di Maria Alessandra Varone

Aristotele era convinto che, essendo l’intelletto umano finalizzato al raggiungimento della verità, esso non potesse mai sbagliare completamente; al contrario, sarebbe stato sempre condannato a dir sempre, anche nel falso, qualcosa di vero. Una affermazione drastica, ma utile, che può aiutare molto, se si è disposti a guardare più da vicino.

I giovani sanno che qualcosa manca (ma non sanno cosa)

Quando si affronta il discorso sui giovani in Italia, in particolare sui liberal-progressisti, si arriva alla conclusione che il problema sia delle nuove generazioni, della loro incapacità, a differenza di quelle che le hanno precedute, di saper cogliere la bellezza, il rispetto, il sacro. In realtà non è così, come sottolinea Lorenzo Bernasconi nel suo articolo Sconfiggere il wokismo con il pensiero forte; e in questo lo segue anche Francesco Borgonovo, che, nel suo intervento al convegno Cultura e Identità, organizzato dal Centro Machiavelli alla Camera dei Deputati il 12 aprile 2023, ha fatto delle considerazioni fondamentali:

C’è tanta bellezza nelle giovani generazioni italiane, il più sta nel dargliela. […] Nelle serie Tv, nella musica, i giovani oggi si appassionano a generi che parlano di forza fisica, lealtà al gruppo, comunità, coraggio, verticalità. Mondato dall’ambientazione criminale, ciò che resta sono i valori tradizionali. Questo è ciò che attira i giovani, ma noi non vogliamo darglieli in prodotti positivi. Eppure, la Rai potrebbe farlo.

Una impostazione, questa, che fu propria anche di Benedetto XVI, il quale, già nel 2012, in un incontro pastorale a Loreto, mostrò come il desiderio di infinito fosse lampante anche nelle tragedie dei giovani, come la droga:

La sete di infinito che c’è nei nostri cuori si dimostra proprio nella realtà della droga. L’uomo vuole allargare lo spessore della vita, avere di più della vita, avere l’infinito. Ma la droga è una menzogna, una truffa, perché non allarga la vita, ma distrugge la vita.

Si potrebbero fare numerosissimi esempi che sostituiscano la parola “droga” ma che pure lascino il senso del testo intatto, e così il suo concreto risultato grottesco: il desiderio di bellezza, che però distrugge l’arte; la volontà di fare il bene, che si trasforma nel danno al prossimo; il desiderio di libertà, che diventa una schiavitù mentale e carnale. Dagli ecologisti alle sostenitrici dell’utero in affitto: tutti cadono, ancora aristotelicamente parlando, sotto questa categoria, che, nel nostro discorso, è una sola, non dieci, come per il filosofo di Stagira: il desiderio di bellezza, intesa nel suo senso più ampio, esteso e popolare, e quindi di felicità.

Destra e sinistra, contrari ma uguali

Ma c’è qualcosa di positivo nella narrazione distruttiva del liberal-progressismo, qualcosa che né la destra liberale né quella conservatrice hanno: l’azione concretizzata, vivente. Giovani che in tutta Italia si riconoscono in quel grande sistema dell’identità liquida, dei desideri confusi con i diritti, e che tuttavia agiscono. C’è solo un elemento comune, uno punto di contatto tra le due polarità: la riproposizione costante degli esiti della Seconda guerra mondiale come criterio di demarcazione tra amico e nemico: fascista o antifascista. L’Italia, e di questo si deve prendere atto, si trova tra questi due estremi: una narrazione volta al passato, che lo propone come oasi ideale, fino al 1789, a cui fare ritorno, e qui sono posizionati conservatori e reazionari, ed una volta al futuro, dove siedono gli ecologisti. Tra i due estremi, il passato prossimo: la caduta del fascismo, la vittoria degli Alleati. Qui si trova il bacino di quel linguaggio comune che rende il dibattito sterile in partenza, perché le istanze chiamate in causa non hanno corrispettivo effettivo nella realtà. Tuttavia, questo è anche il punto a partire dal quale i conservatori e i progressisti si separano, perché questi ultimi, a differenza dei primi, agiscono. Fatta eccezione per quest’ultimo punto, però, è interessante vedere quanto i due estremi siano sovrapponibili. La destra adotta la Dugina come martire del conflitto russo-ucraino, la sinistra chiama in causa la Politkovskaja come vittima del dispotismo di Putin; il 25 aprile la destra ricorda le nefandezze dei partigiani, la sinistra quella dei fascisti; la destra prega Dio, la sinistra lo Stato; la destra vuole salvare l’Italia, la sinistra il mondo. Se nei metodi sono uguali, evidentemente lo sono anche nei desideri. Riprendendo le parole di Borgonovo, si potrebbe offrire qualcosa di alternativo a quanto di proposto della sinistra, che soddisfi questo desiderio di bello, di infinito, di buono, e che si possa così trasformare in azione: è fondamentale sapere che questo è possibile, per quanto arduo, ed è proprio questo, alla fine della fiera, a dover imporre una riflessione seria, con desiderio risolutivo e costruttivo e non semplicemente polemico e distruttivo.

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Quale può essere, allora, la via per sovrastare l’ondata liberal-progressista? La logica o la retorica? La risposta è probabilmente nella seconda, perché ogni giorno assistiamo ai fallimenti della prima. Non si risponde alla retorica con la logica, ma con una retorica altrettanto se non più efficace. Un primo passo potrebbe essere quello di uscire dalle condizioni della sinistra, che è quella da vinti, per cui la destra, si dovrebbe sempre comportare meglio. Essa deve sottrarsi a questo giogo e ritrovare la legittimità in se stessa, solo così può riuscire ad imporsi come autonoma e a proporre, nel tempo, una alternativa credibile e realizzabile, che possa contrastare il liberal progressismo, ma anche i disillusi, cercando di ritrovare un linguaggio ed una identità in cui possano ritrovarsi tutti gli italiani che vivono questo nostro evo, fatto di romantici senza un romanticismo, desideranti il tutto che non trovano che un mero nulla, perché gli idoli non bastano più, non bastano mai. Infatti, è tutto un gridare un Io voglio! e null’altro. Ed è da questo che si deve partire: non dai massimi sistemi, ma dai minimi, per arrivare, però, a quelli massimi, anzi, supremi.

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Laureata in Filosofia e laureata magistrale in Scienze Filosofiche all'Università degli Studi Roma Tre, attualmente è dottoranda presso il medesimo ateneo per il curriculum "Filosofia analitica e scienze empiriche". I suoi interessi di ricerca sono rivolti alla metafisica e alla storia della scienza in Europa tra Settecento e Ottocento.