Il conflitto scatenato dagli Stati Uniti contro la Cina non è solo una guerra commerciale, come molti credevano: è in essenza uno scontro per il primato tecnologico e quindi politico nel mondo del prossimi trent’anni. Gli Stati Uniti, in base a ragioni economiche, avevano dato largo campo alla Cina; solo dopo l’ascesa di Xi – un filosofo come Mao, quindi propenso alle più crudeli avventure – si sono accorti dell’errore e hanno cominciato, prima con timida cautela (Obama) poi con decisione (Trump), a pianificare la revisione delle relazioni internazionali.
Ciò pone il tema cruciale delle alleanze – soprattutto se, dopo Iraq, Siria e Afghanistan, si vogliono evitare azioni militari sul terreno. I nodi sono due: Russia e Germania (con la sua proiezione e maschera denominata Ue). A Washington dottrina, apparati e clan politici non sono pronti a rinunciare al nemico di mezzo secolo di cui ancora sognano il disfacimento (ma in tal caso chi, se non Pechino, avrebbe egemonia sulle sterminate regioni dell’Asia Centrale, l’Heartland di Mackinder?). Tuttavia in Medio Oriente come in Nord Corea, senza la sponda russa (regalata finora alla Cina, in una sorta di Kissinger 1972 alla rovescia) gli americani non paiono in grado di stabilire un ordine insieme durevole e vantaggioso. Eventi come il recente incontro di Kim con Putin e il viaggio di Bolton a Gerusalemme per incontrare i responsabili della sicurezza russo e israeliano indicano forse una linea più realistica, anche se ancora oscillante.
La Germania si è rivelata un alleato ambiguo, dedita con Angela Merkel – abile nella tattica, soprattutto quando si tratta di colpire alle spalle, ma sprovvista di visione strategica – a un opportunismo mercantile (contano solo gli avanzi commerciali) che utilizza, pagandola al minimo, la rete di sicurezza sviluppata dagli Stati Uniti e al contempo si allinea alla Cina sulle questioni-chiave di politica economica. E’ evidente che così l’alleanza con l’Ue, egemonizzata dalla Germania, non funziona: se tu hai un amico che ti chiede di pagargli le spese in base a vecchi accordi, dispensa lezioni di etica liberale ma poi segue gli indirizzi del Pcc, è probabile che alla fine il patto originario diventi carta straccia. La Ue è in un vicolo cieco: la Cina è un partner scomodo e pretenzioso, gli Stati Uniti, giunti al momento dello scontro frontale, presenteranno un conto molto salato.
Antonio Pilati è stato componente dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato e consigliere d’amministrazione Rai ed è autore di numerosi saggi sui media e sulle relazioni internazionali.
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