Domani, degli uomini potrebbero decidere di stabilire il fascismo,
e altri potrebbero essere cosรฌ vili e codardi da lasciarglielo fare.
In quel momento, il fascismo sarร la veritร umana,
e dunque tanto peggio per noi.
In realtร , le cose saranno quelle che
gli uomini avranno deciso che saranno
Jean-Paul Sartre,
Lโesistenzialismo รจ un umanismo, 1945
Avevamo concluso il nostro ultimo scritto parlando di educazione. Lโattacco francofortese al concetto di autoritร partiva fin dalle fondamenta di essa: famiglia e figura paterna, per traslarsi soltanto piรน tardi nellโambito politico. Lo stadio intermedio, la cinghia di trasmissione tra i due ambiti, non poteva che essere quello della pedagogia.
Nella conclusione a Masochismo e autoritร , Erich Fromm aveva ricordato come il moderno sistema pedagogico dovesse uscire da unโottica verticale per porsi su di unโottica orizzontale, con un rapporto dialogico con il giovane che ponesse la pedagogia al suo servizio e non al servizio dellโautoritร . Lโidea di un rapporto dialogico col mondo uscirร molto presto dallโambito pedagogico per assumere poi una vera dimensione politica e filosofica. Il pensiero del francofortese Marcuse, che ne Lโuomo a una dimensione sosteneva la ripresa di una prassi gramscista nella quale minoranze e intellettuali giocassero ruoli chiave nel dibattito politico (e dunque nella costruzione di una nuova societร ), fu decisivo nel lancio di quella che sarร poi la cosiddetta filosofia postmoderna, il cui iniziatore รจ considerato Jean-Franรงois Lyotard.
Nel testo fondante del postmodernismo, La condizione postmoderna, edito nel 1979, il tema della discussione che si sostituisce alla presa di visione dogmatica della realtร diventa un elemento fondamentale della critica agli assetti sociali allโepoca dominanti. Lโoperazione di decostruzione di Fromm non doveva quindi rimanere limitata al solo ambito pedagogico, ma doveva essere trasferita come approccio generale a tutta la realtร . Lyotard, pur riconoscendo la tesi di Fromm che individuava lโapprendimento come momento egemonico nella creazione degli assetti sociali, poneva perรฒ al microscopio lo strumento stesso dellโapprendimento, fino ad allora abbastanza trascurato: il linguaggio; riformare lโapprendimento dal punto di vista metodologico senza curare la riforma del linguaggio era, nella visione postmoderna, completamente inutile.
Secondo Lyotard, il linguaggio sarebbe la chiave di volta dallโintera esistenza umana, in quanto esso, se legittimato, deterrebbe il potere reale di creare la realtร stessa (come nel caso di un rettore che proclama lโuniversitร aperta). Questo enunciato, che Lyotard definisce performativo, altro non sarebbe che uno dei tanti giochi linguistici nei quali il linguaggio umano sarebbe articolato. Tali โgiochiโ sarebbero la base della comunicazione, ma Lyotard li pone piuttosto in chiave di โsfidaโ, in un agรดn. In ottica postmoderna la comunicazione altro non sarebbe che una serie di mosse e contromosse tra interlocutori, volte a creare un vicendevole โspiazzamentoโ; ne consegue che lโavanzata del postmodernismo, che Lyotard descrive come un processo storico ineluttabile, piuttosto che come una sua personale tesi, comporterร il passaggio delle funzioni di potere dai politici strictu sensu ai padroni delle informazioni e del linguaggio, in quanto letteralmente architetti degli strumenti dellโapprendimento.
Nellโottica del tramonto delle grandi narrazioni, lโattacco decisivo contro la presunta dittatura della โrealtร โ, cui si opponeva la โdiscussioneโ, viene portato ovviamente nellโambito piรน allergico alla discussione possibile: il sapere scientifico. Lyotard pone come esempio della prassi postmoderna la tesi copernicana che vuole orbite planetarie circolari: per essere accettata tale tesi, si deve presumere che innanzitutto Copernico dica il vero, poi che il destinatario sia in grado di comprendere la tesi che ascolta e infine che la traiettoria planetaria come descritta sia espressa da Copernico in modo conforme alla propria natura. Il problema sorge dal fatto che โciรฒ che dico รจ vero perchรฉ lo provo, ma chi prova che la mia prova รจ vera?โ1. Dallโimpasse si uscirebbe rimarcando che le prove visive dimostrano la tesi copernicana, ovvero ricordando che io posso provare qualcosa perchรฉ la realtร รจ come io la descrivo, ma in veritร โpoichรฉ io posso provare, si puรฒ pensare che la realtร sia come io la dicoโ. Si tratta di una differenza essenziale, perchรฉ il valore ipotetico dal verbo potere implica, ancora, una legittimazione, un consenso, ovvero una discussione, che perรฒ sottrae la realtร dalla sua brutalitร autoritaria.
Nellโimportanza peculiare del consenso va ricordata anche lโossessione postmoderna per il controllo dei mezzi responsabili alla sua moltiplicazione: chi controlla linguaggio vince tutto. In questo clima di relativismo, dove il primato discorsivo si avventa sullโautoritarismo della veritร , i postmoderni spostano dunque la lotta contro il cosiddetto microfascismo (Foucault), ovvero la natura stessa dei legami tra parole e piccoli gesti quotidiani che sarebbero i vettori dellโautoritarismo. Hannah Arendt era giร giunta a conclusioni simili durante le sue lezioni newyorkesi del 1970, nella quali aveva affermato che “ogni veritร esige perentoriamente di essere riconosciuta e rifiuta la discussione, mentre la discussione costituisce lโessenza stessa della vita politicaโ2, mentre Myriam Revault dโAllonnes aveva rincarato la dose annotando che โtutto lo sforzo consiste nel riabilitare lโopinione e restaurare la sua dignitร specifica di fronte al primato della veritร razionaleโ3.
Tali tesi, che si riflettono anche in quelle del padre della societร aperta, quel Popper che farร del principio di falsificazione il suo cavallo di battaglia, sono il sunto della fede postmoderna nel potenziale ristrutturante del linguaggio sulla realtร : la realtร come ente rimane nichilisticamente inconoscibile, ma lโuomo รจ arbitro della percezione di essa, e in base a tale percezione puรฒ modificare la societร attorno a lui. Alla luce di tale insegnamento, il mondo postmoderno si qualifica come una grande lotta tra sogni, il padrone della grammatica dei quali sarร il vincitore effettivo.
Marco Malaguti รจ animatore di Progetto Prometeo.
1 J.F. LYOTARD, La condizione postmoderna, Feltrinelli, Milano 2019, pag. 46
2 H. ARENDT, Teoria del giudizio politico, Il Melangolo, Genova 1990
3 M. REVAULT DโALLONNES โ H. ARENDT, Juger. Sur la philosophie politique de Kant, Le Seuil, Paris 1991
Marco Malaguti
Si occupa di politica e articolistica culturale e d'opinione da oltre dieci anni. Co-fondatore e animatore del portale di informazione ed approfondimento Progetto Prometeo. Studente di filosofia, si occupa da anni del tema della rivalutazione del nichilismo e della grande filosofia romantica tedesca.
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