di Simone Billi

Nel 2018 erano circa 50 milioni i mezzi circolanti  in Italia, di cui 39 milioni di auto; le nuove immatricolazioni sono state circa 2 milioni. Il consumo di carburanti dei mezzi circolanti in totale è stato di 33 milioni di tonnellate. Considerando che 1kg di carburante equivale a circa 12kWh, se tutti i veicoli in Italia fossero stati elettrici nel 2018 il parco veicoli nel nostro Paese avrebbe consumato circa 3.670 TWh.

Il consumo totale di energia elettrica (produzione industriale, civile, domestica) in Italia nello stesso anno è stato di circa 321 TWh. Pertanto avremmo dovuto moltiplicare per più di 10 volte la produzione di energia elettrica per avere la quantità sufficiente ad alimentare il nostro Paese e le sue auto elettriche.

Ecco perché lo stop ai motori a scoppio nel 2035, deciso dalla Commissione Europea, è sostanzialmente irrealistico.

Nonostante questo stop riguardi solo le nuove immatricolazioni, negli anni successivi sarebbe comunque difficile garantire la necessaria fonte energetica per alimentare le nuove auto elettriche e, allo stesso tempo, il fabbisogno nazionale per altri scopi. Inoltre, come da più parti sottolineato, l’abbandono dei motori endotermici entro il 2035 comporterebbe un numero considerevole di imprese a rischio in Italia: si parla di circa 450 su 2.198 che compongono la platea della filiera automobilistica, con circa 70mila lavoratori che perderebbero il proprio posto di lavoro.

Ancora, è da considerare che l’impatto delle emissioni di CO2 dei Paesi dell’Unione Europea è pari a circa il 6,4% delle emissioni globali. Quello della Cina è del 27%, degli USA 11% e dell’India 6,6%. Gli scienziati ammoniscono che, senza un accordo fra Pechino e Washington, sarà difficile evitare una pericolosa spirale del cambiamento climatico nei prossimi decenni.

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Pertanto, una consistente diminuzione di emissioni di CO2 solo in Europa non comporterebbe un sostanziale beneficio per l’impatto ambientale a livello globale, mentre provocherebbe enormi danni all’economia, con perdite di decine di migliaia (considerando solo l’Italia) di posti di lavoro, e gravi rischi per l’approvvigionamento energetico del nostro Continente nel suo complesso.

Per tutti questi motivi auspico un ripensamento del Consiglio EU, per una politica più vicina alle reali necessità ed ai problemi dei popoli europei, sul lavoro, sull’occupazione e sullo sviluppo, senza prese di posizione puramente ideologiche.

È necessario spingere al massimo politiche più green anche in Europa, ma fatte con razionalità e visione per il futuro, nell’interesse dei popoli europei e considerando accordi con i maggiori Paesi inquinanti a livello globale, per avere realistici benefici nell’interesse dell’ambiente.

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Deputato eletto alla Camera nella Circoscrizione Estero - Europa. Capogruppo della Lega nella Commissione Affari Esteri e presidente del Comitato per gli Italiani nel Mondo. Laureato in Ingegneria industriale è dirigente nel settore della proprietà intellettuale.