di Silvio Pittori

Mala tempora currunt per chi deve obbligatoriamente credere nella Giustizia, affinché, come una Divinità, la stessa si manifesti, secondo l’insegnamento dell’insigne giurista Piero Calamandrei.  Mala tempora imperversano da tempo, ma certamente mai come adesso anche i “credenti” vacillano di fronte a quanto emerge non soltanto dal libro intervista di Luca Palamara (la cui fortuna, riscossa nelle librerie, sta a ricordare alla Magistratura ed alla Politica quanto la Giustizia sia tutt’ora fortunatamente avvertita come un bene primario dai cittadini, al di là della prassi, sempre più seguita, di sottrarre la trattazione di questioni anche complesse al giudice naturale, destinandole a forme di mediazione che non sempre hanno molto a che fare con l’idea di Diritto – con la D maiuscola appunto). Vacillano anche al cospetto di alcuni accadimenti che sembrano avvalorare, al di là di ogni ragionevole dubbio, la tesi svolta da Luca Palamara all’interno di detto libro.

Faccio riferimento ai recenti interventi di alcuni  Tribunali Amministrativi che hanno censurato le procedure di nomina di magistrati posti in posizioni apicali – lì collocati, secondo la ricostruzione offerta da Luca Palamara e, all’evidenza, dagli stessi Tribunali Amministrativi, non tanto per i loro curricula bensì per le logiche delle correnti interne al CSM. Faccio riferimento anche ad alcuni interventi televisivi di magistrati, prestati alla politica, che hanno accusato le correnti della Magistratura o, comunque, una parte delle stesse, di avere concorso, con un ex presidente della nostra Repubblica, ad impedire la prosecuzione di indagini relative ad importanti politici di sinistra, con rimozione di detti magistrati inquirenti dai loro incarichi. Tale ultima ricostruzione di un fatto di per sé gravissimo (persino, ove veritiero, di natura quasi eversiva), veniva rappresentato in diretta TV e contestualmente avvalorato, o, comunque, non smentito, dallo stesso Palamara presente negli studi televisivi, all’evidenza a perfetta conoscenza della fondatezza di dette preoccupanti accuse.

Al cospetto delle ricostruzioni dettagliate operate da Palamara,  per la maggior parte tuttora in attesa di smentita, e di detti accadimenti come di altri della stessa tipologia, già nel gennaio del corrente anno alcuni magistrati, posizionati ovviamente al di fuori delle “logiche” correntizie, riconducibili a quell’archetipo monacale del magistrato tanto caro al predetto insigne giurista fiorentino, avevano espresso l’esigenza che il Sistema descritto da Palamara fosse quantomeno pubblicamente smentito da coloro che venivano accusati di avere personalmente ottenuto benefici dal Sistema medesimo, anche mediante “carambole” politico-giudiziarie come quella descritta dallo stesso Palamara in relazione alla nomina del vice presidente del CSM. Al cospetto del protrarsi di un assordante silenzio, fonte anch’esso di una significativa delegittimazione della Magistratura, quel coraggioso manipolo di magistrati ha nei giorni scorsi pubblicato un appello rivolto al Presidente della Repubblica, il quale già nel 2019 aveva espresso riprovazione “per la degenerazione del sistema correntizio e l’inammissibile commistione fra politici e magistrati”, nonché, nel maggio 2020, evidenziato come pur “imperversando e intensificandosi ulteriormente lo scandalo che sta abbattendo completamente la credibilità delle istituzioni giudiziarie”, in quel momento non si potesse procedere allo scioglimento del CSM.

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Rivolgendosi quindi al garante della Costituzione, detti magistrati hanno chiesto di assumere provvedimenti urgenti al cospetto di un “quadro complessivo sempre più inquietante e inaccettabile”. Assai interessante il passaggio in cui i Magistrati stigmatizzano la circostanza, fonte di allarme anche per l’opinione pubblica o, se si preferisce, per la pubblica opinione, che soltanto una ridotta parte di coloro che sono stati accusati in maniera circostanziata di essere stati posizionati in posizioni apicali da scelte tutt’altro che trasparenti

ha liberato l’Istituzione che rappresentava dal peso di una situazione divenuta oggettivamente insostenibile, facendo un passo indietro, con le dimissioni da taluni incarichi ricoperti o con l’anticipato abbandono dell’Ordine giudiziario. Al contempo, in relazione a comportamenti che nell’esercizio delle funzioni non esiteremmo a censurare con fermezza, non solo difettano le doverose iniziative delle autorità competenti ma, sotto il profilo disciplinare, si è anche registrata l’adozione di una generale direttiva assolutoria, col conseguente rischio che comportamenti di tale genere, anziché essere sanzionati, siano avallati e ulteriormente incentivati.

Prosegue la richiesta di intervento di quei magistrati che correttamente si sentono, come i cittadini, parte lesa rispetto a quei meccanismi correntizi, con la seguente affermazione: “frattanto, il tempo passa e per tutti i magistrati che non si riconoscono nelle perverse dinamiche disvelate dalle inchieste […] diventa sempre più flebile la speranza dell’avvio di quelle iniziative che stanno da tempo chiedendo a gran voce e che Ella ha fortemente auspicato”; iniziative rappresentate non soltanto da una Commissione Parlamentare di inchiesta (la Magistratura che chiede un intervento alla Politica) ma dall’inserimento del sorteggio nella procedura di selezione dei componenti del CSM e dalla rotazione degli incarichi direttivi e semi-direttivi.

Si tratta di una presa di posizione che non soltanto dimostra l’esigenza, avvertita da gran parte della Magistratura indipendente, di recuperare quella fiducia da parte dei cittadini dispersa certamente a causa della recente emersione di fatti di gravità inaudita, ma anche la volontà di arginare i perniciosi effetti per la Giustizia legati all’inerzia di coloro che avrebbero non soltanto il compito ma anche il dovere di intervenire al cospetto di una pacifica assenza di etica in chi dovrebbe spontaneamente dimettersi da taluni incarichi immeritatamente ricoperti: dove non arriva l’etica, “quella sconosciuta”, possiamo soltanto augurarci possano arrivare il potere di iniziativa del Presidente della Repubblica – nella sua veste di garante della Costituzione e di presidente del CSM – ed il potere legislativo.

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Avvocato cassazionista con sede a Firenze, esperto in diritto civile societario e in diritto penale di impresa e contrattualistica. Laureato in Giurisprudenza all'Università degli Studi di Firenze.