di Giovanni Giacalone

La barbara uccisione a Parigi del docente di educazione civica, Samuel Paty, per mano del terrorista ceceno Abdullakh Anzorov, mostra una serie di fattori dei quali non si può non tener conto se si vuol comprendere in che direzione si sta evolvendo il terrorismo di stampo islamista in Europa e in particolare in Francia. Nel Paese transalpino gli attentati sono infatti ripresi dopo un periodo di silenzio e curiosamente in concomitanza con la politica perpetrata da Macron per contrastare sul piano interno l’islamismo politico e a livello internazionale l’espansionismo di Erdogan nel Mediterraneo.

Al di là dell’agghiacciante dinamica dell’omicidio, con tanto di decapitazione del docente e immagine pubblicata [ATTENZIONE: CONTENUTO SENSIBILE AL LINK] sull’account Twitter dell’assassino, emerge un coinvolgimento propagandistico di quell’islamismo politico che è purtroppo divenuto da anni ormai una costante presenza in Europa e che a livello internazionale è oggi sostenuto da Turchia e Qatar.

Non a caso le autorità francesi hanno proceduto a identificare numerosi utenti che inneggiavano alla vendetta contro chi “insulta Maometto” ed hanno annunciato la chiusura di una serie di associazioni islamiste tra cui il “Collectif Sheikh Yasin”, quest’ultimo fondato nel 2004 in onore del fondatore di Hamas, braccio palestinese dei Fratelli Musulmani, dal predicatore franco-marocchino Abdelhakim Sefrioui, uno degli arrestati degli scorsi giorni per l’omicidio del docente. Sefrioui, già classificato con “Fiche S” dall’antiterrorismo transalpina, è infatti accusato di aver istigato sul web alla mobilitazione contro Paty e di essersi anche presentato a scuola assieme a Brahim Chnina, padre di una delle allieve presenti alla lezione dove il docente ha mostrato le caricature di “Charlie Hebdo”, entrambi arrestati e indicati dagli inquirenti come mandanti morali dell’omicidio.

La parte dei social ha svolto un ruolo fondamentale sia nella fase d’istigazione precedente all’attacco, con post e filmati che hanno martellato il web ma anche immediatamente dopo l’omicidio. Una propaganda che non risparmia neanche l’Italia visto che nella giornata di sabato la pagina web “Siamo fieri di essere musulmani” ha pubblicato un post raffigurante Macron (definito “idiota”) affianco a una moschea e con la seguenti frase: “Allah l’altissimo dice: “Coloro che offendono Allah e il Suo Messaggero sono maledetti da Allah in questa vita e nell’altra: Allah ha preparato per loro un castigo avvilente”. Nel post vengono poi presi di mira cristiani ed ebrei: “Né i giudei e né i nazzareni saranno mai soddisfatti di te, finchè non seguirai la loro religione”.

Questo è esattamente il tipo di propaganda islamista che rischia di istigare ad azioni nocive e che va repentinamente neutralizzata sul nascere.

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Ricercatore del Centro Studi Politici e Strategici Machiavelli. Laureato in Sociologia (Università di Bologna), Master in “Islamic Studies” (Trinity Saint David University of Wales), specializzazione in “Terrorism and Counter-Terrorism” (International Counter-Terrorism Institute di Herzliya, Israele). È analista senior per il britannico Islamic Theology of Counter Terrorism-ITCT, l’Italian Team for Security, Terroristic Issues and Managing Emergencies (Università Cattolica di Milano) e il Kedisa-Center for International Strategic Analysis. Docente in ambito sicurezza per security manager, forze dell’ordine e corsi post-laurea, è stato coordinatore per l’Italia del progetto europeo Globsec “From criminals to terrorists and back” ed è co-fondatore di Sec-Ter- Security and Terrorism Observation and Analysis Group.