Non sono passati troppi giorni da quando un “richiedente asilo” afghano ha ucciso un diciannovenne e ferito altre otto persone a Villeurbanne, a pochi chilometri da Lione. “Non leggono il Corano!”, sarebbe stato il movente del lupo solitario. Eppure sangue, terrore e omicidi non bastano più a conquistare le prime pagine.


La stampa ha liquidato la tragedia con sufficienza, la solita accusa di follia con tanto di prescrizione ha assolto l’attentatore, mentre analisti e commentatori hanno provato a separare la storia da ogni legame con l’immigrazione.


L’uomo, un trentatreenne che aveva ottenuto l’asilo in Francia a maggio 2018, girava per il Paese sotto “protezione sussidiaria”, grazie a una carta di soggiorno che andava rinnovata. Dopo un vagabondaggio in giro per l’Europa, iniziato nel 2009 proprio in Francia, e poi Italia, Germania, Norvegia e di nuovo Francia, aveva ottenuto di restare oltralpe perché chi di dovere temeva che un ritorno in Afghanistan gli sarebbe costato la morte o l’arresto. In realtà sono molti di più i punti oscuri sull’attentatore, che al momento dell’arresto ha dimostrato di essere conosciuto con due identità e tre date di nascita.  


Il tentativo di tenere viva la narrativa riguardo la “felice diversità”, il fantastico multiculturalismo, ha fatto inseguire dichiarazioni non solo circa “l’ovvia follia di un semplice squilibrato”, ma anche contro presunte o prevedibili “interpretazioni di destra” della vicenda. Cosa che ha tenuto particolarmente a sottolineare Jean-Paul Bret, il sindaco socialista di Villeurbanne, per evitare di gonfiare una certa retorica contro l’immigrazione.

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Perché, sostanzialmente, non è bene parlare di certe cose: coloro che hanno il cattivo gusto di riportare le brutte notizie vanno semplicemente accusati di essere i responsabili di polemiche utili a favorire un ambiente mediatico che provoca ansia. E coautori di sentimenti negativi riguardo l’immigrazione di massa. La paura dello stigma dell’islamofobia ha creato una censura soffocante. Anche dinanzi alla morte di un diciannovenne colpevole di aspettare l’autobus.


E i fatti di Villeurbanne sono l’ennesima dimostrazione che quella del “diritto d’asilo” rappresenta una delle molte rotte migratorie.  Come scrivono ormai anche tanti analisti francesi. 


Lorenza Formicola, giornalista e saggista, scrive per “Il Giornale” e la “Nuova Bussola Quotidiana”.

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Saggista e pubblicista, è analista del mondo arabo e islamico. Si occupa di immigrazione e sicurezza, con una particolare attenzione alla nuova islamizzazione dell'Europa. Scrive soprattutto per "La Nuova Bussola Quotidiana", "Analisi Difesa" e "Il Giornale".