di Andrea Bandelli

Intel ha purtroppo deciso di localizzare il grosso della capacità produttiva aggiunta in Europa nel nuovo stabilimento in Germania. Il suo nuovo centro di ricerca sarà invece in Francia, riservando all’Italia soltanto una parte marginale e poco significativa delle attività dell’intero processo produttivo di chips. In questi ultimi mesi un’altra multinazionale, la TSMC corporation di Taiwan, il più importante produttore al mondo di microchips, sta pianificando e valutando l’apertura di un nuovo impianto produttivo in Europa. La scelta su dove localizzarlo è tra le due più importanti economie manifatturiere d’Europa, la Germania e l’Italia. Che non può permettersi di perdere anche questa ulteriore occasione: l’impianto prevede nei prossimi anni investimenti fino a 10 miliardi di euro e la creazione di diverse migliaia di posti di lavoro tra diretti e indotto.

Anche TSMC, come Intel e come altre multinazionali, sta cercando di ridefinire le proprie filiere produttive spostando capacità produttiva dai Paesi dell’Estremo Oriente (dove la forte influenza della Cina, le strozzature nei canali logistici dovute alla pandemia prima ed alla guerra tra Ucraina e Russia poi non garantiscono più tempi e costi di consegna accettabili, specie per le aziende europee e nord americane che rischiano lo stop dell’attività nei loro stabilimenti per mancanza di semilavorati). Oppure creando capacità produttiva aggiuntiva in Paesi cosiddetti “amici”, come suggerito dalla Segretaria al Tesoro americano Janet Yellen durante un incontro all’Atlantic Council a Washington qualche settimana fa.

Nell’ambito del bilancio di TMSC, che prevede nei prossimi tre anni investimenti per oltre 100 miliardi di euro, circa il 10% è riservato ai piani di sviluppo della capacità produttiva in Europa. Essa rappresenta un importante mercato per i produttori di circuiti integrati, vista la massiccia presenza di distretti industriali che – a causa della crisi pandemica – hanno già subito rallentamenti dell’attività produttiva e che adesso, con la guerra alle porte, hanno estrema necessità di vedere rispettati i tempi di consegna dei fornitori per restare operativi, competitivi e credibili sui mercati internazionali.

A determinare la scelta del Paese in cui localizzare il nuovo impianto, oltre ai fattori attrattivi di tipo ambientale (la presenza di distretti tecnologici, di università e centri di ricerca, di un numero sufficiente di personale qualificato da impiegare, ecc.) ed infrastrutturale che ciascun Paese può offrire, peseranno anche le risorse che i due contendenti decideranno di mettere a disposizione per favorire l’investimento.

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Lo scorso mese di febbraio Bruxelles ha approvato il così detto “Chips Act”, un provvedimento che in sostanza autorizza ciascun Paese europeo a emettere provvedimenti e stanziare risorse a sostegno di iniziative che comportino insediamento di nuova capacità produttiva nel settore, a condizione però che si tratti di produzioni “first of a kind”. Grazie ad esso anche l’Italia potrà decidere, qualora ne ricorrano le condizioni di applicazione, se e in che misura sussidiare l’iniziativa di TMSC.

In termini di nuovi occupati sia diretti sia dell’indotto, di PIL incrementale e nuovi redditi, rappresenta una opportunità da cogliere attivando tutti i canali istituzionali e le sinergie necessarie tra ministeri competenti e le istituzioni locali. Riproponendo, seppure in parte ed in mancanza di un provvedimento complessivo, le misure indicate nel “Piano straordinario di rimpatrio produttivo e societario” redatto e pubblicato dal Centro Studi Machiavelli. In un momento come quello che stiamo vivendo, dove in quasi tutti i settori si sta ridefinendo a livello globale la localizzazione delle catene del valore e delle filiere produttive, dobbiamo creare tutte le condizioni perché il nostro sia un Paese maggiormente attrattivo per le aziende rispetto ai competitori. Per cogliere questa che potrebbe essere una delle ultime opportunità che la storia ci offre per recuperare una buona parte della capacità produttiva che abbiamo delocalizzato negli ultimi venti anni e che oggi è in cerca di Paesi maggiormente sicuri ed affidabili in cui trasferirsi e creare plusvalore.

Sono queste le partite importanti nelle quali si costruisce il futuro di un Paese e nelle quali le istituzioni devono svolgere al meglio il loro ruolo, al fine di raggiungere l’obiettivo: assicurarsi l’insediamento di nuovi stabilimenti produttivi sul proprio territorio nazionale.

Per il Centro Studi Machiavelli è responsabile del programma di ricerca su "Reshoring e rilocalizzazione d'impresa". Laureato in Economia (Università degli Studi di Firenze), Dottore Commercialista, Revisore legale e socio fondatore di uno Studio professionale specializzato in consulenza societaria e fiscalità nazionale ed internazionale.