La linea politica dei “porti chiusi” voluta dal ministro dell’Interno uscente, Matteo Salvini, ha dato buoni frutti visto che gli sbarchi sono drasticamente diminuiti nell’ultimo anno.

Al di là del dibattito politico sul fenomeno migratorio fine a sé stesso, è fondamentale tener presente gli elevatissimi rischi di un flusso incontrollato proveniente dall’Africa che può contare sui porti aperti, in quanto lascerebbe mano libera all’infiltrazione di jihadisti in Italia e in Europa. Non si tratta di ipotesi teoriche ma di fatti concreti che si sono già manifestati.

Basti pensare agli arresti avvenuti a Napoli, tra aprile e giugno del 2018, dei gambiani Sillah Ousman e Alagie Touray. I due avevano partecipato a un addestramento militare in un campo mobile dove si addestrano i futuri kamikaze dell’Isis ed erano pronti a compiere attentati in Europa. Nel dicembre del 2016 erano saliti su un barcone diretto in Italia ed erano arrivati sulle coste siciliane, a Messina. Touray era stato trasferito a Napoli; Sillah in Puglia.

Nell’agosto del 2018 il sito Middle East Eye aveva pubblicato un approfondimento sulla presenza dell’Isis in Libia nel quale citava l’allarme lanciato dal colonnello delle forze armate libiche, Ali Faida, sul reclutamento di immigrati da parte di Isis e al-Qaeda: “Immigrati clandestini che cercano di raggiungere l’Europa arrivano in Libia in cerca di denaro e l’Isis li paga bene … Durante una delle nostre recenti battaglie abbiamo catturato molti foreign fighters dell’Isis che hanno confessato di essersi arruolati perché pagano bene”.

Del resto anche Anis Amri, l’attentatore del mercatino di Natale del dicembre 2016, era arrivato a Lampedusa nel 2011 a bordo di un barcone.

Attualmente però i rischi sono ancor più elevati che negli anni precedenti e ciò è dovuto al fatto che, in seguito alle pesanti sconfitte subite dall’Isis in Siria, l’attività jihadista è ampiamente incrementata non soltanto in Libia, ma in particolare in tutta quella fascia che va dal Mali alla Somalia.

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Teniamo presente che lo scorso 18 aprile l’Isis aveva annunciato la creazione della nuova provincia dell’Africa Centrale e questo la dice lunga sui progetti del jihadismo globale.

I porti chiusi sono una misura essenziale da affiancare ad ulteriori azioni di contrasto, tra cui un eventuale blocco navale davanti alle coste libiche e la neutralizzazione delle reti del traffico nelle zone di origine.


Giovanni Giacalone è senior analyst presso l’Italian Team for Security, Terroristic Issues and Managing Emergencies (Itstime) dell’Università Cattolica di Milano e presso il Center for Strategic Analysis (Kedisa) di Atene.

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Ricercatore del Centro Studi Politici e Strategici Machiavelli. Laureato in Sociologia (Università di Bologna), Master in “Islamic Studies” (Trinity Saint David University of Wales), specializzazione in “Terrorism and Counter-Terrorism” (International Counter-Terrorism Institute di Herzliya, Israele). È analista senior per il britannico Islamic Theology of Counter Terrorism-ITCT, l’Italian Team for Security, Terroristic Issues and Managing Emergencies (Università Cattolica di Milano) e il Kedisa-Center for International Strategic Analysis. Docente in ambito sicurezza per security manager, forze dell’ordine e corsi post-laurea, è stato coordinatore per l’Italia del progetto europeo Globsec “From criminals to terrorists and back” ed è co-fondatore di Sec-Ter- Security and Terrorism Observation and Analysis Group.