di Marco Malaguti

Tanto tuonò che piovve. Questo noto adagio italiano potrebbe descrivere bene l’aggressione avvenuta due giorni fa al co-segretario di Alternative für Deutschland, il deputato Tino Chrupalla. Solo per un piccolo ma non trascurabile elemento il proverbio non si attaglia alla situazione tedesca: in Germania, ormai, il temporale è già cominciato da un bel po’.

Chrupalla, l’ultimo di una lunga serie

Quella di Chrupalla, aggredito molto probabilmente con una siringa, dopo un comizio elettorale a Ingolstadt e tutt’ora ricoverato, è soltanto l’ultima di una serie di gravi aggressioni contro gli esponenti di quello che si configura come l’unico vero partito sovranista nel paese teutonico. Lo scorso 12 agosto era stato brutalmente picchiato da due ignoti, davanti a casa sua ad Augusta, il candidato al parlamento bavarese Andreas Jurca. Il 22 maggio, a Schleswig, nell’estremo nord del paese, Bent Lund, candidato di AfD ed esponente della minoranza etnica danese, era stato accoltellato da un cittadino iracheno che, prima di compiere l’atto, lo aveva apostrofato come nazista. A marzo 2022 era stato pestato, ad un banchetto elettorale di AfD a Görlitz, in Sassonia, il deputato federale Karsten Hilse, mentre nel gennaio 2019 era toccato al parlamentare federale Frank Magnitz, ex comunista passato ad AfD, pestato fino al coma dopo un evento elettorale a Brema. La stessa co-leader del partito, Alice Weidel, ripetutamente minacciata di morte, ha preferito sospendere momentaneamente tutti i suoi appuntamenti elettorali in Baviera e Assia ed espatriare temporaneamente a Palma di Maiorca. Questa lista, più che incompleta, lascia da parte un infinito numero di aggressioni meno gravi, vandalismi, intimidazioni (anche a membri delle famiglie dei tesserati al partito) e numerosi altri sabotaggi.

Istituzioni miopi e indagini ferme

Si respira in Germania un pessimo clima, che ricorda molto da vicino quello italiano degli anni di piombo, quando uccidere o picchiare un fascista, o supposto tale, secondo gli slogan delle piazze della contestazione e di molti giornali, non era reato. Di fronte a questa ondata di violenza senza precedenti contro gli esponenti di AfD, le autorità mantengono un atteggiamento ai limiti dell’indifferenza. Le indagini della polizia, quando avvengono, si arenano puntualmente di fronte alla presunta impossibilità di catturare i responsabili, misteriosamente irreperibili. Così è stato, ad esempio, nel caso degli aggressori di Magnitz, mai identificati, e così è stato anche per Karsten Hilse, il cui caso è stato archiviato in quanto il probabile aggressore, identificato, risulta però “irreperibile”. Anche per quanto riguarda l’aggressione di Jurca le cose vanno per le lunghe: soltanto oggi sono stati identificati due “sospetti”, quando fino ad oggi la polizia della Baviera metteva in dubbio persino la tesi dell’aggressione. Il copione, è probabile, si ripeterà anche per l’aggressione a Chrupalla: la Polizia bavarese anche in questo caso si rifiuta di parlare di aggressione mentre il ministro dell’Interno del Land, il cristiano-sociale Joachim Herrmann, ha accusato l’AfD di volersi inventare un’aggressione per mero calcolo elettorale.

Qualcosa di già visto

Il palese comportamento recalcitrante, tenuto da giudici e forze dell’ordine, nel condurre indagini e processi contro gli aggressori dei membri di Alternative für Deutschland, dimostra che ormai la Germania vive in un pericoloso clima di sdoganamento della violenza quando questa viene indirizzata contro membri e simpatizzanti di AfD. Lo scenario ricorda, beninteso, quello di Weimar, quando a beneficiare della stessa benevolente disattenzione erano gli aggressori e gli assassini che agivano ai danni di centristi come Matthias Erzberger, liberali come Walther Rathenau, comunisti come Karl Liebknecht e Rosa Luxemburg. Weimar, peraltro, nei suoi turbolenti anni, fu caratterizzata, esattamente come l’epoca corrente, da una lunga serie di governi di grandi coalizioni, che videro spesso e volentieri al governo tanto la SPD quanto la liberale DDP, gli antenati dell’attuale FDP, partito di governo. Inflazione, immigrazione, pessime performance economiche e guerra in Ucraina completano il quadro.

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AfD, un comodo capro espiatorio

L’economia tedesca, dopo tre decenni di crescita sostenuta, è ormai in recessione, l’industria soffre per un feroce green deal nazionale imposto alle imprese (in particolare automobilistiche), mentre anche l’edilizia si trova a dover annullare un gran numero di commesse data la scarsa disposizione della popolazione tedesca ad acquistare immobili in una situazione tanto delicata. In un contesto così precario, dove il governo Scholz è ai minimi della popolarità e dove Alternative für Deutschland vede crescere, sull’onda dell’insoddisfazione generale, i suoi consensi in tutti i Länder, torna comodo a molti, tra media e politica, deviare l’attenzione sulla presunta minaccia per il sistema democratico tedesco rappresentata dall’AfD, ripetutamente accusata di neonazismo, eversione, complicità con la Russia putiniana e chi più ne ha più ne metta. Le conseguenze non tardano quindi a manifestarsi. Il violentissimo movimento antifascista tedesco, le cui azioni rasentano e spesso oltrepassano i confini del terrorismo, procede sistematicamente a rendere pubblici, online e con affissioni, gli indirizzi di deputati, tesserati e simpatizzanti di AfD, con il dichiarato scopo di “rendere la loro vita un inferno”. Azioni a cui seguono, di solito, vandalismi e aggressioni. Che, fortunatamente, non ci sia ancora scappato il morto, in un paese dove in Parlamento si è liberi di elogiare persino i terroristi della RAF, è per molti aspetti sorprendente.

Un auspicio e un dovere

I conservatori europei, oltre ad auspicare che non si giunga mai alle estreme conseguenze, dovrebbero cominciare anche a denunciare l’ormai intollerabile situazione in cui vivono e fanno politica i simpatizzanti ed i tesserati di AfD nel loro paese, allo stesso modo in cui i partiti referenti dell’establishment agiscono nei confronti dei loro amici in paesi meno democratici di quelli occidentali. Aspettare non è più possibile.

Marco Malaguti

Ricercatore del Centro Studi Machiavelli. Studioso di filosofia, si occupa da anni del tema della rivalutazione del nichilismo e della grande filosofia romantica tedesca.