di Giovanni Giacalone

Nell’aprile del 2020, in seguito al ferimento di un pluripregiudicato di origine maghrebina a bordo di una moto che, nel tentativo di evitare i controlli, finì contro un’auto della polizia a Villeneuve-la-Garenne rimanendo ferito, scoppiavano le ennesime rivolte in diverse banlieue francesi.

Con un sorprendente ottimismo, la prefettura parigina parlò di “sporadici incidenti” mentre l’allora ministro degli Interni, Cristophe Castaner, disse che non vi era alcun rischio del ripetersi di sommosse come quelle del 2005 e che il lockdown da Covid-19 aveva creato disagio ai giovani di questi quartieri. Curioso, visto che in queste zone urbane non vi erano controlli; lo confermò del resto egli stesso dichiarando che “far rispettare il lockdown da Covid-19 nelle banlieue non era una priorità”, mentre gli altri cittadini furono invece vittime di restrizioni assurde e con un controllo poliziesco degno delle peggiori dittature.

Due pesi e due misure insomma; un meccanismo che è del resto emerso anche con le rivolte di questi giorni.

Le forze dell’ordine francesi si sono guardate bene dall’utilizzare la stessa violenza dispiegata contro i manifestanti pacifici che in questi ultimi anni erano in strada contro Macron, contro gli obblighi vaccinali, contro le misure liberticide e la precarizzazione del lavoro. La polizia antisommossa francese in quel caso non si fece problemi a manganellare anziani, donne, gente inerme, arrivando anche a cercare di intimidire chi li filmava e ottenendo dal Parlamento una legge che punisce chi scatta foto o fa video in cui i poliziotti sono riconoscibili.

Non solo, perché le autorità francesi hanno anche lanciato l’allarme su formazioni di cittadini francesi auto organizzate per fare ciò che le forze dell’ordine non stanno attuando e cioè difendere le proprie strade e le attività commerciali da queste orde. Formazioni subito indicate dalle autorità come “di estrema destra”. Che dire poi dell’allenatore del PSG, arrestato per dei commenti poco graditi agli irriducibili del globalismo? Evidentemente siamo già al reato di opinione. Forse le autorità francesi speravano così di calmare la rabbia dei facinorosi maghrebini? Per il governo francese non sembrano però essere un problema i numerosi predicatori islamisti radicali attivi nelle banlieue, nonostante le aspre misure annunciate a suo tempo da Macron contro l’islamismo ma scarse nei risultati.

Le rivolte scoppiate nel 2020 e quelle di questi giorni hanno un comun denominatore, due casi di giovani di origine maghrebina che tentano di fuggire a un controllo, perché evidentemente è incomprensibile che nelle banlieue vi possa essere presenza dello Stato. Ovviamente ciò non giustifica quell’agente di polizia che ha sparato al ragazzo alla guida in stile esecuzione, così come non possono essere tollerate le cariche della polizia anti sommossa contro gente inerme. Tutti segnali di un Paese al totale sbando.

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Un’ultima riflessione va a chi si ostina a sostenere che “in Italia non ci sono banlieue”. Falso ed è sufficiente fare due passi in zona Selinunte a Milano, al Giambellino, a Porta Palazzo o Barriera Milano a Torino (giusto per citarne alcune). Bisogna attendere di oltrepassare il punto di non ritorno? Chi ricorda gli scontri in piazza Selinunte a Milano nell’aprile del 2021? Trecento giovani di origine straniera contro le forze dell’ordine. Da dove arrivano poi le gang di maghrebini che mettono in atto rapine e aggressioni per tutta Milano o sui treni del mare in estate?

Negare i fatti non cambia la realtà; lo si è già visto anni addietro quando certe parti politiche ed istituzionali si ostinavano ad affermare che gli jihadisti non arrivavano in Europa con i barconi. Una posizione chiaramente ideologica visto che i fatti indicavano ben altro, come confermato successivamente dalla casistica del resto. Attenzione a non fare lo stesso errore con le rivolte, perché il contagio oltre-confine è già avvenuto in Svizzera e Belgio e potrebbe essere solo l’inizio. Una cosa è certa, il cosiddetto “multiculturalismo” globalista ha fallito.

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Ricercatore del Centro Studi Politici e Strategici Machiavelli. Laureato in Sociologia (Università di Bologna), Master in “Islamic Studies” (Trinity Saint David University of Wales), specializzazione in “Terrorism and Counter-Terrorism” (International Counter-Terrorism Institute di Herzliya, Israele). È analista senior per il britannico Islamic Theology of Counter Terrorism-ITCT, l’Italian Team for Security, Terroristic Issues and Managing Emergencies (Università Cattolica di Milano) e il Kedisa-Center for International Strategic Analysis. Docente in ambito sicurezza per security manager, forze dell’ordine e corsi post-laurea, è stato coordinatore per l’Italia del progetto europeo Globsec “From criminals to terrorists and back” ed è co-fondatore di Sec-Ter- Security and Terrorism Observation and Analysis Group.