di Jacopo Ugolini

Dopo l’intervento del Ministro della Giustizia Carlo Nordio alla Camera, si è alzato un polverone pressoché inutile. Ma – come intuibile dal titolo di questo articolo – non siamo qui, noi, a “fare le pulci” al discorso del Ministro: anzi, alcune grida e urla non sono altro che la testimonianza positiva del lavoro che questo Governo sta facendo.

Andiamo per gradi. In Aula, il Ministro della Giustizia è intervenuto per presentare alcuni dei prossimi passaggi che il Governo compirà in merito alla revisione dell’abuso di ufficio, dell’utilizzo delle intercettazioni, della durata, nonché della complessità, dei processi e tanto altro. Senza dimenticare, chiaramente, di intervenire sulla lotta alla mafia, tema sul quale il Ministro si è scontrato col grillino ed ex Procuratore Nazionale Antimafia, Cafiero de Raho.

Quest’ultimo ha accusato il Governo, nella persona del Ministro Nordio, di non voler realmente combattere uno dei mali peggiori che attanaglia il nostro Paese, la mafia, adducendo a Nordio la volontà di eliminare le intercettazioni per reati mafiosi (mai una parola simile è uscita dalla bocca del Ministro). A dire il vero, la risposta di Nordio, sicuramente più pacata di quella che in tanti penserebbero a primo acchito, avrebbe forse dovuto comprendere anche una frecciatina a Giuseppe Conte e al Movimento: accadde proprio durante il Conte II, infatti, che a tanti mafiosi fu permesso di uscire dal carcere e godere degli arresti domiciliari a causa del Covid-19.

Le parole di Nordio, rispondendo alle critiche mosse dal neogrillino De Raho, hanno invece fatto leva sulla probabile visione deformata della lotta antimafia propria del suo interlocutore, il quale “avendo […] svolto molto bene il ruolo di procuratore nazionale antimafia”, dice il Ministro, “avrà una visione panmafiosa dello Stato per cui sembra che il nostro Stato sia tutto infiltrato dalla mafia”. Ma la stoccata finale arriva dopo, quando il Ministro voluto fortemente dalla Meloni – come lo stesso Premier riconferma in occasione della nota di Palazzo Chigi pubblicata a conferma dell’appoggio del Governo e del Premier stesso all’operato del Ministro della Giustizia, di cui daremo conto dopo – giustamente sancisce che la visione di De Raho implica inevitabilmente che “in questi trent’anni, la lotta contro la mafia è fallita”. Come dire, delle due l’una: o la lotta alla mafia è stata fatta bene (sebbene con tutti i limiti e soprattutto le difficoltà immaginabili) o De Raho nel ruolo di Procuratore Antimafia è stato sconfitto (o, per lo meno, non ha posto forti resistenze, anzi non è riuscito nel suo obiettivo) nella battaglia così permettendo il dilagare della mafia nei meandri dello Stato.

Ma lo scontro, prima in Aula e poi sui giornali e social nei giorni successivi, ha vertuto sulle parole del Ministro in merito alle intercettazioni. Carlo Nordio ha, infatti, descritto come vi siano tre possibilità di intercettazioni: quelle sulla sicurezza dello Stato, quelle preventive (considerate utilissime dal Ministro in quanto segrete e “sotto la responsabilità del procuratore e restano nella sua cassaforte e non vengono di fatto mai diffuse”) e, infine, il terzo tipo, che è quello su cui Fratelli d’Italia e tutto il Centrodestra vuole porre uno stop e prevedere modifiche consistenti. Parliamo delle intercettazioni giudiziarie, ossia quelle “effettuate su richiesta del pm con autorizzazione dei gip”.

Perché le intercettazioni giudiziarie sono “il problema” e vanno riviste? Carlo Nordio è categorico: “Transitando dal pm al gip attraverso il deposito, il transito nelle cancellerie, il contradditorio con difensori e il giudice, finiscono nelle mani di decine di persone”. Il gioco è fatto: i media piazzano in prima pagina l’intercettazione e i cittadini coinvolti si vedono già condannati dall’opinione pubblica. Una precisazione, quella del Ministro, dovuta alle critiche rivolte al suo intervento al Senato tenuto il giorno prima (mercoledì 18, n.d.r.), di cui qualcuno provò a dare una lettura alquanto distante dalle reali parole utilizzate.

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Il Ministro, infatti, annunciò il punto fermo di non voler eliminare e nemmeno fortemente modificare le norme delle intercettazioni sulla mafia e sul terrorismo, ricordando a tutti, però, in una vera e propria lezione di garantismo, l’obiettivo delle intercettazioni e del loro utilizzo. Infatti, l’ex procuratore aggiunto di Venezia, ora Ministro, ha ricordato a tutti che “vi è una profonda differenza tra le intercettazioni che, come insegna la legge, mirano all’assicurazione e alla ricerca di una prova rispetto ad intercettazioni che si vuole siano esse stesse una prova”.

Le critiche nei suoi confronti, però, non sembra lo abbiano frenato, tanto che nel discorso, ripreso sopra a tratti, tenuto alla Camera, non ha fatto un passo indietro rispetto alle riforme che questo Paese, ed il suo, anzi il nostro (!), sistema giudiziario, necessitano, sancendo che “se non interverremo sugli abusi delle intercettazioni, cadremo in una democrazia dimezzata”.

Le critiche non si sono fatte attendere. Quando il garantismo è al potere, qualcuno pronto a notare reati in ogni dove non rimarrà mai in silenzio. Infatti, diversi pm hanno subito gridato al pericolo di una lotta alla mafia senza lo strumento delle intercettazioni: chi l’ha ipotizzato è in chiara malafede. Tant’è che lo stesso Ministro è dovuto intervenire in merito, ribadendo che chiaramente le intercettazioni “rimarranno anche per i reati che sono satelliti” di fenomeni come mafia e terrorismo, precisando tanto chiaramente che però “l’Italia non è fatta di pm e questo Parlamento non deve essere supino e acquiescente a quelle posizioni”. Ed alle critiche provenienti dagli scranni del PD, che colpevolizzavano il Ministro di voler eliminare il reato di abuso d’ufficio, risponde magistralmente Nordio dicendo che “vi posso assicurare che da me c’è stata una vera e propria processione di sindaci dei vostri partiti che sono venuti a chiedermi implorando di eliminare questo reato. A questo punto, chi è dottor Jekill e mister Hyde?”. Colpiti e affondati.

Finalmente, possiamo dire che l’Italia ha un Ministro della Giustizia garantista, che permetterà, se fatto lavorare, al nostro Paese di avere una giustizia giusta, veloce ed equa.

jacopo ugolini
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Laureato in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali, ora laureando magistrale in Governo, Amministrazione e Politica alla LUISS Guido Carli. Collaboratore parlamentare della XIX Legislatura. Collabora con Nazione Futura e Atlantico Quotidiano.