di Nathan Greppi

Quando, il 15 agosto, è uscito il teaser trailer del film Maestro diretto e interpretato da Bradley Cooper (noto al grande pubblico per film sia comici come Una notte da leoni che drammatici come American Sniper), alcune delle reazioni non erano quelle sperate: sulla pellicola, incentrata sulla vita del direttore d’orchestra ebreo americano Leonard Bernstein e che verrà presentata il 2 settembre al Festival del Cinema di Venezia, alcuni critici hanno attaccato Cooper per aver utilizzato una protesi al naso che richiamerebbe lo stereotipo antisemita dell’ebreo con il naso adunco.

Il contesto

Gli attacchi nei suoi confronti rientrano in un contesto più ampio, per il quale negli ultimi anni nei paesi anglosassoni ha preso piede la tendenza a far interpretare e doppiare personaggi di determinate etnie o orientamenti sessuali solo da persone simili a loro, per non incorrere nell’accusa di “appropriazione culturale”. Basti pensare che nel 2022, parlando al New York Times del suo ruolo nei panni di un avvocato omosessuale affetto da AIDS nel film del 1993 Philadelphia, Tom Hanks ha raccontato: “Adesso non sarebbe possibile per un eterosessuale fare quello che ho fatto nel film ed è giusto così. La gente chiede autenticità e penso che non riterrebbe autentico un uomo eterosessuale che possa interpretare un gay. Quelli di Philadelphia erano altri tempi”.

Episodi analoghi sono successi anche con gli italiani: quando uscì nelle sale il film d’animazione di Super Mario Bros, ci fu chi contestò la scelta di far doppiare il celebre idraulico dei videogiochi dall’attore Chris Pratt, “reo” di non avere il giusto accento italiano per la parte (e questo nonostante comunque almeno tre dei doppiatori che interpretano la famiglia di Mario e Luigi fossero di origini italiane).

Le accuse

Nel caso di Bradley Cooper, le critiche sono arrivate ad esempio dall’attrice inglese Tracy-Ann Oberman, la quale ha paragonato il suo trucco alla “black face”, quando attori bianchi in vecchi film si pitturavano per sembrare neri, e ha auspicato che al suo posto ad interpretare Bernstein fosse un attore ebreo. Dello stesso tenore Daniel Fienberg, critico televisivo della rivista The Hollywood Reporter, secondo il quale la protesi al naso sarebbe “problematica”.

Figlio di immigrati ebrei ucraini, Bernstein (1918-1990) è considerato uno dei più importanti direttori d’orchestra del ‘900: fu direttore musicale della Filarmonica di New York e direttore dell’Orchestra Filarmonica d’Israele. Anche in Italia ai suoi tempi riscosse un certo successo, al punto da diventare direttore onorario dell’Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia a Roma.

In precedenza, c’erano stati altri casi simili: nel 2022, c’era chi aveva puntato il dito contro il film Golda, biopic sulla vita della premier israeliana Golda Meir che uscirà a breve, perché l’attrice che la interpreta, Helen Mirren, non è ebrea; intervistata dalla rivista Variety, l’attrice Maureen Lipman disse che nel ruolo la Mirren sarà grande. È un’attrice in gamba, sexy e intelligente. […] Ma a mia opinione, ed è solo una mera opinione, se la razza, il credo o il genere di un personaggio ne definiscono la rappresentazione, allora l’etnia giusta dovrebbe essere una priorità”. Fortunatamente, il regista della pellicola Guy Nattiv difese la decisione di scritturare la Mirren, dicendo che era entrata nella parte “con incredibile talento, intelligenza, profondità ed emozione, rendendo giustizia alla ricchezza e alla complessità di questa incredibile donna”.

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Più di recente, in vista dell’uscita del film Oppenheimer sul fisico nucleare che ha creato la bomba atomica, sulla rivista londinese The Jewish Chronicle era apparso un’editoriale che criticava la scelta di fare interpretare un personaggio ebreo da un attore non ebreo, l’irlandese Cillian Murphy.

La difesa

Fortunatamente, proprio nel mondo ebraico ci sono stati anche coloro che, al contrario, hanno preso le difese di Cooper: a cominciare dai figli di Bernstein, Jaime, Alexander e Nina, i quali in un comunicato apparso su X/Twitter hanno spiegato:

“Quando ha fatto questo film su nostro padre, Bradley Cooper ha incluso noi tre in ogni passo di questo emozionante viaggio. Siamo rimasti toccati nel profondo nel constatare l’intensità della sua dedizione, l’amore con cui ha abbracciato la musica di nostro padre, e l’immensa gioia che ha portato nella sua ricerca. Ci spezza il cuore assistere a qualunque interpretazione errata o incomprensione del suo impegno. È vero che Leonard Bernstein aveva un grosso naso. Bradley ha scelto di usare il trucco per aumentare la somiglianza, e per noi va benissimo. E siamo sicuri che anche nostro padre sarebbe stato d’accordo. Qualunque lamentela inopportuna sulla questione ci appare come un ingenuo tentativo di umiliare una persona di successo, una pratica che troppo spesso abbiamo visto nostro padre subire”.

In difesa di Cooper è intervenuta anche l’ADL (Anti-Defamation League), una delle più importanti organizzazioni ebraiche americane, dedita a contrastare l’antisemitismo. “Nel corso della storia, gli ebrei sono stati spesso ritratti in film e nella propaganda antisemita mediante caricature diaboliche che li dipingevano con grossi nasi adunchi”, si legge in un loro comunicato. “Questo film, che è un biopic del leggendario direttore d’orchestra Leonard Bernstein, non rientra in questo caso”.

Anche in Italia c’è chi ha preso le difese dell’attore: in un articolo apparso su La Stampa il 19 agosto, la scrittrice e traduttrice dall’ebraico Elena Loewenthal ha detto che “la polemica sul naso di Bradley Cooper interprete di Leonard Bernstein pare davvero una questione di lana caprina, anzi una falsa questione”. Ha aggiunto che “Bradley Cooper, attore innegabilmente dotato e uomo di innegabile fascino anche lui, ha tutto il diritto di ritoccarsi il naso per entrare nella parte senza per questo dover chiamare in causa intendimenti denigratori o allusioni a presunti tratti somatici frutto di tossici stereotipi”.

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Giornalista pubblicista, ha scritto per le testate MosaicoCultweek e Il Giornale Off. Laureato in Beni culturali (Università degli Studi di Milano) e laureato magistrale in Giornalismo, cultura editoriale e comunicazione multimediale (Università di Parma).