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Il primo atto annunciato dal nuovo primo ministro britannico Keir Starmer all’indomani delle elezioni nel Regno Unito è stata la cancellazione della legge che impone la deportazione degli immigrati irregolari voluta dal suo predecessore tory ma non entrata ancora in vigore. I dati che seguono danno un’idea del destino delle isole britanniche di fronte alla progressiva sostituzione delle sue popolazioni autoctone con genti provenienti da Asia e Africa, un destino evidente che l’attuale governo è deciso a non contrastare in alcuna maniera.

Spesso bollata come “teoria del complotto di estrema destra”, la sostituzione etnica – numeri alla mano – è una realtà. Un fenomeno registrato più volte nella storia, in diverse parti del mondo, oggi si sta concretizzando in Europa a una velocità spaventosa. Nel Regno Unito il fenomeno è evidente. Prendendo in esame i dati degli ultimi quattro censimenti, emerge che i bianchi sono passati dal costituire il 94,5% della popolazione britannica nel 1991 all’83% nel 2021. Nello stesso periodo, gli asiatici sono passati dal 3,5% all’8,6%, mentre i neri dall’1,7 al 3,7%. Le minoranze non-bianche in tre decenni sono triplicate, passando dal 5,5% al 17% della popolazione totale.

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Crescita delle minoranze etniche (1991-2021)

Per i britannici è stato possibile conservare una percentuale così apparentemente “alta” di bianchi grazie all’immigrazione di europei continentali. Nel 2001 gli immigrati europei presenti nel Regno Unito erano 1,4 milioni, nel 2021 sono saliti a 4 milioni (polacchi, romeni, irlandesi, italiani, spagnoli). Tale afflusso è destinato a diminuire, sia per la Brexit, sia perché nel resto dell’Europa la fecondità delle donne è in calo. Se dal totale dei bianchi sottraiamo gli immigrati europei, i bianchi britannici costituiscono il 76,8% della popolazione (2021).

A questo va aggiunto che il tasso di fecondità delle donne autoctone è più basso rispetto a quello delle donne extraeuropee che vivono nel Regno Unito: le asiatiche mettono al mondo il doppio dei figli delle donne bianche. Prendendo in esame gli studenti del Regno Unito, constatiamo che la percentuale di bianchi si abbassa ulteriormente: gli europei sono il 73,6% del totale contro il 26,5% di non-bianchi.

Ci si rende conto dell’entità del fenomeno se consideriamo che le minoranze etniche in 70 anni – dal 1951 al 2021 – sono aumentate di 226 volte, passando da circa 50.000 unità nel 1951 (0,1% della popolazione) a 11,3 milioni nel 2021 (16,95% della popolazione). Gli immigrati non sono uniformemente distribuiti. Ci sono già numerosi distretti in cui i bianchi sono meno del 50%.

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Popolazione extraeuropea nel Regno Unito (1951-2021)

A Londra quasi una persona su due non è bianca

Londra con 8,8 milioni di abitanti (2021) è la seconda capitale più popolosa d’Europa dopo Mosca. Guidata da Sadiq Khan, un sindaco di origini pakistane e fede islamica, dal censimento del 2021 è emerso che il 53,8% della popolazione, poco più della metà, è bianca. L’evoluzione demografica è questa (composizione etnica espressa in percentuale):

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Composizione demografica di Londra per etnia (1981-2021)

Se dal totale dei bianchi sottraiamo gli immigrati europei, risulta che i britannici bianchi costituiscono – nel 2021 – appena il 36,8% della popolazione totale, ma erano meno della metà della popolazione totale, il 44,89%, già nel 2011. I cristiani costituiscono il 40%, gli atei il 27%, i musulmani il 15%. Nel borgo londinese di Newham, con più di 350.000 abitanti (2021), i bianchi sono meno di un terzo, il 30,8%, letteralmente una minoranza in confronto agli asiatici che costituiscono il 42,3%. Se consideriamo solo i bianchi britannici (14,8%), questi ultimi sono una minoranza anche in confronto ai neri (africani e caraibici) i quali costituiscono il 17,4%. I non-bianchi rappresentano il 69,2% della popolazione totale. A Newham il 35,3% della popolazione è di fede cristiana, appena lo 0,5% in più rispetto alla popolazione fedele all’islam (34,8%).

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Popolazione di Newham nel 2021

 

Birmingham: i bianchi sono meno della metà

Con 1.144.900 (2021) abitanti Birmingham è la seconda città più popolosa del Regno Unito. Qui il grande sorpasso è già avvenuto. Dal 2021 i bianchi sono meno della metà: il 48,7%. Gli asiatici costituiscono il 31%, i neri il 10,9%, meticci e altre etnie il 9,4%. I fedeli cristiani sono poco più di un terzo (34%), tallonati dai musulmani (29,9%). Poco meno di un quarto della popolazione (24%) non professa alcuna religione.

La scomparsa della popolazione autoctona

Oltre alle grandi città, vi sono altri posti in cui la popolazione autoctona sta scomparendo. Slough, una cittadina nel Berkshire, con una popolazione di 158.500 abitanti, il 35,9% degli abitanti ha origini europee, superati dagli asiatici che costituiscono il 46,9%. La popolazione allogena è più giovane e feconda. Nell’anno scolastico 2021/2022 il 52,4% degli studenti aveva origini asiatiche e appena il 23,3% origini europee. Il 31,96% della popolazione è di fede cristiana, a seguire ci sono i musulmani (29,44%), i sikh (11,35%), gli hindu (7,79%) e gli atei (13%).

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Birmingham: il tramonto degli autoctoni

Altre città in cui i bianchi sono meno della metà o poco più della metà (censimento 2021): Leicester (40,9%), Luton (45,2%), Manchester (56,8%), Sandwell (57,2%). Attualmente nel Regno Unito ci sono ben 60 sindaci appartenenti a minoranze etniche, di questi 18 sono musulmani. Come dicevamo all’inizio, è l’immigrazione dall’Europa continentale a tamponare l’emorragia demografica. Tuttavia, nel lungo periodo, se non verranno adottate soluzioni radicali in favore della natalità degli autoctoni, dell’azzeramento dell’immigrazione e di misure di rimpatrio, la situazione diventerà irreversibile nel corso di una generazione o due. Da un report del Migration Observatory dell’Università di Oxford emerge che entro la metà del secolo, nell’arco di una generazione, la popolazione non-bianca del Regno Unito potrebbe arrivare al 30%.

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Slough: la città in cui gli asiatici sono più dei bianchi

70/30 potrebbe non apparire così grave. Tuttavia, non contano le unità di una popolazione considerate in termini assoluti, occorre considerare la piramide delle età, ovvero la struttura della popolazione suddivisa per fasce di età: nel 2050 circa il 25% della popolazione del Regno Unito avrà più di 65 anni, la maggior parte di questi anziani saranno autoctoni, a fronte di una popolazione allogena più giovane e più feconda. In prospettiva gli extraeuropei potranno solo aumentare, gli europei potranno solo diminuire.

Il 20 aprile 1968 Enoch Powell, proprio a Birmingham in cui oggi i bianchi non sono più la maggioranza, pronunciò il famoso discorso noto con il nome Rivers of blood: «dobbiamo essere letteralmente pazzi – affermava il politico conservatore – come nazione nel permettere flussi annuali di circa 50.000 persone immigrate a carico, che sono per la maggior parte la materia prima per la futura crescita della popolazione di origine immigrata. È come se guardassimo una nazione terribilmente impegnata nell’alimentare la sua pira funeraria».

Il monito di Powell è rimasto inascoltato. L’ex primo ministro del Regno Unito Rishi Sunak, anch’egli asiatico, aveva annunciato diverse misure radicali per ridurre drasticamente l’immigrazione. Nel 2023, anno in cui Sunak ha guidato il Regno Unito, si è registrata un’immigrazione netta di circa 685.000 persone. Questo dato è la differenza tra i 1,2 milioni di persone che sono immigrate e i 532.000 che sono emigrate nello stesso anno. L’immigrazione netta è stata principalmente alimentata dall’arrivo di cittadini non appartenenti all’Unione Europea, con un numero significativo di immigrati provenienti dall’India, dalla Nigeria e dalla Cina. Numeri ben lontani dall’utopico zero.

Se il monito di Powell non è stato accolto dai britannici, potremmo farne tesoro noi italiani, anche alla luce di ciò che la cronaca ci racconta della difficile convivenza tra autoctoni e immigrati extraeuropei in altri paesi come Francia, Belgio, Svezia, Paesi Bassi e Germania.

(Grafici elaborati dall’autore su dati ufficiali del governo e del parlamento britannico)

(Foto: Ryan Summers)

Umberto Camillo Iacoviello
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Battitore libero del pensiero non conforme, scrive per diverse testate e blog. Si interessa di dinamiche demografiche, storia, geopolitica e «ideologie alla moda».