di Silvio Pittori

Condivisibile l’affermazione contenuta in un articolo apparso pochi giorni fa sul quotidiano Il Foglio, per il quale “è ora di ribellarsi contro l’abuso della cronaca nera” che “bombarda” le nostre menti ogni giorno. Non sto a ripercorrere in questa sede i motivi che hanno indotto il giornalista a prospettare questa “ribellione”, essendo più interessato a soffermarmi sull’atteggiamento assunto regolarmente dai nostri politici al cospetto delle aggressioni, delle risse e degli stupri dei quali, per buona parte, si compone l’attuale cronaca nera. Se infatti è ora di ribellarsi contro l’abuso della cronaca nera, è certamente auspicabile un atteggiamento di incisiva critica alla lettura eziologicamente superficiale delle cause cui le violenze, le risse e gli stupri, anche di questi ultimi giorni, sono riconducibili. Si tratta di procedere con una diagnosi oggettiva dei fatti, presupposto della somministrazione di una cura adeguata, che prescinda dall’incessante ricerca di motivi legati ai singoli territori, da “bonificare”, dissimulando l’origine principale del degrado non soltanto spirituale che ci circonda.

Trattasi oltretutto del medesimo fattore eziologico artefice della destrutturazione dell’intera società, dell’annichilimento dei principi che hanno fondato l’Occidente, dell’impoverimento dei più a vantaggio di quella classe sociale composta dai pochi, classe tanto cara a quella sinistra “salottiera” che, abbandonati la falce ed il martello, ha fatto propria la funesta ideologia woke. Se non prendiamo le mosse da detto fattore eziologico, ogni cura si mostrerà fallace, incapace di una guarigione stabile del corpo.

Homo homini lupus

Ciò, nonostante le meritevoli iniziative di “bonifica” oramai intraprese dall’attuale governo che, peraltro, risulteranno inevitabilmente circoscritte quanto ad effetti nell’assenza di una rigenerazione profonda dell’uomo e della società, all’insegna della “persona”. Detto fattore assolutamente esiziale è il liberalismo tanto caro a quella sinistra che si raduna negli attici della Città Eterna, dai quali sentenzia. Liberalismo da cui è affetta la nostra società, che pone al centro non più la persona ma l’individuo, meglio se consumatore, abdicando quindi a quel concetto dell’uomo quale “politikon zoon” che aveva caratterizzato la cultura precedente. Ridotto a mero individuo, l’uomo singolo assume le sembianze dell’homo homini lupus con la conseguenza della necessità per lo Stato di ricercare una convivenza tra gli “individui” all’interno di una società che, abbandonato il concetto oggettivo di “bene”, anche comune, consenta a ciascuno di soddisfare le proprie esigenze così da placarne l’ontologica aggressività.

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L’esigenza trasformata in diritto del singolo di soddisfare i propri bisogni induce lo Stato ad abdicare al ruolo di guida per secoli riconosciutogli, rendendo l’individuo portatore ab origine di una serie indefinita di diritti, riconoscimento che ha come epifenomeno quell’incessante richiesta di accettazione degli stessi che il singolo di volta in volta fa anche acriticamente propri. A fronte dell’accrescimento del numero dei diritti del singolo, la società si connota per la perdita di quei valori comuni che costituiscono le fondamenta della stessa, assistendosi alla impietosa sparizione di ogni valore condiviso, di qualunque ethos, di conseguenza di quell’insieme dei caratteri comuni di un gruppo. Ne consegue inesorabilmente la dissoluzione della stessa società umana.

Conosci l’altro, o sarà un lupo

Il quadro è quindi desolante. Ancora più desolante se soltanto si pensi a come il liberalismo culturale si fondi quotidianamente con quel liberalismo economico che crea profonde ed insanabili diseguaglianze sociali, capaci di creare costantemente inquietudini ogni qual volta si guardi al futuro, e che conduce ad una ipertrofia dell’economia. Ben venga quindi la bonifica dei territori e la contemporanea offerta scolastica e lavorativa ai giovani provenienti da quei  territori, ma soltanto la rigenerazione del senso di comunità, con conseguente trasformazione dell’uomo da “homo homini lupus” a “lupus est homo homini, non homo, quom quali sit non novit” (“l’uomo che non si conosce è un lupo per un altro uomo”), quale richiamo alla necessità di una relazione tra gli uomini, potrà invertire la quotidiana tendenza alla atomizzazione, ponendo un argine invalicabile alla ideologia woke.

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Avvocato cassazionista con sede a Firenze, esperto in diritto civile societario e in diritto penale di impresa e contrattualistica. Laureato in Giurisprudenza all'Università degli Studi di Firenze.