di Giovanni Giacalone

Lo scorso 17 maggio la Garde Nationale tunisina ha reso noto di aver arrestato uno dei terroristi accusati dell’attentato al Museo del Bardo nel 2015. Il soggetto in questione, di cui non sono state rese note le generalità, era a bordo di una delle imbarcazioni al largo della costa di Sousse e dirette in Italia. Le due barche stavano trasportando un totale di 27 immigrati clandestini, tutti di nazionalità tunisina e tra i 20 e i 34 anni.

Ancora una volta un terrorista islamista era dunque in procinto di raggiungere le coste italiane, esattamente come fece Brahim Aouissaoui, l’attentatore tunisino che lo scorso ottobre uccise tre persone (decapitandone una) presso la Cattedrale “Notre-Dame” di Nizza. Aouissaoui era infatti arrivato a Lampedusa un mese prima a bordo di un’imbarcazione proveniente dalla Tunisia per poi essere trasferito a Bari e lasciato libero di andarsene, con un semplice foglio di via. Tutto ciò tra l’altro in piena pandemia.

Ve ne sono poi altri arrivati in Italia con gli stessi mezzi, come ad esempio Anis Amri, l’attentatore del mercatino di Natale di Berlino, ucciso nella notte del 23 dicembre 2016 a Sesto San Giovanni dopo uno scontro a fuoco con una pattuglia della Polizia di Stato. Amri era arrivato a Lampedusa a bordo di un barcone nel 2011.

Che dire poi dei gambiani Sillah Ousman e Alagie Touray, addestrati in un campo jihadista in Libia e arrivati in Sicilia a bordo di uno dei tanti “barconi” nel dicembre del 2016; i due venivano arrestati a Napoli tra aprile e giugno 2018. Oppure del somalo Mohsin Omar Ibrahim alias “Anass Khalil”, arrestato nel dicembre del 2018 a Bari mentre progettava attentati contro alcune chiese durante il periodo natalizio. Arrivato nel 2016 in Sicilia a bordo di un barcone, il somalo aveva anche ottenuto un permesso di soggiorno umanitario. Anche il pakistano Zaheer Hassan Mahmoud, l’attentatore che il 25 settembre ha ferito quattro persone fuori dell’edificio della vecchia sede di “Charlie Hebdo”, era passato per l’Italia prima di raggiungere la Francia come “rifugiato”. È bene poi ricordare che nell’agosto 2018 le autorità tunisine fermarono 9 jihadisti in procinto di imbarcarsi su un gommone assieme a una decina di altri immigrati, tutti diretti verso le coste siciliane. Due mesi dopo, era invece un tunisino di 25 anni, arrivato a Lampedusa a luglio e ospite di un hotspot del posto, ad essere riconosciuto da un suo connazionale che lo indicava alle autorità come ex jihadista dell’Isis in Siria.

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L’Italia non può permettersi di continuare ad essere la porta spalancata per un flusso ininterrotto e sistematico di immigrati clandestini provenienti dalle coste africane. Gli sbarchi che tra il 9 e il 10 maggio hanno portato a Lampedusa circa 2400 irregolari non possono non preoccupare. La politica dell’accoglienza indiscriminata è un rischio enorme per la sicurezza nazionale e dell’Europa, sia per quanto riguarda l’infiltrazione jihadista che in relazione al fenomeno della criminalità che dilaga in tutto il Paese.

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Ricercatore del Centro Studi Politici e Strategici Machiavelli. Laureato in Sociologia (Università di Bologna), Master in “Islamic Studies” (Trinity Saint David University of Wales), specializzazione in “Terrorism and Counter-Terrorism” (International Counter-Terrorism Institute di Herzliya, Israele). È analista senior per il britannico Islamic Theology of Counter Terrorism-ITCT, l’Italian Team for Security, Terroristic Issues and Managing Emergencies (Università Cattolica di Milano) e il Kedisa-Center for International Strategic Analysis. Docente in ambito sicurezza per security manager, forze dell’ordine e corsi post-laurea, è stato coordinatore per l’Italia del progetto europeo Globsec “From criminals to terrorists and back” ed è co-fondatore di Sec-Ter- Security and Terrorism Observation and Analysis Group.