlia del colonialismo britannico sia riuscita a fatica a trasformare l’enorme Paese in una democrazia. Oggi pertanto abbiamo una gigantesca federazione che, malgrado gli immensi contrasti interni ed una povertà spesso disarmante, riesce a funzionare. In questo contesto il fanatismo religioso induista non è assente, anche a causa della secolare e mortale lotta contro l’islam, ma è tenuto sotto controllo dall’impianto legislativo britannico. La domanda è per quanto durerà questo equilibrio tutto sommato vincente.

Africa nera. La regione subsahariana è caratterizzata da una doppia religiosità che quasi sempre si sovrappone in modo inestricabile. Le componenti fideistiche della maggioranza dei popoli bantu sono infatti le ancestrali credenze pagane, costituite da un’infinità di riti e tradizioni, a cui si è sovrapposto il cristianesimo portato dai colonizzatori europei. Quanto il cristianesimo abbia soppiantato le precedenti fedi varia da luogo a luogo, ma semplificando enormemente possiamo definire un quadro generale: nell’Africa nera non islamizzata il cristianesimo è la religione che ha portato i valori occidentali che creano un ponte intellettivo tra loro e noi, mentre le credenze ancestrali costituiscono una sorta di “riserva fideistica” utilizzata dai popoli nei momenti di crisi. Non a caso durante le relazioni col mondo occidentale i leaders africani si presentano con una mentalità “cristiana”, mentre durante le tragicamente frequenti guerre tribali la religiosità ancestrale domina i campi di battaglia. Tale visione, lo riconosciamo, pecca di paradigma occidentalizzante ed è accusabile di colonialismo intellettuale, ma sfidiamo chiunque a smontarne l’essenza.

L’Occidente. Concludiamo questo viaggio a casa nostra. In questa prima metà del XXI secolo non esiste al mondo una Civiltà più laica e svuotata di sentimento religioso di quella occidentale. Che ciò rappresenti un bene o un male non è nostro compito valutarlo, ognuno deve trovare dentro di sé la risposta. A noi spetta il compito di capire cosa questo comporti. Oggi l’Occidente ha raggiunto un benessere materiale, una libertà politica ed una forza scientifico-militare ineguagliata nella storia del mondo. Ciò in gran parte grazie alla sua quasi totale laicizzazione. Il rovescio della medaglia è la pressoché assenza di una “Forza di Dio”, ragion per cui quasi nessun occidentale sarebbe disposto a morire per la sua Civiltà, che anche se laica è per forza composta anche da un retaggio etico-religioso. Il risultato? L’Occidente ha attraversato gli oceani, inventato la medicina moderna, imbrigliato l’atomo, avviato la scoperta dei segreti della materia e dell’Universo e pure camminato sulla Luna. Ma oggi non riesce a sconfiggere dei quasi cavernicoli sulle montagne afghane pronti a morire per la loro fede né, ancor peggio, ha la volontà di difendere le proprie città ed il proprio modello di vita dalla violenza di masse immigrate le quali, più o meno consciamente, continuano la guerra santa iniziata da Maometto nell’anno 622 d.C.

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Laureato in Storia con indirizzo moderno e contemporaneo presso l'Università di Genova. Saggista, è autore di Ucraina in fiamme. Le radici di una crisi annunciata (2016), Dal Regno Unito alla Brexit (2017), Scosse d'assestamento. "Piccoli" conflitti dopo la Grande Guerra (2020) e Da Pontida a Roma. Storia della Lega (2020, con prefazione di Matteo Salvini).