di Giulio Montanaro

Anche il dualismo uomo-tecnologia trova declinazione nell’eterna contrapposizione tra materialismo occidentale e metafisica russa.

Visione e approccio alle tecnologie esponenziali, digitali – quelle che hanno guidato la tecnocrazia e che stanno aprendo la strada al transumanesimo – palesano modelli completamente diversi nei due scenari oggetto di analisi. Ne sintetizzeremo i tratti generali, mettendo in chiaro sin da subito che, se da un lato pare non ci sia scampo alla tecnocrazia, dall’altro forme di evoluzione umana tech-free, non transumane, sono già state preconizzate. E sarebbero esperibili, se solo si riuscisse a liberare le scienze naturali dal giogo del riduzionismo ontologico scientista che le ottenebra da secoli.

Tecnocrazia e transumanesimo in Occidente

Il costituzionalista americano Patrick Wood spiega come, in Occidente, la tecnologia sin dagli anni ’30 sia stata vista come uno strumento per indirizzare, controllare e sorvegliare le masse; e, chiaramente, per creare profitti (Tecnocrazia). Wood ritiene che la società sia ora nel mezzo del guado tra la fase tecnocratica e quella dell’integrazione materiale d’intelligenza biologica e artificiale su scala globale (Transumanesimo).

In Occidente, la tecnologia è sempre più vista come condizione prioritaria, imprescindibile, inevitabile per il futuro dell’umanità. Non può esservi umanità senza tecnologia. Solo la tecnologia potrà permettere all’uomo d’affrontare le prossime sfide biologiche, sociali e spirituali che lo attendono tra future pandemie, guerre e potenziali invasioni aliene dell’ultima ora.

Eticamente e metafisicamente parlando è l’inizio di un percorso di spoliazione progressiva d’ogni velleità umana, al fine di agevolare il soppiantamento dell’identità umana, tradizionale, a favore di quella cyborg.

Velleità che, al momento, come ricordato da uno dei principali cantori del World Economic Forum, il transumanista Yuval Noah Harari, sono tarpate come le ali di un uccello da “droghe e videogames”. E a breve, tra crescita demografica e l’esponenziale incremento del legittimo discontento delle masse, inizierà a essere un problema, capire “che fare, in futuro, con la gente inutile?”.

Nikolaj Fedorov, il cosmismo e l’autotrofia

Alcuni studiosi prendono un colossale abbaglio quando attribuiscono al cosmismo russo la genesi del transumanesimo.

Per la cultura russa la tecnologia è uno strumento complementare, utile ad assecondare l’evoluzione attiva ma, soprattutto, autodiretta dell’uomo. Un’elevazione a uno stato successivo: autonomo da qualsiasi forma d’interazione tecnologica. Anche perciò la tecnologia, nella visione russa, è scevra da connotazioni divine, salvifiche o magiche. Tali attributi sono esclusivo appannaggio del cosmo umano: solo l’uomo, indipendentemente da ogni supporto esterno, può sperare di salvarsi; solo magia e divinità possono offrirgli i giusti strumenti per farlo. È concetto cardine del cosmismo, principio che ha genesi nell’Opera Comune di Nikolaj Fedorov, il “pensatore enigmatico” che ammaliò Fedor Dostoevskij e Lev Tolstoj.

Fedorov parla d’evoluzionismo umano, ma non in accezione transumana, bensì in termini di autotrofia: la capacità dell’uomo di evolvere a uno stato in cui sia in grado di autoalimentarsi, senza aver bisogno d’uccidere, nutrendosi come le piante, sintetizzando l’anidride carbonica.

Vladimir Vernadsky, la biosfera e la noosfera

Fedorov fu di grande ispirazione per moltissimi intellettuali russi; in particolare per Vladimir Vernadsky e Kostantin Ciolkovskij (il padre della cosmonautica). Tali autori furono tra i primi a comprendere il bisogno di un’esegesi filosofica della fantascienza.

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I due, riprendendo il percorso di Fedorov, indagarono ulteriormente l’idea che l’uomo avrebbe, prima, o poi, esaurito le risorse naturali del pianeta, dovendo trovare un modo di rendersi autosufficiente o un altro pianeta da abitare. Ed è qui che entra in gioco il concetto di noosfera di Vernadsky, in relazione a quello di biosfera, entrambi essenziali ai fini della presente analisi tanto quanto il concetto fedoroviano di autotrofia.

È lecito presumere che l’idea di noosfera fu acquisita da Vernadsky tramite l’intellettuale francese Teilhard de Chardin: l’autore russo la formulò, infatti, al ritorno da un viaggio in Francia nel 1926. Con essa entrambi intendevano l’intelletto come uno strato pensante, risultante dal diffondersi del gruppo zoologico umano, al di sopra e in discontinuità con la biosfera. Un postulato necessaria espressione di un meccanismo planetario della crosta terrestre, che evidenzia l’influenza della vita sull’andamento della realtà umana, la non casualità dell’esperienza fisica e il suo portato cosmico.

Vernadsky aveva compreso l’esistenza di cicli chimici che collegano tutti gli organismi viventi, dai microorganismi al terreno all’atmosfera. Tutti i meccanismi del pianeta (animali, vegetali e atmosferici) formano un immenso unico sistema regolato dai cicli di carbonio, idrogeno, azoto e ossigeno.

È stato notato (e confermato dal diretto interessato, James Lovelock) il debito che l’Ipotesi Gaia, del pianeta come un organismo vivente auto-organizzato, ha nei confronti delle teorie di Vernadsky. Teorie che, infatti, dopo essere state riviste, sono erroneamente collocate ora alla base della stragrande maggioranza delle narrative socio-capitaliste sul cambiamento climatico.

Vernadsky propugnava un pensiero evolutivo attivo, consapevole della natura cosciente-creativa e attivamente in crescita, dell’uomo; il cui scopo non è il cambiamento della natura circostante, quanto della sua stessa intima natura. Il fine del cosmismo è risvegliare e sviluppare il potenziale umano e preservare l’uomo dall’estinzione o dalla sostituzione; trovare uno sbocco naturale per affrancarsi da risorse esterne, riuscendo a evolvere a uno stadio d’autonomia nutrizionale e spirituale.

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Nato a Padova nel 1980, appassionato di lingue, storia e filosofia. Scrive fin da giovanissimo e dal ‘99 collabora con organi di stampa. Ha lavorato nel settore della musica elettronica, distinguendosi come talent scout e agente di alcuni degli artisti più importanti degli ultimi 15 anni. Ha fatto esperienze nella moda e nel tessile e vissuto in nove città differenti. Attualmente vive in Tunisia.