di Giovanni Giacalone

L’omicidio dell’ambasciatore italiano nella Repubblica Democratica del Congo, Luca Attanasio e del Carabiniere di scorta Vittorio Iacovacci, sembra sempre di più collegato a un tentativo di sequestro finito nel sangue.

Secondo una dettagliata ricostruzione della Intelligence Fusion, sei uomini armati con fucili Kalashnikov e machete hanno aperto il fuoco contro una delle due jeep del convoglio (quella davanti), uccidendo l’autista, per poi cercare di trascinare via Attanasio e Iacovacci. I banditi sarebbero però stati raggiunti dai rangers arrivati in soccorso dopo aver sentito gli spari e i due italiani sarebbero rimasti uccisi nello scontro a fuoco.

Servirà certamente più tempo per inquadrare meglio le dinamiche dell’agguato e l’identità degli assalitori, non ancora nota. Intanto però non si può fare a meno di evidenziare una serie di leggerezze e mastodontici errori che non possono non destare stupore.

L’ambasciatore Attanasio viaggiava infatti senza veicolo blindato, senza adeguata scorta armata ed era persino privo di giubbotto antiproiettile, come evidenziano le foto in possesso dalla già citata Intelligence Fusion.

Il capo-ufficio dell’Unicef a Goma, Jean Metenier, ha dichiarato che nelle ultime settimane il numero di attacchi nella zona era in diminuzione e che non vi era alcun segnale di un imminente attacco. Potrebbe essere questo il motivo che ha spinto Attanasio a mettersi in viaggio verso Rutshuru privo di adeguata protezione? Possibile. Peccato che le informazioni di Metenier non solo non corrispondano con quelle dei governi occidentali e di numerose società private di intelligence e travel security, ma nemmeno con quelle dell’UNHCR, visto che il portavoce Babar Baloch lo scorso febbraio aveva dichiarato a Ginevra come il numero di violenze e sequestri a Kivu fosse ancora elevato e con un record di omicidi nel 2020.

Sul sito della Farnesina viene poi fortemente sconsigliato di viaggiare in una serie di aree della Repubblica Democratica del Congo, tra cui proprio Kivu, aggiungendo che “a coloro che, sotto la propria responsabilità, decidono di recarsi in tali aree si raccomanda l’adozione di adeguate misure di sicurezza”. Il sito del Dipartimento di Stato americano indica l’area orientale del Paese e l’area di Kivu come soggette a banditismo e terrorismo con un più che chiaro “do not travel”. Il Foreign Travel Office del Ministero degli Esteri britannico sconsiglia fortemente viaggi nella zona di Kivu, aggiungendo che in caso di massima necessità è possibile recarsi a Goma, ma lascia chiaramente intendere che è sconsigliato uscire dalla città.

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Come se non bastasse, le autorità congolesi hanno reso noto che non erano al corrente della presenza di Attanasio nella regione “pesantemente instabile”, altrimenti avrebbero fornito la necessaria scorta armata per il viaggio a Rutshuru.

Insomma, l’agguato risultato mortale per l’ambasciatore Luca Attanasio e per il Carabiniere di scorta Vittorio Iacovacci sembra sempre di più la conseguenza non soltanto della carenza di un’adeguata protezione armata, ma anche di un’appropriata travel security intelligence.

Ricercatore del Centro Studi Politici e Strategici Machiavelli. Laureato in Sociologia (Università di Bologna), Master in “Islamic Studies” (Trinity Saint David University of Wales), specializzazione in “Terrorism and Counter-Terrorism” (International Counter-Terrorism Institute di Herzliya, Israele). È analista senior per il britannico Islamic Theology of Counter Terrorism-ITCT, l’Italian Team for Security, Terroristic Issues and Managing Emergencies (Università Cattolica di Milano) e il Kedisa-Center for International Strategic Analysis. Docente in ambito sicurezza per security manager, forze dell’ordine e corsi post-laurea, è stato coordinatore per l’Italia del progetto europeo Globsec “From criminals to terrorists and back” ed è co-fondatore di Sec-Ter- Security and Terrorism Observation and Analysis Group.