di Shea Bradley-Farrell

(Traduzione da: European Conservative)

La guerra in Ucraina ha offerto l’opportunità di riconsiderare alcuni assunti sulle democrazie che noi, europei occidentali e americani, diamo per scontati rispetto alla sovranità e all’integrità nazionali.

All’inizio, quando la minaccia russa incombeva, abbiamo sentito dire tutte le cose giuste, in particolare per quanto riguarda i confini nazionali. Parlando dell’Ucraina (e non degli Stati Uniti), il Vice-Consigliere per la Sicurezza Nazionale Jonathan Finer ha ricordato al mondo che “si tratta di un principio fondamentale per tutte le nazioni … i nostri confini dovrebbero essere inviolati, la nostra sovranità dovrebbe essere rispettata”. Poi, mentre si avvicinava l’invasione russa, Kamala Harris ha proclamato, a nome della sua amministrazione, che gli Stati Uniti “rispettano l’integrità territoriale e la sovranità dell’Ucraina”, si aspettano che “la Russia faccia lo stesso” e promettono che “a qualsiasi azione aggressiva intrapresa da Vladimir Putin si risponderà con gravi conseguenze”.

A posteriori, tali dichiarazioni erano sterili formule politiche. La cosa non ha sorpreso chi di noi è attento al problema del confine tra Stati Uniti e Messico.

Le parole pronunciate dalla Vice-Presidente degli Stati Uniti Kamala Harris sono state particolarmente scioccanti per molti americani, e francamente dolorose, a causa della palese negligenza e indifferenza della sua amministrazione nei confronti della sicurezza e della sovranità degli Stati Uniti, il Paese che ha giurato di proteggere e servire. Dov’era la minaccia di “gravi conseguenze” per i cartelli messicani che continuano ad attaccare il confine meridionale degli Stati Uniti con numeri record di immigrati clandestini e di droga? Ho trascorso personalmente del tempo al confine, parlando con allevatori, imprenditori e forze dell’ordine. Tutti vi diranno che niente e nessuno attraversa il confine illegalmente, a meno che i cartelli non lo autorizzino e non siano pagati per farlo.

L’anno scorso sono entrati illegalmente negli Stati Uniti due milioni di immigrati; più di quattro volte rispetto all’anno precedente (l’ultimo dell’amministrazione Trump) e numero più alto registrato nella storia degli Stati Uniti. L’anno scorso è entrata una quantità di fentanyl almeno due volte e mezzo superiore a quella dell’anno precedente: il fentanyl è il primo assassino di giovani americani tra i 18 e i 45 anni. E già quest’anno i numeri hanno superato i record precedenti.

Ma, mentre l’amministrazione statunitense taceva sul disprezzo del Messico per l’integrità territoriale e la sicurezza americana, il Presidente Joe Biden giurava, nel discorso sullo Stato dell’Unione, di prestare la sua protezione altrove. Prometteva che, se le forze russe in Ucraina avessero continuato a muoversi verso ovest, gli Stati Uniti avrebbero usato forze aeree, terrestri e marittime per “proteggere i Paesi della NATO”. Nei media americani questa incoerenza è stata largamente ignorata.

In Europa, alcuni Paesi della NATO hanno motivo di considerare con cautela le rassicurazioni del Presidente – in particolare l’Ungheria. Gli unici Paesi della NATO nominati nel discorso presidenziale sono stati Polonia, Romania, Lettonia, Lituania ed Estonia. Stranamente, l’Ungheria è stata omessa dall’elenco. Eppure confina con l’Ucraina. È sia un alleato NATO che un membro dell’Unione Europea. L’Ucraina, pur lottando comprensibilmente per la propria sovranità, non è né l’uno né l’altro.

Siamo portati a chiederci se l’attuale amministrazione statunitense difenderebbe davvero i confini dell’Ungheria in caso di attacco. Si consideri che l’Ungheria non è stata invitata al Vertice per la Democrazia ospitato dagli Stati Uniti lo scorso dicembre, cosa che pone Budapest nella stessa categoria della Russia e della Cina comunista. Si consideri che il Presidente Biden si è impegnato a denigrare il Primo Ministro ungherese Viktor Orbán, definito un “malvivente” totalitario, e che l’amministrazione di Biden continua a minare la sovranità ungherese imponendo per il Paese obiettivi ideologici di sinistra attraverso il Dipartimento di Stato americano.

Ma l’Unione Europea è in mani migliori? Come l’amministrazione Biden, anche l’UE ha giustamente condannato come un “atto illegale” la decisione del Presidente russo Vladimir Putin di inviare truppe russe in Ucraina e si è impegnata a “sostenere senza riserve … la sovranità e l’integrità territoriale dell’Ucraina all’interno dei suoi confini internazionalmente riconosciuti”.

Ma l’UE ha sanzionato uno dei suoi stessi Paesi membri che, al pari dell’Ucraina, ha integrità territoriale e confini internazionalmente riconosciuti. L’Ungheria ha osato rifiutare l’imposizione da parte dell’UE di un’immigrazione incontrollata e illegale, il cui risultato ha comportato enormi oneri per i sistemi sociali ed economici europei.

Non è una sorpresa assistere all’ascesa del nazionalismo in Ungheria; ma è stato contestato come movimento autocratico ed elitario. Nonostante queste critiche, per la quinta volta gli elettori ungheresi hanno dato fiducia al Primo Ministro Viktor Orbán e alla sua alleanza di partiti guidata da Fidesz. In effetti, la lista del partito conservatore ha ricevuto dagli elettori ungheresi più voti di qualsiasi altro partito nella storia dell’Ungheria.

L’Ungheria continua a proteggere la sua cultura, la sua economia e i suoi confini per tutelare le sue famiglie, la sua democrazia e il suo stile di vita. Gli americani desiderano fare lo stesso, non con frontiere chiuse e politiche anti-immigrazione, ma con un’immigrazione controllata e legale.

Perché i cosiddetti dirigenti liberali americani ed europei ritengono che la sovranità dell’Ucraina sia un principio fondamentale e inviolabile, ma considerano la sovranità degli Stati Uniti e dell’Ungheria poco importante, illiberale e nazi-nazionalista? Come ha fatto la Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti ad accettare di dare all’Ucraina un totale di 54 miliardi di dollari per la sua lotta territoriale, quando non riesce a trovare 5 miliardi di dollari per costruire un muro che protegga il confine meridionale degli Stati Uniti?

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Il popolo ucraino va applaudito per come si batte per l’indipendenza, per il coraggio e la sua resistenza. Non voglio minimizzare la sua onerosa battaglia, ma solo sottolineare le incongruenze e la sconsideratezza delle politiche di frontiera aperta e l’arroganza distruttiva dei politici che le promuovono.

Nel 2016, il presidente della Commissione Europea Jean-Claude Juncker ha dichiarato che “i confini sono la peggiore invenzione mai fatta dai politici”. Ma l’argomento per cui i confini sono necessari è del tutto ovvio anche a un sempliciotto. I confini sono come le quattro mura che circondano le nostre case. A casa vostra, la priorità è la protezione della vostra famiglia e delle vostre risorse. A casa vostra chiudete le porte di notte e scegliete con cura chi far entrare.

Eppure, stranamente, dobbiamo continuare a spiegare con pazienza l’importanza dei confini, dell’identità e della sicurezza nazionali, a coloro che credono ciecamente alla narrazione liberale secondo cui tutti i popoli hanno un desiderio intrinseco di condividere equamente le risorse e di vivere pacificamente insieme. Provate proprio ora a chiedere al popolo ucraino se questa ingenua credenza sia vera.

Un malinteso ideale di umanitarismo ha portato i partiti di governo americani ed europei a spingere in modo sconsiderato verso l’apertura delle frontiere, senza considerare i costi o le conseguenze a lungo termine, non solo per il Paese ospitante ma anche per l’afflusso massiccio di immigrati. Né l’UE, che ha incoraggiato l’immigrazione di massa durante la Primavera araba, né gli Stati Uniti, che hanno revocato le politiche dell’era Trump e smesso di far rispettare le leggi sull’immigrazione, hanno predisposto un piano completo per far fronte a un massiccio aumento della popolazione.

In Europa, l’elevato tasso di disoccupazione degli immigrati, la loro povertà, le differenze culturali, le diverse visioni del mondo e la mancanza di integrazione civica contribuiscono alle rivolte, alla violenza e ai disordini nelle comunità di immigrati e alla creazione di comunità o organismi autonomi. Tra queste, le banlieues francesi, le “no-go zones” in Germania e Svezia (dove i cittadini e la polizia hanno paura di entrare), i consigli della Sharia islamica nel Regno Unito.

Negli Stati Uniti, la narrazione bideniana sull’immigrazione “umana, ordinata e sicura” è solo una campagna di disinformazione condotta con un alto livello di inganno dell’opinione pubblica. Come mi ha detto un agente di frontiera in pensione, raramente gli immigrati clandestini decidono di aggirare i cartelli messicani e di attraversare la frontiera “da freelance”, perché “i cartelli li ucciderebbero”.

Questo è anche ciò che ho appreso dalle forze dell’ordine federali: l’80% degli agenti della Pattuglia di Frontiera statunitense in questo momento si occupa di gestire gli immigrati clandestini e non di pattugliare il confine. Le forze dell’ordine nazionali e locali sono state chiamate a rispondere all’enorme ondata di immigrati e di droga e a soccorrere gli immigrati esausti, disidratati, maltrattati o morti – quelli violentati, sfruttati e uccisi dai cartelli.

Ho visto personalmente le case-nascondiglio dove gli immigrati clandestini sono alloggiati dai “coyote” mentre aspettano di essere trasportati all’interno degli Stati Uniti. Là diventano vittime del traffico di esseri umani. Per dirla con le parole di un agente anziano della polizia di frontiera, questi sono luoghi “dove succedono cose brutte”. Solo nel settore della Valle del Rio Grande in Texas, nell’aprile di quest’anno sono stati trovati oltre 125 immigrati morti e sono stati identificati oltre 448 nascondigli.

Cosa c’è di umanitario o anche solo di “umano” in questo metodo insano e illegale di immigrazione? Il desiderio di preservare e proteggere i nostri confini sovrani non è indice di mancanza di compassione, ma piuttosto di saggezza.

L’Ungheria, infatti, è un Paese che abbraccia la compassione e la fratellanza cristiana, anche di recente accogliendo oltre mezzo milione di rifugiati ucraini, dando loro riparo e cibo, e donando oltre mezzo milione di dollari all’Ucraina per le indispensabili forniture mediche. L’assistenza umanitaria dell’Ungheria alle minoranze cristiane nella regione di Ninive in Iraq non ha eguali. Con lo stesso sentimento compassionevole, gli Stati Uniti sono il più grande dispensatore di assistenza umanitaria al mondo.

Il mio intento non è quello di propugnare la chiusura delle frontiere, ma solo di renderle sicure e di fermare la follia di politiche di confine sconsiderate. Per questo motivo, il Counterpoint Institute si è unito a una storica coalizione di dirigenti e organizzazioni per delineare un piano destinato al prossimo Congresso per mettere in sicurezza il nostro confine.

Le politiche di apertura delle frontiere, avviate da un’agenda politica che non tiene conto dei costi per le comunità o per gli immigrati, non giovano a nessuno, tranne forse ai contrabbandieri del confine meridionale degli Stati Uniti, dove gli affari dei cartelli messicani vanno a gonfie vele e dove queste brutali imprese criminali – senza alcun riguardo per la vita umana – si sono rafforzate da quando il Presidente Joe Biden è entrato in carica.

* Questo articolo è un adattamento dell’intervento che l’Autrice ha svolto nell’ambito del CPAC Hungary 2022, il 20 maggio scorso.

Presidente del Counterpoint Institute for Policy, Research and Education (CIPRE), Washington (USA). Ha lavorato come ricercatrice o docente presso American University of Kuwait, Defense Security Cooperation University, George Mason University, Tulane University. B.A. in Commercio internazionale (Auburn University), M.S. e Ph.D. in Sviluppo internazionale (Tulane University).