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Mostrare il proprio supporto alla causa palestinese. Colpire il commercio internazionale e la libertà di navigazione nel Mar Rosso. Costringere le navi commerciali occidentali a circumnavigare l’Africa facendo schizzare i costi di trasporto e assicurativi. Assestare un duro colpo alla capacità di deterrenza americana ed europea nello Stretto di Bab el-Mandeb, mettendo in crisi la stabilità delle rotte marittime. A poco più di un anno dal 7 ottobre e dalla carneficina di Hamas compiuta nei villaggi e kibbutz israeliani, l’azione di disturbo degli Houthi nel Mar Rosso continua. E gli obiettivi rimangono gli stessi.
Gli attacchi degli Houthi non si fermano
Secondo l’organizzazione non governativa ACLED, specializzata nella raccolta dati e nella mappatura dei conflitti nel mondo, dal novembre dello scorso anno al settembre 2024 il gruppo yemenita filo-iraniano ha rivendicato più di 130 attacchi a navi mercantili e militari occidentali. Dopo l’attacco alla petroliera Sounion gestita dalla Grecia, i premi per il rischio assicurativo per le navi che navigano nel Mar Rosso sono aumentati dallo 0,7% fino al 2% del valore di una nave. Mentre il traffico commerciale nel Mar Rosso – che un tempo rappresentava il 10% dell’intero commercio marittimo mondiale – a settembre è diminuito del 56% se comparato allo stesso periodo dell’anno scorso. Stessa sorte è accaduta nel Canale di Suez, snodo vitale per l’economia globale, da cui prima del 7 ottobre 2023 passava circa il 15% del volume del commercio marittimo globale. A luglio, l’Autorità del Canale di Suez ha dichiarato che i ricavi sono diminuiti di quasi un quarto nell’ultimo anno finanziario passando da 9,4 miliardi di dollari per l’anno fiscale 2022-2023 ai 7,2 miliardi di dollari per l’anno fiscale 2023-24.
Via libera alle navi di Cina e Russia
Allo stesso tempo, i militanti non hanno cessato gli attacchi diretti contro Israele: lunedì 7 ottobre, nell’anniversario della strage, hanno lanciato due missili su Giaffa ed Eilat, intercettati dall’Aeronautica militare israeliana. Gli Houthi (termine con cui si indica il movimento sciita zaidita dello Yemen Ansar Allah, i “partigiani di Dio”) sono parte del network di agenti di prossimità legati a Teheran che ha dichiarato guerra allo Stato ebraico a seguito dell’azione terroristica di Hamas e della conseguente risposta israeliana. Privi di una loro marina militare, hanno condotto le azioni di contrasto nel Mar Rosso attraverso l’utilizzo di missili e droni, scagliati verso le navi accusate di avere legami con Israele e i suoi alleati. Spesso gli attacchi hanno coinvolto anche imbarcazioni di paesi estranei al conflitto. Questa azione di disturbo è così sofisticata sotto il profilo strategico da non coinvolgere gli avversari degli Stati Uniti. Ad inizio anno gli Houthi hanno comunicato a Cina e Russia che non avrebbe preso di mira le loro navi, garantendo un passaggio sicuro. Anzi, il portale Middle East Eye ritiene che ufficiali dell‘intelligence militare russa siano stati inviati nello Yemen per assistere gli Houthi nel colpire le navi commerciali nel Mar Rosso. Segno di una crescente convergenza tra potenze revisioniste – Iran, Russia, Cina – dell’ordine internazionale a guida americana.
La missione Aspides dovrebbe cambiare
Gli Houthi da un lato agiscono per compattare il fronte interno e per mostrare al protettore iraniano di rappresentare l’avanguardia del cosiddetto “Asse della Resistenza” nello scontro con Israele. Dall’altro lato utilizzano la carta della difesa delle ragioni dei palestinesi come patina propagandistica di un obiettivo più strategico: minacciare la stabilità delle rotte commerciali e mettere in crisi il controllo americano del cruciale collo di bottiglia di Bab el-Mandeb. È per questo che è nata “Prosperity Guardian”, una missione attraverso cui in questi mesi Stati Uniti e Regno Unito hanno condotto diversi raid contro depositi di armi e siti di lancio di missili degli Houthi all’interno del territorio yemenita. Gli attacchi dovrebbero servire a ripristinare la deterrenza americana e a garantire la libertà di navigazione. Ma come abbiamo visto, per adesso, i risultati sono stati abbastanza modesti. Altro problema riguarda la missione navale europea Aspides, di cui l’Italia, ad agosto, ha assunto per la seconda volta il comando tattico. L’operazione – a cui partecipano, tra gli altri, Germania, Francia e Grecia – “ha compiti di natura difensiva contro gli attacchi in mare” si legge dal sito del ministero della Difesa italiano. Tradotto: non si possono attaccare preventivamente le postazioni da dove partono i missili e i droni degli Houthi che mettono a repentaglio la sicurezza della nostra Marina. Controsenso derivante anche dall’inesistente soggettività geopolitica dell’Unione Europea e dall’obsolescenza di alcune parti della Costituzione italiana.
(Foto: AhlulBayt News Agency)
Giornalista e analista geopolitico, lavora per un'agenzia di comunicazione e scrive per "Il Caffè Geopolitico". In precedenza ha avuto esperienze con Mediaset, Institute for Cultural Relations Policy (Ungheria) e European Public Law Organization (Grecia). Dottore magistrale in "World politics and international relations" (Università di Pavia) con un master in Giornalismo (Università Cattolica di Milano).
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