di Giulio Montanaro

Ogni credenza che il progresso tecnologico condurrà al trionfo del capitale umano su quello finanziario o immobiliare, della competenza oltre il nepotismo, è ampiamente illusorio. La tecnologia è di fatto un driver d’ineguaglianza su vari fronti. L’inarrestabile programma d’automazione minaccia sempre più le prospettive d’impiego umane.

Parole di Thomas Piketty estratte dal suo libro Capital in the 21st Century, previsione tanto reale quanto bisognosa di un evento messianico per evitarla. Ci vorrebbe un miracolo, si direbbe. Seppur, allo stato attuale della società biometrica tecnocratica, come descriveremmo un miracolo, vien da chiedersi? Nell’era tecnocratica abbiamo paura che non sarebbe un azzardo definirlo: “Un fenomeno caratterizzato dall’unione di tecnologie che fonderanno le linee tra le sfere fisiche, digitali e biologiche”.

Il virgolettato non è estrapolato dalla Treccani, né tanto meno dal dizionario De Mauro. Purtroppo, sono parole rubate alla bocca di Klaus Schwab nel contesto di un’intervista sull’avvento della Singolarità e del cambiamento che essa imporrà alla società del futuro. Uno Schwab che nell’intervista si rivolge con tono sarcastico al suo interlocutore chiedendosi se il genere umano sia “effettivamente pronto ad affrontare un tale cambiamento”.

La quarta rivoluzione industriale, digitale, trans-umana

Un cambiamento che ha bisogno della Singolarità quanto del Metaverso, del prossimo Internet Of Things e del Superfast Internet (obiettivo: decuplicare la velocità attuale in pochi anni), tanto quanto la prima ha avuto bisogno del carbone e della devastazione delle consuetudini sociali dell’umanità del tempo. Devastazione sempre più presagibile anche nel futuro immediato. “Come il primo capitalismo industriale spostava il focus dell’esistenza dall’essere all’avere, il post-industrialismo l’ha spostato dall’avere all’apparire”, arguiva il francese Guy Debord negli anni ’50 dello scorso secolo riferendosi alla “Società dello Spettacolo”.

Sulle ali delle interminabili varianti della COVID si palesa infatti sempre più minaccioso lo spettro della tecnocrazia biometrica. Un fenomeno i cui prodromi contemporanei stanno già trasformando la società, spostando il focus dell’essere dall’apparire… al sopravvivere.

Patrick Wood e la Tecnocrazia

Qualche giorno prima del suo ultimo arresto, Steve Bannon aveva ospite su “War Room” Patrick Wood, economista, analista e costituzionalista americano che ha dedicato la vita allo studio della tecnocrazia ed autore, tra gli altri, di Technocracy: The Hard Road to World Order e Technocracy Rising: The Trojan Horse of Global Transformation.

“L’idea – ha sintetizzato Wood – è sostanzialmente di trasformare il mondo e tutta la società e popolazione in un modello meccanicistico dov’è tutto guidato da quello che chiamano modello scientifico. Non c’è altra fonte di verità accettata o considerata… Questa era l’idea quando, negli anni ’30, hanno creato il sistema economico chiamato tecnocrazia e che stiamo vedendo ora mutare nel trans-umanesimo”.

Come riporta anche il Dr. Joseph Mercola, riprendendo un’intervista a Wood del giornalista inglese James Delingpole, la visione di Wood del Great Reset è quella di una sorta di portale verso un nuovo sistema economico, non basato sui comuni meccanismi di prezzo come domanda ed offerta o libero commercio. Tema di cui tratta ampiamente anche Soshana Zuboff nel suo libro Il Capitalismo della Sorveglianza.

“L’economia della tecnocrazia fa fondamentalmente perno sulle risorse energetiche che dettano il tipo di prodotti da realizzare, comprare, vendere e consumare” – ci ricorda Wood. È un regime economico dove l’energia rimpiazza il concetto di moneta come merce ed un regime sociale dove il dogma scientifico rimpiazza il concetto di società fisica come vita. “Il regime scientifico è il peggior scenario possibile – dice Wood – perché liberarsene sarà virtualmente impossibile”. Virtualmente impossibile, quando s’aprirà quella che i baby boomers chiamerebbero “porta inferi” ed i Gen Z “Metaverso”.

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Alvin Toffler: lo choc futuro

Nel suo intervento a “War Room”, Wood cita un estratto di Future Shock di Alvin Toffler, uno dei padri del futurismo americano nonché fonte d’ispirazione anche per il movimento musicale nato a Belleville, Detroit, nei primi anni ì80 e conosciuto come “Techno Music”. Ai non addetti ai lavori potrò suonar bizzarro, ma l’estetica Techno lascia presagire gran parte della società del futuro: “digitale, ossessiva e scarna”, come ci dice la Treccani.

Toffler c’avverte che in futuro (scrive alla fine degli anni ’60, il libro esce nel 1970) “le macchine avranno un tale vantaggio su di noi che saranno in grado di fare cose che a noi umani sembreranno magia”. Viene da pensare ai più recenti sviluppi delle nanotecnologie in ambito militare, che hanno dato vita ad armature antiproiettile capaci d’assorbire l’energia dei proiettili invece di respingerla.

Ma riaffidiamo il timone narrativo all’ideologo della New Right, Steve Bannon:

Ci sono 4 / 5 nuove tecnologie in via di sviluppo. Chip design avanzato, il prossimo livello delle intelligenze artificiali, i robot rigenerativi (robot che creano altri robot, nanobot della grandezza di un atomo per la precisione) e le bio-tecnologie che non sono solo questione di DNA ma anche di enzimi. Il tutto convergerà nella Singolarità, creando sostanzialmente due società completamente diverse.

Come testimonia Bannon, la situazione è in costante evoluzione, dietro le coltri della nuvola pandemica; coltri che faticano sempre più a rarefarsi, devastando e desertificando l’economia e la società finora conosciute.

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Nato a Padova nel 1980, appassionato di lingue, storia e filosofia. Scrive fin da giovanissimo e dal ‘99 collabora con organi di stampa. Ha lavorato nel settore della musica elettronica, distinguendosi come talent scout e agente di alcuni degli artisti più importanti degli ultimi 15 anni. Ha fatto esperienze nella moda e nel tessile e vissuto in nove città differenti. Attualmente vive in Tunisia.