di Luca Marcolivio

Per la prima volta ospitati in ogni angolo del vecchio continente, per un totale di dodici nazioni, gli Europei di calcio che si stanno per concludere sembrano aver avuto un unico stendardo comune: la bandiera arcobaleno. In tutta la sua potenza, è emersa la collusione tra il mondo del pallone e le lobby lgbt. Un connubio che non è sorto da un giorno all’altro ma che, al contrario, parte da molto lontano, orchestrato passo passo da una strategia molto accurata.

Partiamo dalla querelle sull’Allianz Arena illuminata di arcobaleno alla vigilia di Germania-Ungheria, disputata il 23 giugno. La decisione è stata presa del sindaco di Monaco di Baviera, Dieter Reiter, in segno di protesta contro la legge ungherese, entrata in vigore nei giorni scorsi, che, oltre a proteggere i minori dalla pedofilia, mette al bando l’ideologia gender dalle scuole magiare. Da parte sua, il ministro degli esteri ungherese, Péter Szijjártó ha ritenuto “dannoso e pericoloso” il fatto di “mescolare politica e sport”, come effettivamente è avvenuto a “Euro 2020”. Una decisione – quella di illuminare d’arcobaleno lo stadio bavarese – non approvata dall’UEFA che, in una nota, spiegava: “Dato il contesto politico di questa specifica richiesta – un messaggio che ha come obiettivo una decisione presa dal parlamento nazionale ungherese – la UEFA deve declinare tale richiesta”.

Dando un colpo al cerchio e uno alla botte, l’UEFA “ha comunque proposto alla città di Monaco di illuminare lo stadio con i colori dell’arcobaleno il 28 giugno – il Christopher Street Liberation Day – o tra il 3 e il 9 luglio, settimana del Christopher Street Day a Monaco”. Il riferimento è alle celebrazioni del Christopher Street Day, che si tengono ogni anno, in memoria della rivolta degli omosessuali a New York nel 1969. L’Uefa ha quindi sottolineato il suo impegno in una serie di campagne sulla diversità e l’inclusione “per promuovere l’etica secondo cui il calcio dovrebbe essere aperto a tutti”.

In seguito, quasi per scusarsi del rilievo iniziale, l’UEFA ha rincarato la dose, aggiungendo l’arcobaleno nel proprio logo. “Oggi la UEFA è orgogliosa di indossare i colori dell’arcobaleno – si legge nel comunicato –. È un simbolo che incarna i nostri valori fondamentali, promuovendo tutto ciò in cui crediamo: una società più giusta ed egualitaria, tollerante con tutti, indipendentemente dal loro background, credo o genere. Alcune persone hanno interpretato la decisione della UEFA di rifiutare la richiesta della città di Monaco di illuminare lo stadio di Monaco con i colori dell’arcobaleno per una partita di EURO 2020 come ‘politica’. Al contrario, la richiesta stessa era politica, legata alla presenza della squadra di calcio ungherese allo stadio per la partita di questa sera con la Germania. Per la UEFA, l’arcobaleno non è un simbolo politico, ma un segno del nostro fermo impegno per una società più diversificata e inclusiva”.

A corroborare l’indirizzo ideologico della competizione sportiva, è arrivata l’iniziativa di alcuni capitani di indossare la fascia arcobaleno, in segno di solidarietà con le comunità lgbt, in occasione del Pride Month di giugno. Il primo a dare l’esempio è stato il portiere della nazionale tedesca, Manuel Neuer, durante i quattro match disputati dalla sua squadra. Anche in questo caso si è registrato un significativo dietro-front dell’UEFA. Avendo interpretato il gesto del capitano della Germania come un atto di propaganda politica, l’UEFA aveva aperto un’inchiesta nei confronti della Federcalcio tedesca. Azione disciplinare subito ritirata e archiviata, perché – affermano – Neuer starebbe promuovendo una buona causa. L’iniziativa del portiere tedesco, comunque, non è stata isolata: un altro capitano che ha esibito la fascia arcobaleno è stato l’inglese Harry Kane.

La frizione immediatamente risolta tra Uefa da un lato, governo e Federcalcio tedesca dall’altro, è un esempio di come, mutatis mutandis, le lobby lgbt riescono a vincere le loro battaglie, anche partendo da un livello nazionale, dovendo poi sfidare un soggetto europeo, sulla carta più potente. Parrebbe davvero che le ‘cause sovraniste’, per avere la meglio, debbano necessariamente essere vergate d’arcobaleno… All’origine di questi endorsment pro-lgbt delle istituzioni politiche e sportive tedesche vi è probabilmente l’impegno esplicito della presidente della Commissione Europea, la tedesca Ursula von der Leyen: nessuno che abbia ricoperto questa carica ha mai espresso un favore così esplicito per le cause lgbt. Sposando la linea dura nei confronti dell’Ungheria e della sua “legge vergognosa”, in forza della quale si profila una procedura di infrazione, von der Leyen sta dettando l’agenda a tutti i partner europei in fatto di temi etici e, ovviamente, la ‘sua’ Germania è la prima ad accodarsi.

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Che il calcio stia cedendo alle sirene del politicamente corretto è cosa nota da tempo. Il recente caso di Rino Gattuso parla da solo. L’ex allenatore della Fiorentina era entrato in trattativa lo scorso mese con il Tottenham Hotspur. Quando la firma del contratto sembrava ormai cosa fatta, si è scatenata l’ira funesta dei tifosi del club londinese, da sempre molto ‘inclusivo’ verso tutte le minoranze. Pomo della discordia: alcune dichiarazioni rilasciate da Gattuso nel 2008, in cui il fuoriclasse calabrese prendeva le distanze dall’ideologia omosessualista. “Il matrimonio in chiesa deve essere tra uomo e donna – aveva detto – anche se siamo nel 2008 e ognuno fa quello che vuole. Io credo nell’istituto della famiglia da quando sono piccolo e per qualcuno che ha fede il matrimonio omosessuale è molto strano”. Poco importa se quelle affermazioni risalivano a tredici anni fa. Il popolo arcobaleno ha memoria d’elefante per le offese ricevute. Sulle pagine social del Tottenham e non solo è stato un tripudio di insulti e di hashtag #NoToGattuso. Non è da escludere che l’ex campione del Milan e della Nazionale, da ‘schiena dritta’ quale è, possa aver rifiutato la prospettiva di un’abiura in ‘stile Barilla’ e abbia semplicemente voltato i tacchi di fronte alle eventuali ‘conciliazioni’ avanzate dal club londinese.

Da segnalare, a margine di questa vicenda, la solidarietà espressa a Gattuso dall’ex calciatrice e ct della nazionale femminile Carolina Morace. Dichiaratamente omosessuale, la Morace ha così twittato in favore del collega: “Io e Rino Gattuso abbiamo lavorato insieme al Milan e non abbiamo mai smesso di scambiarci idee e competenze professionali. Gattuso è contro ogni forma di discriminazione ed è una persona dalle doti rare. Chi afferma il contrario non lo conosce”.

La marcia trionfale del vessillo arcobaleno tra i club e le federazioni calcistiche, comunque, non è così inarrestabile come si potrebbe credere. Tra i club prostrati dinnanzi alla lobby figurano il Barcellona e la Juventus, che hanno tinto i loro loghi d’arcobaleno per protestare contro l’iniziale decisione dell’UEFA in merito all’illuminazione dell’Allianz Arena. Ad accodarsi alla causa del Pride Month è stata anche la Lega della Serie A, che ha decretato il proprio cambiamento cromatico su tutti i profili social in quasi ogni lingua. Unica omissione: l’arabo. In Medio Oriente, si sa, la sodomia è considerata riprovevole.

Ai Mondiali in Qatar del 2022, ne vedremo di tutti i colori… ma anche no.

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Saggista e giornalista professionista, è accreditato alla Sala Stampa della Santa Sede dal 2011. Direttore del webmagazine di informazione religiosa "Cristiani Today", collabora con "La Nuova Bussola Quotidiana" e "Pro Vita & Famiglia". Dal 2011 al 2017 è stato caporedattore dell’edizione italiana di "Zenit".