di Marco Malaguti

La decisione del governo Sanchez di cancellare l’insegnamento della filosofia dalle scuole secondarie spagnole è di pochi giorni fa. Il decreto sembra in dirittura d’arrivo e non paiono esserci grossi ostacoli all’interno di una delle maggioranze più a sinistra della storia della Spagna post-franchista. Poco importa che la materia lasci il posto a deliranti indottrinamenti ideologici quali “ecofemminismo” e “diritti lgbt”: la propaganda negli istituti scolastici è sempre esistita e lo studio della filosofia, peraltro, non l’ha mai ostacolata e spesso ne ha costituito il perno.

Perché abolire la filosofia?

L’assoluta eloquenza del gesto, che non avrebbe sorpreso nemmeno se attuato da forze moderate o liberali, sta nell’atto dell’abolizione in sé. Se un tempo la filosofia era vista come strumento privilegiato di divulgazione della cultura ufficiale (si pensi al tomismo dogmatico nelle università medievali o al materialismo dialettico sovietico) e delle narrazioni assemblate dal potere, oggi le viene revocato anche quel ruolo che pure aveva sempre, pur con lodevoli eccezioni, recitato. Mai, in Europa, la filosofia era stata giudicata inutile. Piegata, amputata, censurata, spesso anche vilipesa e tacciata di intellettualismo, la filosofia ha continuato ad essere insegnata persino nel Terzo Reich di Adolf Hitler e nell’Unione Sovietica di Stalin. Nell’Europa di oggi, al contrario, la si vuole cancellare. Perché?

Le motivazioni accampate dal governo di Madrid sembrano fumose. Si va da un generico approccio sessantottino (in un Paese che peraltro mai ha conosciuto il Sessantotto), rivolto contro il “nozionismo mnemonico”, a pseudogiustificazioni di tipo utilitaristico, secondo le quali per essere cittadini basta avere una buona etica, senza necessariamente domandarsi come e perché si scelga un’etica rispetto ad un’altra e come quest’etica sia nata.

Sbaglierebbe chi, ipnotizzato da un antiliberalismo fuori tempo massimo, sostenesse che la decisione spagnola sia stata dettata dai desiderata dell’economia, gli interessi della quale cozzano da sempre con l’insegnamento scolastico delle discipline umanistiche. Ecofemminismo e diritti lgbt, infatti, non sono più utili al mondo dell’economia e del lavoro rispetto al metodo di Cartesio o alle categorie kantiane. La ragione è evidentemente più profonda.

Oggi pensare è sovversivo

Se la filosofia ha da sempre il compito di insegnare a pensare (poco importa, in questa sede, che si parli di un generico “pensare” o di un “pensare come il potere”) allora è chiaro che il nemico è l’atto stesso del pensiero. Martin Heidegger, che all’atto di pensiero aveva dedicato diverse lezioni universitarie raccolte nel testo Che cosa significa pensare? (1952), aveva esplicitato in maniera chiara come la pratica del pensiero fosse qualcosa di radicalmente diverso dal metodo scientifico orientato alla mera risoluzione di un problema. Per Heidegger il pensiero non è metodo ma è prassi, un allenamento alla progressiva apertura dell’intelletto ai problemi del mondo, entro i quali viaggiare senza la presunzione di risolverli immediatamente, per esperirne prima di tutto la problematicità stessa. Nella prospettiva heideggeriana il pensiero è quindi la pratica di apertura al mondo nella problematicità intrinseca ad esso, oltre che, primariamente, all’esperienza di quella stessa problematicità.

Tale apertura è solo un atto preparatorio alla meditazione a proposito dell’Essere, la realtà del quale trae in salvo tutte le cose dall’abisso del divenire. L’Essere, nella sua immutabile presenza ontologica, si libra infinitamente più in alto delle verità scientifiche, che invece si qualificano, per loro stessa definizione, come paradigmi provvisori. Se il pensiero si qualifica come allenamento e preparazione alla ricezione dell’Essere nella sua immutabilità vera, è chiaro che i sacerdoti e i credenti della scienza, che da metodo hanno desiderato tramutarla in verità assoluta, non possono tollerare l’affronto. Non può esserci convivenza tra due verità assolute, pena l’insignificanza di entrambe. È per questo motivo che Heidegger, nella stessa raccolta, ammonisce i suoi studenti friburghesi ricordando loro che “la scienza non pensa”. Scienza e pensiero sono incompatibili, proprio perché la scienza è problem solving mentre il pensiero non è altro che avvicinamento all’Essere.

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Cancellare la filosofia per imporre lo scientismo

Sostenere l’inutilità della filosofia, nell’Occidente contemporaneo, benché aberrante è assolutamente coerente. Per abolire il concetto di verità eterna ontologicamente intesa ed imporre il concetto di verità scientifica provvisoria, il moderno scientismo non può non portare l’attacco alla filosofia, e di conseguenza al pensiero, che permette non già di accedere al nocciolo essenziale della verità, quanto piuttosto di appurare la sua esistenza al di là dei generici fenomeni. Per impedire l’incontro dell’uomo con la verità dell’Essere occorre quindi innanzitutto demolire, o comunque rendere più accidentata, la strada, già di suo tortuosa, che dall’uomo conduce all’essere, la filosofia, e azzoppare le gambe che conducono l’uomo alla sua meta, il pensiero. Che tale processo avvenga consciamente o meno non è importante ai fini della riflessione sulla condizione della filosofia e del pensiero nell’Europa occidentale di oggi.

L’Italia, peraltro, non è rimasta a guardare, e come riportato da “Avvenire” alla fine dello scorso Novembre, per la prima volta dal dopoguerra il MIUR ha deciso di non finanziare alcun progetto di ricerca universitaria (su ben 253 presentati) per quanto concerne la filosofia. Si tratta, probabilmente non a caso, di un affronto senza precedenti a quella che un tempo era la regina delle discipline umanistiche, peraltro in un periodo di dibattito politico a proposito di misure di coercizione e pass vaccinale durante il quale i filosofi erano, non a caso, punta di lancia dello sparuto fronte dei contrari alle misure introdotte da Draghi e Speranza.

Si capisce, in tal senso, come la filosofia sia sempre più scomoda. Se il pensiero alternativo è sempre stato represso da tutti i tipi di governi di qualunque latitudine, mai si era giunti a voler sopprimere la capacità di pensare tout court. Eppure, qualcuno ancora lo ricorda, la libertà di pensiero rimane garantita dalle nostre leggi, addirittura da quelle con le quali vorremmo sostituire le vecchie religioni e la stessa vecchia filosofia.

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Ricercatore del Centro Studi Machiavelli. Studioso di filosofia, si occupa da anni del tema della rivalutazione del nichilismo e della grande filosofia romantica tedesca.