di Fabio Bozzo

Cosa è la democrazia

La democrazia per come la intendiamo oggi (non quella dell’Antica Grecia che era una cosa diversa) ha le sue radici nell’Inghilterra del 1215, quando i nobili del Regno imposero al re Giovanni I Senzaterra la Magna Carta Libertatum. Essa non fu una sorta di costituzione, ma un documento che imponeva dei limiti al potere regale nei confronti dei suoi sudditi più importanti.

In considerazione dell’epoca fu una rivoluzione epocale. Da quel momento la storia inglese fu un continuo contrasto tra il potere parlamentare e quello monarchico che, tra alti e bassi, raggiunse il suo epilogo nel 1689, anno della Gloriosa Rivoluzione e del Bill of Rights: l’Inghilterra divenne da allora una monarchia costituzionale e nei successivi cento anni i suoi sovrani sempre più delle figure rappresentative, rispettate ai limiti della venerazione, ma prive di potere reale.

Con la Rivoluzione Americana i coloni britannici del Nuovo Mondo crearono gli Stati Uniti. Il nuovo Paese aveva un impianto politico-legale prettamente inglese, ma era privo delle tradizioni feudali europee. Pertanto poté sviluppare una democrazia ancor più rappresentativa di quella della vecchia madrepatria.

Occidente uguale democrazia

Da allora la storia accelerò. La Rivoluzione Francese cercò di emulare le positive innovazioni di quella americana, ma affogò i buoni presupposti nel sangue della ghigliottina e nei massacri di Stato (Vandea e non solo). Il risultato fu la dittatura militare di Napoleone ed un espansionismo che insanguinò l’Europa, alla fine sconfisse la Francia stessa e provocò la Restaurazione.

Ma non tutto il messaggio venne perduto. Se i deliri della leadership transalpina danneggiarono gravemente la causa della Libertà e dei Diritti, il seme del principio di uguaglianza tra gli uomini venne sparso per l’Europa dai suoi eserciti, pur tra le vergogne dei saccheggi e dell’arroganza imperialista. Tale seme avrebbe messo radici e sarebbe esploso nel 1848, anno in cui quasi tutta l’Europa venne scossa da un turbinio rivoluzionario che ripropose gli ideali di Liberté, Egalité, Fraternité. In una parola: la democrazia. Ovviamente ogni Paese sviluppò a modo suo il Governo tramite rappresentanza popolare (e la troppo spesso vituperata “Italietta liberale” in questo campo fu uno dei modelli meglio riusciti, checché se ne dica), ma da allora il sistema democratico non fece che espandersi, divenendo quasi sinonimo di Occidente.

La sfida con fascismo e comunismo

Per la democrazia la Prima Guerra Mondiale si concluse con un pareggio: da un lato il principio di monarchia per volere divino venne messo definitivamente nel museo della storia ed i Paesi democratici (chi più chi meno) si moltiplicarono; dall’altro l’ex autocrazia zarista crollò, ma la Russia non riuscì a solidificare la sua brevissima esperienza democratica. Il grande Paese dell’est, infatti, cadde sotto la tetra dittatura comunista, che avrebbe sparso sangue e terrore nei quattro angoli del globo per i successivi settant’anni ed avrebbe causato nel popolo russo un ritardo economico e psicologico collettivo, di cui il putinismo è solo l’ultimo e non più grave rantolo.

E poiché sia nel bene sia nel male ad ogni azione corrisponde una reazione, al fallito tentativo di rivoluzione mondiale lanciato da Lenin seguì la nascita dei primi regimi fascisti. Anche in questo settore l’Italia fece da avanguardia. Sebbene il fascismo non sia stato un’ideologia coerente (ogni Paese che lo sperimentò lo caratterizzò a modo suo) ebbe comunque due punti cardinali: la negazione delle libere elezioni e la riduzione delle libertà economiche, queste ultime più o meno ridotte a favore del dirigismo statalista.

Ma il peggio doveva ancora venire. La Grande Depressione del 1929 (inevitabile conseguenza della Prima Guerra Mondiale) distrusse gran parte del credito di cui la democrazia godeva in Europa. Il risultato fu la nascita della Germania nazista ed il moltiplicarsi dei regimi fascisti. Nella stessa Francia la democrazia in più di un’occasione ebbe il fiato corto, sebbene alla fine riuscisse sempre a sopravvivere, paradossalmente anche grazie ad una politica talmente frammentata da negare a qualunque potenziale dittatore una sufficiente massa critica.

In breve, alla viglia del secondo conflitto il sistema rappresentativo era minacciato dalle dittature di destra e di sinistra, le quali tramite un’abile propaganda apparivano più stabili ed efficienti. Questa partita a tre portò alla Seconda Guerra Mondiale, in cui il nazi-fascismo costrinse le democrazie e l’Unione Sovietica ad un’innaturale ma vincente alleanza. Alla vittoria seguì il sostanziale annientamento del fascismo come sistema di governo ed una conseguente avanzata del comunismo, visto da molti come il Sol dell’avvenire, e della democrazia, che nel più terribile dei conflitti umani dimostrò di saper tirare fuori i denti e di sapersi rinnovare senza tradire i propri princìpi. La Guerra Fredda congelò tale situazione per i successivi quarantacinque anni, finché il comunismo crollò sotto il peso della propria inumanità.

Il sogno infranto

I dieci anni post 1991 furono un momento di sogno, per l’Occidente. L’intero pianeta sembrava abbracciare gli ideali di libertà politica ed economica, tutti facevano a gara per apparire più occidentali possibile e le organizzazioni sovranazionali a base occidentale ebbero un’espansione senza precedenti. Ovviamente, come in tutti i sogni troppo idilliaci, seguì un brusco risveglio.

Le masse del Terzo Mondo (termine antiquato ma concreto) non hanno mai veramente assimilato la democrazia, per il semplice fatto che essa è estranea alla loro storia, in particolare nelle zone islamiche del pianeta. In Russia la nobile stagione politica inaugurata da Boris Eltsin ha, per varie e complesse ragioni, subito un’involuzione autoritaria sotto Vladimir Putin. La Cina, infine, ha consolidato un regime che si basa tanto sull’ideologia della dittatura comunista quanto sul pragmatismo millenarista confuciano.

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Le democrazie occidentali, nel frattempo, appaiono stanche, inefficienti agli occhi sia dei propri cittadini sia degli stranieri, sclerotizzate da un’ipertrofica burocrazia e terribilmente incoerenti in politica estera. Facciamo qualche esempio. Il sistema democratico e capitalista ha reso gli Occidentali (specie quelli “acquisiti” come i nipponici) materialmente ricchi e politicamente liberi come nessun altro nella storia dell’umanità. Tale situazione di benessere dura sostanzialmente dal 1945, il che vuol dire che oggi siamo alla terza generazione di Occidentali che non ha dovuto combattere per salvaguardare il proprio modello di vita. Questo ha fatto si che oggi in troppi credano che tale modello sia scontato, quando in realtà è minacciato dall’esterno e dal ’68 in poi corroso anche dall’interno.

Gli sfidanti

La dittatura cinese invece, attraverso un’abile propaganda ed una feroce censura, mostra al mondo i suoi aspetti più virtuosi: crescita economica esponenziale, efficienza burocratica e stabilità politica. La leadership del mondo libero sa benissimo che la realtà cinese è assai meno rosea, ma l’uomo comune spesso non ha il tempo di approfondire le dinamiche mondiali, col risultato di divenire facile preda della seduzione dell’autoritarismo.

In questo dobbiamo ringraziare Putin. Il Presidente-dittatore per anni è stato un modello vincente, un oggettivo restauratore dello Stato russo ed un esempio per tutti quegli Occidentali che, pur essendo sinceramente fedeli alla democrazia, ne auspicavano un rinnovamento su basi più efficienti e decisioniste. Con l’invasione dell’Ucraina gran parte del bluff putiniano è uscito allo scoperto. Senza nulla togliere ad alcuni oggettivi risultati raggiunti dal novello Zar, il regime di Putin si è dimostrato corrotto all’inverosimile, economicamente allo sbando, retto più dall’apatia che dal sostegno della popolazione e, smacco definitivo, in grado di schierare forze armate più simili a quelle italiane della Campagna di Grecia che a quelle tedesche della Campagna di Francia. La figuraccia ucraina pertanto non sarà solo propedeutica alla probabile caduta di Putin, ma è soprattutto un balsamo a chi ingenuamente auspica l’uomo forte di turno.

Tuttavia la Russia, sia essa zarista, sovietica o putiniana, resta un Paese europeo, per quanto contaminato dal dispotismo asiatico portato dai mongoli e rinnovatosi col comunismo. Per tale ragione i Russi, malgrado la storia li abbia continuamente condannati all’arretratezza politico-economica, seguono dinamiche sociali e geopolitiche essenzialmente occidentali. Ciò lascia sperare che, conclusasi la parentesi di un Putin ormai in scadenza, la Russia vivrà una nuova e migliore stagione di integrazione con l’Occidente democratico.

La Cina è un discorso diverso, un mondo a parte avente parametri logici e psicologici diversi dai nostri. Una tale distanza mentale non esisteva nemmeno con i sovietici ai tempi più bui della Guerra Fredda. Potente, cresciuto sotto tutti i parametri in modo prorompente in appena quarant’anni, inevitabilmente il regime di Pechino stuzzica i sogni repressi (o meglio gli incubi) dei perdenti occidentali del XX secolo, ossia gli orfani o presunti tali dei fallimenti ideologici fascio-comunisti. Costoro, il cui pensiero geopolitico si limita all’intelletto bidimensionale “buono o cattivo”, vedono la Cina per quello che è: l’ultima dittatura ideologicamente strutturata che minaccia concretamente la democrazia. Il tutto condito da un antiamericanismo puerile e manieristico. Di questo la leadership pechinese non è colpevole, essa fa il suo gioco e persegue legittimamente la sua politica di potenza. Al massimo si può criticare l’attuale Signore della Città Proibita di aver abbandonato la confuciana strategia delle politiche di lungo periodo, ma anche questo potrebbe avere una sua logica.

L’Occidente guarirà dalla decadenza?

Oggi l’Occidente è ammorbato e debilitato dall’interno come mai prima. La democrazia è in crisi quasi ovunque, corrosa da un politically correct che ha largamente superato i confini della follia, castrata da burocrazie inefficienti e persino colpevolizzata per essere stata inventata dall’uomo bianco (essendo quest’ultimo l’obbiettivo principale del nichilismo terzomondista). Quanto durerà questo delirio collettivo che mira all’autodistruzione dell’Occidente? Nessuno lo sa, nemmeno Xi Jinping. Il quale invece sa bene che un Occidente compatto, fiero di sé stesso e della propria storia sarebbe imbattibile anche per la Cina tornata ad essere l’Impero di Mezzo. Meglio quindi avanzare e rischiare geopoliticamente adesso, prima che il nemico guarisca dal proprio delirio autodistruttivo.

Questo ci porta all’essenza della nostra breve analisi. La democrazia ed il capitalismo sono consustanziali alla Civiltà occidentale. Tale Civiltà ha superato prove storiche terribili e sconfitto nemici formidabili, pertanto non è da escludere che possa e debba superare anche l’attuale fase di oggettiva decadenza. Come? Studiando di più personaggi come Ottaviano Augusto, Carlo Magno, Lincoln e Churchill, oltre che pensatori come Machiavelli e Locke, invece che inseguire i deliri neo sessantottini del Black Lives Matter e del White Guilt.

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Laureato in Storia con indirizzo moderno e contemporaneo presso l'Università di Genova. Saggista, è autore di Ucraina in fiamme. Le radici di una crisi annunciata (2016), Dal Regno Unito alla Brexit (2017), Scosse d'assestamento. "Piccoli" conflitti dopo la Grande Guerra (2020) e Da Pontida a Roma. Storia della Lega (2020, con prefazione di Matteo Salvini).