di Lorenzo Somigli

Mentre il cuore dell’alleanza si sposta verso Nord-Est, la Turchia si presenta come validissimo baluardo nel Sud-Est.

La nuova Europa

Sta venendo a formarsi un solido bastione atlantico nell’Europa Nord-Est, saldo nel Baltico, proteso fino alle plaghe boreali e incentrato sulla Polonia, donde anche il rapporto che il presidente del Consiglio italiano Giorgia Meloni sta costruendo, non senza difficoltà, con Morawiecki. Il puntellamento a Nord-Est richiede uno sforzo speculare nel corrispettivo fianco Sud-Est. Questa consapevolezza può aver portato Erdoğan, fresco di una netta riconferma al ballottaggio con il più protezionista Kılıçdaroğlu, sta inanellando una serie di mosse quali l’incontro a Istanbul con Zelensky ma soprattutto il rispristino di un canale diplomatico formale con l’Egitto, dieci anni dopo, a interrompere il veto sulla Svezia.

Il nerbo dell’alleanza atlantica – è un’evidenza e una necessità – si è spostato progressivamente verso la Polonia, in prossimità del limes con la Russia. Per questo, la Polonia è la retrovia logistica dell’esercito ucraino e coltiva il progetto di confederarsi con l’Ucraina stessa, seguendo il fortunato esempio della Confederazione polacco-lituana, che perfino i Padri fondatori statunitensi studiarono a lungo. Varsavia punta a essere il baricentro di spazio tra Mar Baltico, Mar Adriatico e Mar Nero, come prospettò Pilsudski.

Del resto, in quelle “terre di sangue”, riprendendo Timothy Snyder, tra Polonia e Ucraina, come la Galizia, terra dell’allora Impero austro-ungarico a forte pluralismo etnico, c’è stato e certamente ancora rimane uno dei cuori dell’Europa. Joseph Roth era nativo di Brody, che era uno dei cuori della cultura yiddish.

La mossa speculare turca

Giocando d’anticipo, la Turchia ha dettato l’agenda dell’atteso vertice di Vilnius e ha anche ottenuto favore da parte di Stoltenberg e degli Stati Uniti. Non deve stupire, però, la coerenza atlantica della Turchia visto che ha aderito alla NATO fin dal 1952, facendo già da allora da solido antemurale rispetto all’URSS. La Turchia ha, inoltre, il secondo esercito per numero di effettivi (350 mila), senza dimenticare le basi ospitate sul suo territorio, a partire da İncirlik.

La NATO rimane punto di riferimento irrinunciabile per la Turchia, e viceversa, anche in quello che il Presidente Erdoğan ha definito “il Secolo della Turchia”, ovvero un secolo nel quale intende ritagliarsi un ruolo globale. La vivace azione diplomatica turca, dal già citato redivivo canale diplomatico con l’Egitto fino alla crescente saldatura con l’Azerbaigian, unitamente alle scelte su infrastrutture, agricoltura ed energia sembrano dargli ragione.

La crescente rilevanza del Pontus Euxinus

Lo spostamento a Est del centro nevralgico dell’alleanza ha conseguenze non solo sul Baltico, quindi, che potrebbe diventare un “mare NATO” a tutti gli effetti, una volta completato l’ingresso della Svezia, ma anche sul Kara Deniz, il Mar Nero. Per questo, la Turchia si offre come partner affidabile per completare la strategia dei “mari NATO” completando un’ellisse che confinerebbe sempre di più la Russia.

La Turchia copre il Pontus Euxinus insieme alla Romania, che meriterebbe maggior attenzione nelle analisi strategiche. La Romania è un “alleato modello” della NATO, come ha illustrato in un intervento sulla rivista turca Transatlantic Policy Quarterly Petre Roman, che da primo ministro romeno guidò la fuoriuscita dal regime di Ceaușescu; è stato un processo politico che ha portato all’ingresso nella UE e nella NATO.

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Proprio la Romania ospita a Costanza – il porto su cui concentrò i suoi sforzi re Carlo II – i sistemi Samp/T nonché diverse navi dell’alleanza. Nella generale crescita dei porti marittimi rumeni, quello di Costanza, fortemente interconnesso con il sistema del Danubio, ha raggiunto nel 2022 un traffico record di 24,1 milioni di tonnellate di cereali e ciò potrebbe renderlo il più importante in Europa nel lungo periodo. I principali paesi verso i quali erano dirette le spedizioni di grano erano Egitto, Giordania, Filippine, Arabia Saudita, Spagna, Turchia, Israele, Sudan e Tunisia.

L’ingresso in UE?

Insomma, quella di Erdoğan è una mossa logica e perfettamente funzionale nelle geometrie dell’alleanza, con l’obiettivo di bilanciare la proiezione baltica e artica di questo nuovo asse incentrato sulla Polonia. Non è da escludere che la mossa di Erdoğan arrivi proprio dopo la manifestazione di fragilità da parte della Russia anche se – è bene precisarlo – non c’è stata da Mosca alcun irrigidimento rispetto ad Ankara, al netto di alcune dichiarazioni che fanno parte della consueta “nebbia di guerra”.

La richiesta turca di ingresso nell’Unione Europea può essere interpretata, invece, come una contropartita ma pur sempre funzionale alla più ampia strategia atlantica, visto che la NATO sopperisce al “vuoto di esercito” che rimane una cronica carenza dell’Unione Europea. Invero, l’adesione all’Unione Europea, tutt’altro che immediata visto che un paese così popoloso cambierebbe, e non poco, gli equilibri interni nelle già fragili istituzioni europee, servirebbe a favorire una maggior sincronizzazione interna tra le componenti. In Europa, inoltre, ci sono importanti comunità di origine turca, a cui guarda con favore la Turchia imperiale.

Forse, anche per questo, il Presidente turco cerca una sponda privilegiata con l’Italia, come ha dimostrato l’incontro con Meloni in cui si è parlato della cooperazione tra i paese. L’Italia si espresse favorevolmente all’ingresso della Turchia, temporibus illis.

Prospettive

Dagli anni ‘90, la Russia è indietreggiata sempre di più: le attuali linee difensive a Nord dipendono dalle conquiste ottenute nella guerra del 1939 contro la Finlandia, con l’annessione di parte della Carelia e della Penisola di Rybačij e a Sud da un’ennesima e molto difficoltosa guerra che le sta permettendo di proteggere l’accesso al Mar Nero, anche se i missili a medio raggio a Kaliningrad sono un forte fattore di deterrenza. Di contro, la NATO presenta oggi una muraglia articolata che prevede difesa degli spazi aerei, grazie principalmente a Polonia e Romania, e marini, dalla fu Rotta di Pomor, che connetteva Tromsø con Arcangelo, fino agli Stretti.

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Giornalista specializzato in geopolitica ed energia e collaboratore parlamentare. Ha pubblicato su "Transatlantic Policy Quarterly", "leSfide", "Gulf News".