di Luca Marcolivio
Si fosse trattato di una partita a scacchi, potremmo dire che si ĆØ conclusa con uno stallo. Non proprio pari e patta ma un sostanziale congelamento di ogni possibile mossa in grado di scuotere il pur fragile equilibrio esistente. La chiamata alle urne del 20 e 21 settembre, nellāinedita accoppiata regionali-referendum, non ha determinato alcun vero vincitore. Il centrodestra migliora nettamente la performance del 2015 e conquista una regione rossa ma ottiene un risultato deludente rispetto alle aspettative pre-voto e anche rispetto alle Europee 2019. Speculare il discorso per il centrosinistra che limita fortemente i danni, scongiurando la perdita della roccaforte toscana. Lāunico vero sconfitto sarebbe, sulla carta, il Movimento 5 Stelle ma ĆØ risaputo che, per loro, alle regionali e alle comunali (salvo rare eccezioni), il bottino elettorale ĆØ sempre stato particolarmente magro; Di Maio in particolare, poi, può intestarsi la storica plebiscitaria affermazione in un referendum che rischia di rivelarsi una vittoria di Pirro. Ć facile prevedere quanto caotiche saranno le trattative nella definizione della nuova legge elettorale, cui, proprio per questo, si sovrappone il rischio di eleggere, a inizio 2022, un nuovo presidente della Repubblica delegittimato dal voto popolare referendario.
Lāesito delle urne conferma comunque la cristallizzazione degli equilibri attuali. Non cāĆØ stato il temuto effetto-Covid, al punto che lāaffluenza ĆØ stata più alta che nel 2015 (quando però si votò in una sola giornata) e complessivamente in linea con il dato delle ultime Europee. Tutti i governatori uscenti sono stati riconfermati, due di loro, Zaia e De Luca, con numeri plebiscitari al di sopra di ogni aspettativa. Vittorie nette anche per Toti ed Emiliano, per quanto la rielezione del governatore pugliese fosse tuttāaltro che scontata. La popolaritĆ e il carisma dei presidenti di Regione ha verosimilmente avuto una valenza trasversale: Zaia ha pescato sicuramente tra i moderati di centrosinistra, cosƬ come De Luca ha attinto nel bacino elettorale del centrodestra. Entrambi, del resto, incarnano, ognuno a modo proprio, lo spirito delle rispettive terre e le peculiaritĆ dei loro popoli. Sia il governatore veneto che quello campano sono stati premiati per la gestione dellāemergenza Covid, a testimonianza di come, almeno per il momento, le politiche sanitarie sembrino essere in cima alle prioritĆ degli elettori, mentre i timori sul fronte scuola, economia e immigrazione sono stati forse sopravvalutati.
Quanto alle due regioni rosse del Centro Italia, si sono ripetute le stesse dinamiche delle ultime elezioni in Emilia Romagna (come la Toscana rimasta al PD) e in Umbria (come le Marche passate al centrodestra). Il sistema clientelare regge laddove riesce a redistribuire un minimo di ricchezza e di lavoro. In particolare in Toscana, gli scandali di Banca Etruria e del Monte dei Paschi sembrano ormai essere acqua passata, tanto ĆØ vero che a Siena Eugenio Giani si ĆØ attestato al 51,4%. Si ĆØ trattato, comunque, della vittoria più risicata (āsoloā 8 punti percentuali) di un candidato presidente in questa regione, anche se, a due anni dalle storiche conquiste dei comuni di Pisa e della stessa Siena, il centrodestra legittimamente sperava nel massimo risultato.
In Campania e Puglia, nel centrodestra ha pesato lāassenza di candidati forti, e si ĆØ caduti, per giunta, nellāerrore di riproporre Caldoro e Fitto, giĆ sconfitti da governatori uscenti, rispettivamente nel 2015 e nel 2005. La regione dāorigine del premier Giuseppe Conte rimane al centrosinistra, con i partiti della maggioranza nazionale intorno al 60%, e ciò di sicuro non indebolirĆ lāesecutivo. Il Nord, al contrario, pende sempre più a destra, come dimostrano anche i risultati di comuni come Venezia, dove ĆØ stato trionfalmente rieletto al primo turno il sindaco leghista Luigi Brugnaro, o di Lecco, dove il candidato di centrodestra Giuseppe Ciresa, al ballottaggio, avrĆ concrete possibilitĆ di porre fine a dieci anni di amministrazione ārossaā.
Risultati che consolidano lāorientamento a destra delle regioni più ricche e produttive del Paese, mentre in una parte considerevole del Mezzogiorno, segnata da crisi economiche e disagi sociali ricorrenti, lāelettorato pare sentirsi più rassicurato da amministrazioni inclini al reddito di cittadinanza o dalla presenza di leader energici, paternalisti e identitari come De Luca, in contrapposizione frontale con il āsalvinismoā e tutto ciò che richiama la cultura e gli interessi del Nord. Se a ciò si aggiunge che la vittoria di Zaia ĆØ emblematica della riscossa dellāautonomismo del Nord-Est, allora diventa più che mai evidente un dato particolarmente sottovalutato dagli analisti post-elettorali: la divaricazione Nord-Sud va oltre le mere statistiche economiche, ĆØ ai massimi storici e, anche in considerazione degli scenari europei e internazionali, rischia di avere conseguenze imprevedibili.
Saggista e giornalista professionista, ĆØ accreditato alla Sala Stampa della Santa Sede dal 2011. Direttore del webmagazine di informazione religiosa "Cristiani Today", collabora con "La Nuova Bussola Quotidiana" e "Pro Vita & Famiglia". Dal 2011 al 2017 ĆØ stato caporedattore dellāedizione italiana di "Zenit".
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