di Giovanni Giacalone

La visita in Francia del presidente egiziano Abdelfattah Al-Sisi, acerrimo nemico di Erdogan, ha mandato su tutte le furie un certo entourage politico italiano che ha subito accusato Macron di aver ricevuto un “despota”. Alcuni media sono persino giunti a definire l’incontro tra i due leader come uno “schiaffo all’Italia” e come “immagini che indignano la Francia”.

Per prima cosa è bene ricordare che al-Sisi ha vinto (piaccia o meno) delle elezioni presidenziali tenutesi nel marzo del 2018, sicché il tentativo di dipingerlo come pericoloso dittatore lascia veramente il tempo che trova. Francia ed Egitto sono impegnate con le proprie forze armate rispettivamente nel Sahel e nel Sinai contro i jihadisti; basta ricordare che a metà novembre i militari francesi in Mali hanno eliminato Bah Ag Moussa, leader del gruppo qaedista GSIM. I due Paesi, così come l’Austria, sono anche impegnati nel contrasto a quell’estremismo di matrice islamista di cui Erdogan è attualmente massima espressione politica.

Fatta questa premessa, per par condicio sarebbe bello poter vedere un equivalente impegno nel documentare la disastrosa situazione nella Turchia di Erdogan che è oggi la più grande galera per giornalisti al mondo (lo dice Amnesty sul proprio sito). La Turchia ha tra l’altro trasferito e utilizzato jihadisti e miliziani siriani in Libia; alcuni di questi jihadisti provenivano dal gruppo Hayyat Tahrir al-Sham, costola siriana di al-Qaeda. Su questo il governo francese aveva anche lanciato un allarme lo scorso luglio. Nel nord della Siria i militari turchi sono persino stati ripresi assieme agli islamisti al grido “Allahu Akbar”. E stiamo parlando della Turchia, un Paese membro della Nato e che vorrebbe entrare nell’UE.

Bene, l’Italia sostiene proprio assieme alla Turchia gli islamisti del GNA a Tripoli, oramai divenuto un regime-fantoccio di Ankara, come già illustrato anche dal giornalista e inviato di guerra Gian Micalessin. Non solo, perché ora emerge anche una tabella di un report dell’Africom (le forze statunitensi in Africa) che indica chiaramente la coalizione che spalleggia il GNA, tra cui l’Italia che fornirebbe a Tripoli supporto per quanto riguarda “intelligence” e “controterrorismo”, proprio assieme ad Ankara. Un impegno quantomeno curioso considerato che è già stato più volte mostrato come a fianco del GNA combattano anche terroristi islamisti siriani.

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A questo punto una domanda sorge spontanea, come si fa a fornire servizi di “controterrorismo” a chi utilizza terroristi islamisti? Poi non c’è da stupirsi se l’Italia viene lasciata fuori dai vertici antiterrorismo in Europa.

Ricercatore del Centro Studi Politici e Strategici Machiavelli. Laureato in Sociologia (Università di Bologna), Master in “Islamic Studies” (Trinity Saint David University of Wales), specializzazione in “Terrorism and Counter-Terrorism” (International Counter-Terrorism Institute di Herzliya, Israele). È analista senior per il britannico Islamic Theology of Counter Terrorism-ITCT, l’Italian Team for Security, Terroristic Issues and Managing Emergencies (Università Cattolica di Milano) e il Kedisa-Center for International Strategic Analysis. Docente in ambito sicurezza per security manager, forze dell’ordine e corsi post-laurea, è stato coordinatore per l’Italia del progetto europeo Globsec “From criminals to terrorists and back” ed è co-fondatore di Sec-Ter- Security and Terrorism Observation and Analysis Group.