di Márton Sulyok

(Traduzione da: Corvinak)

Una delle notizie più significative che si trovava nella stampa internazionale la scorsa settimana era questa: il problema dello Stato di diritto in Polonia è finito e che sta iniziando una nuova era, in cui ai polacchi sarà concesso l’accesso al Fondo nazionale di ripresa da 36 miliardi di euro.

Ma da dove siamo partiti e dove siamo finiti? Per molti decenni, il concetto di Stato di diritto è stato un elemento fondamentale nella dottrina del diritto costituzionale europeo, ed è stato un fattore determinante nella riflessione del diritto costituzionale ungherese dopo il cambio di regime. Forse non è un caso che la nota saggezza popolare reciti: “Le cose buone arrivano a coloro che aspettano”. Varga Zs. András Varga ha dedicato un intero libro alla questione se l’antico ideale che ha definito il diritto costituzionale ungherese negli anni ’90 non sia diventato un idolo, portando con sé i dannosi sottoprodotti dell’idolatria.

La questione dominante degli ultimi anni nell’arena costituzionale e politica europea (ammesso che le due possano essere separate) è stata il concetto di Stato di diritto e il suo contenuto (ne ho scritto qui e sui cosiddetti meccanismi dello Stato di diritto qui). Uno di questi è la fonte di diritto dell’UE nota come “Regolamento sulla condizionalità”, sulla cui base la Corte di giustizia dell’Unione europea si è pronunciata il 16 febbraio 2022 in una procedura accelerata nella causa intentata da Ungheria e Polonia. Il ricorso è stato respinto dalla CGUE; a seguito di ciò, il 27 aprile la Commissione ha avviato il cosiddetto meccanismo di condizionalità di bilancio contro l’Ungheria ai sensi del Regolamento.

Ma prima di esaminare più da vicino il significato di questo meccanismo, vale la pena di tornare indietro nel tempo e nello sviluppo del diritto dell’UE.

Il dibattito non ha mai riguardato se lo Stato di diritto sia un elemento essenziale dei sistemi costituzionali europei.

Il dibattito verte piuttosto sulla possibilità che lo Stato di diritto abbia un contenuto uniforme che copra tutti gli Stati membri e, in caso affermativo, su chi possa definirlo. Un altro modo di vedere la questione è chiedersi se lo Stato di diritto sia un concetto giuridico dell’UE, a cui le istituzioni europee danno sostanza. Dopo tutto, negli ultimi decenni lo Stato di diritto non è appartenuto come concetto principalmente all’UE. È stato sviluppato dagli Stati membri (organi di interpretazione costituzionale e studiosi di diritto) come principio guida e complesso di requisiti. Solo in seguito è diventata una questione centrale nell’Unione Europea.

Come requisito fondamentale per l’organizzazione costituzionale degli Stati membri, è sancito dal Trattato sull’Unione europea (TUE). Secondo l’articolo 2, “l’Unione si fonda sui valori del rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze. Questi valori sono comuni agli Stati membri in una società caratterizzata dal pluralismo, dalla non discriminazione, dalla tolleranza, dalla giustizia, dalla solidarietà e dalla parità tra donne e uomini”. Ai sensi dell’articolo 7 del TUE, il Consiglio, deliberando a maggioranza dei quattro quinti dei suoi membri, previa approvazione del Parlamento europeo, su proposta motivata di un terzo degli Stati membri, del Parlamento europeo o della Commissione europea, può stabilire che esiste un rischio evidente di grave violazione dei valori di cui all’articolo 2 da parte di uno Stato membro.

Il diritto dell’Unione europea stabilisce quindi a livello fondamentale, nei Trattati istitutivi, una procedura da seguire in caso di violazione dello Stato di diritto.

Nel dicembre 2017, la Commissione europea ha avviato una procedura ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, del Trattato UE contro la Polonia per il rischio di violazione dello Stato di diritto e dei valori dell’UE, mentre il Parlamento ha avviato la stessa procedura contro l’Ungheria nel settembre 2018. In seguito, tuttavia, il Consiglio non ha seguito la procedura dell’articolo 7, ma i rappresentanti dei Paesi interessati sono stati ascoltati in diverse occasioni. Il procedimento avviato in base ai Trattati dell’UE non ha quindi stabilito che gli Stati membri interessati abbiano violato un obbligo dell’UE.

A ciò ha fatto seguito il già citato regolamento sulle condizionalità, che non lega più la facoltà di iniziativa ad alcuna norma di garanzia, e la procedura è ora quasi interamente di competenza della Commissione europea: è quindi diventata puramente politica. L’obiettivo del regolamento è quello di consentire alla Commissione di trattenere i fondi dell’UE se ritiene che lo Stato di diritto sia stato violato in uno Stato membro. Il regolamento è giustificato dal fatto che mira a tutelare gli interessi finanziari dell’Unione e pertanto trattiene le risorse di bilancio solo nei casi in cui la violazione dello Stato di diritto è direttamente collegata all’uso dei fondi dell’UE. Tuttavia, la Commissione ha il potere di determinare quando ciò sia il caso.

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Ma vediamo come funziona il procedimento stesso:

1. La Commissione constata una violazione dello Stato di diritto

Se la Commissione ravvisa motivi ragionevoli per ritenere che vi sia una violazione dello Stato di diritto ai sensi del regolamento, invia una notifica scritta allo Stato membro interessato, a meno che non reputi che altre procedure previste dal diritto dell’UE le consentano di tutelare il bilancio dell’UE in modo più efficace, indicando gli elementi di fatto e i motivi specifici su cui basa le sue conclusioni. La Commissione informa immediatamente il Parlamento europeo e il Consiglio di tale notifica e del suo contenuto.

2. La Commissione presenta al Consiglio una proposta di azione ai sensi del presente regolamento.

Se la Commissione ritiene che vi sia una violazione dello Stato di diritto e che le eventuali misure correttive adottate dallo Stato membro non rispondano adeguatamente alle conclusioni della sua notifica, presenterà al Consiglio una proposta di esecuzione sulle misure appropriate. La proposta deve indicare le ragioni specifiche e le prove su cui si basano le conclusioni della Commissione.

3. Decisione del Consiglio di applicare una misura

Il Consiglio adotterà la cosiddetta decisione di esecuzione entro un mese dal ricevimento della proposta della Commissione. In circostanze eccezionali, il termine per l’adozione della decisione di esecuzione può essere prorogato di un massimo di due mesi. Il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata, può modificare la proposta della Commissione e adottare il testo emendato mediante una decisione di esecuzione.

L’articolo 5 del regolamento mette a disposizione della Commissione un’ampia gamma di sanzioni finanziarie, che vanno dalla riduzione dell’importo dei fondi UE alla sospensione della loro erogazione.

La procedura prevista dal regolamento sulle condizionalità può quindi essere definita come avente due caratteristiche principali. Da un lato, il concetto di Stato di diritto è pienamente identificato come concetto del diritto dell’UE, sulla base dell’articolo 2 del TUE, e pertanto la Corte di giustizia dell’Unione europea è l’interprete autentico del concetto. Di conseguenza, a differenza dei decenni passati, in futuro sarà competenza della CGUE determinare il contenuto dello Stato di diritto. D’altra parte, lo Stato di diritto e i suoi requisiti appariranno in futuro più come un concetto politico con implicazioni finanziarie che come un elemento costitutivo della dottrina e della giurisprudenza costituzionale.

Che cos’è lo Stato di diritto? Inizialmente, dopo l’esperienza della Seconda guerra mondiale, se ne parlava come di un principio guida per lo sviluppo dei sistemi costituzionali europei, compresi gli Stati post-sovietici. Come uno stadio da raggiungere, un obiettivo a cui tutti gli Stati hanno il dovere di aspirare. Da qui l’approccio ideale. Alla luce delle tendenze degli ultimi anni e del modo in cui il concetto di UE sta prendendo forma su tale base, alla fine tale ideale si sta trasformando in un idolo “assolutizzato” in linea con gli obiettivi politici. Per il futuro (ovvero l’inizio della fine?), è certamente indicativo il fatto che, se guardiamo alla citata decisione della CGUE e al regolamento sulla condizionalità, le fonti giuridiche pertinenti e l’attuale retorica politica europea prevalente enfatizzano sempre più i valori dell’articolo 2 del TUE, di cui lo Stato di diritto è solo una componente, e quindi non stiamo più parlando della stessa cosa.

Di fatto, lo rule of law (Stato di diritto) dell’ideale nazionale sembra essere sostituito dal rule of European law (Stato di diritto europeo).

Capo del Dipartimento Diritto Pubblico del Mathias Corvinus Collegium (MCC) di Budapest, Ungheria.