di Luca Ruggeri

La decisione della Banca Centrale Europea del 4 giugno circa la politica monetaria ha immediatamente creato delle conseguenze i cui effetti non si sono ancora pienamente esplicati.

I punti principali della decisione assunta dalla BCE sono:

(1) l’aumento della dotazione del Programma di acquisto per l’emergenza pandemica (Pandemic Emergency Purchase Programme, PEPP) di 600 miliardi di euro, per un totale quindi di 1.350 miliardi; si tratta del programma lanciato per far fronte alle conseguenze della pandemia, ampiamente utilizzato per l’acquisto dei nostri titoli di Stato. A questo proposito viene precisato che “gli acquisti continueranno a essere effettuati in maniera flessibile nel corso del tempo, fra le varie classi di attività e i vari paesi. Ciò consente al Consiglio direttivo di contrastare efficacemente i rischi per l’ordinata trasmissione della politica monetaria”.

(2) L’estensione degli acquisti netti nell’ambito del PEPP almeno sino alla fine di giugno 2021 e comunque finché non si riterrà conclusa la fase critica legata al coronavirus.

(3) Il reinvestimento del capitale rimborsato sui titoli in scadenza nel quadro del PEPP almeno sino alla fine del 2022.

Viene inoltre confermato il programma di acquisto di attività (PAA) e mantenuti invariati i tassi di interesse sulle operazioni di rifinanziamento principali.

La presa di posizione della BCE è stata più incisiva di quanto non si aspettassero i mercati ed ha ottenuto un primo impatto assai significativo; per quanto ci riguarda direttamente si è registrata una decisa discesa dello spread BTP/Bund, di latitudine ben maggiore di quanto non si sia verificato all’annuncio del Recovery Fund.

Le dimensioni dell’intervento presuppongono una visione assai pessimistica della situazione europea da parte della BCE che quindi si è sostanzialmente vista nella situazione di dover sostenere tutte le economie europee fornendo un ampio ed immediato sostegno.

Alcune conseguenze della decisione della BCE sono potenzialmente assai interessanti.

In primo luogo la sola disponibilità della BCE ad acquistare titoli riduce il rischio dei titoli emessi dai paesi con rating più basso, tra i quali l’Italia. come plasticamente dimostrato dal calo dello spread rispetto al bund tedesco. I titoli italiani presentano comunque un minimo di rendimento in un mondo nel quale è sempre più evidente che i tassi di interesse bassi o negativi rimarranno a lungo. La somma della garanzia della BCE e dei rendimenti offerti importa una elevata domanda per i nostri titoli ad un tasso comunque ragionevole. È una finestra temporale di opportunità per lanciare sul mercato nuove emissioni con lunga durata e rastrellare mezzi finanziari dei quali avremo un gran bisogno in futuro.

Una ulteriore conseguenza è la minore convenienza finanziaria dei programmi europei, tra i quali il MES, che peraltro presentano vincoli nell’utilizzo e lunghe tempistiche che in questo momento risulterebbero penalizzanti.

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Il Recovery Fund in questo quadro va valutato attentamente. È ragionevole pensare che, stante l’investimento politico della Commissione e dei principali Stati, si arriverà al perfezionamento del programma ma gli importi, le condizioni e la tempistica sono tutte da definire (vista l’esperienza del budget europeo sarà una dura trattativa alla quale comunque si dovrà attivamente partecipare per tutelare i nostri interessi); ciò che si può dire con certezza oggi è che le attuali aspettative appaiono eccessive.

Un’altra conseguenza tutta da comprendere riguarda i rapporti con la Germania. La decisione della BCE è stata presentata in una intervista alla Presidente della BCE stessa nella quale è stata rimarcata l’autonomia dell’operato della Banca cCentrale anche rispetto alla nota sentenza della Corte Costituzionale tedesca, della quale, si dice, ci si è limitato a prendere atto. Il PEPP non era oggetto della sentenza ma la flessibilità indicata dalla BCE per tale programma, in particolare relativamente alla quota di titoli dei vari paesi con la rinuncia al principio della capital key (la quota di acquisti per singolo Stato), si pone in chiara contraddizione con lo spirito della sentenza tedesca.

Aldilà delle modalità di reperimento dei mezzi finanziari, un ulteriore profilo concerne la necessità per l’Italia di definire con chiarezza ove indirizzare gli investimenti: in particolar modo vanno individuate le modalità ed i settori da sostenere; andrebbero decise poche e chiare priorità per le quali basta qualche pagina, leggasi il recente intervento del Governatore Visco, anziché decine di slides. Chi scrive non è affatto certo che arriveranno dall’Europa le grandi somme riportate dai mass-media ma il tema dell’allocazione degli investimenti rimane comunque centrale.

Il tutto presuppone inoltre un intervento sulle capacità della pubblica amministrazione di spendere tempestivamente le preziose risorse a nostra disposizione.

Sullo sfondo, una volta superata la fase emergenziale, rimane la necessità di tracciare una rotta di una economia mondiale zavorrata da un gran mole di debiti e tenuta a galla dalla liquidità fornita dalle banche centrali.

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Ricercatore senior del Centro Studi Machiavelli. Laureato in Economia, ha lavorato per oltre venti anni presso una grande banca italiana ed attualmente svolge la propria attività quale direttore generale presso un investitore istituzionale.