Son passati più di 70 anni da quando le forze nazionaliste sotto Chiang Kai-shek fuggirono a Taiwan (dicembre 1949), dopo aver perso una guerra civile contro i comunisti di Mao, e sono passati trent’anni dalla transizione di Taiwan dal regime autoritario alla democrazia rappresentativa. I 23 milioni di abitanti di Taiwan amano e difendono con convinzione la loro libertà e la loro democrazia, duramente guadagnate. Lo stile di vita democratico dell’isola funge da modello a cui i cinesi sparsi nel mondo tendono a ispirarsi.

Pechino vede Taiwan come una provincia che si è smarrita e non ha diritto al riconoscimento internazionale come entità politica separata. Le autorità cinesi vorrebbero portare l’isola sotto il loro controllo e hanno minacciato che useranno anche la forza, se necessario. Nel corso degli ultimissimi anni, il regime comunista cinese ha aumentato la sua pressione multinazionale per convincere tutti i paesi a fare riferimento a Taiwan come parte integrante della Cina Popolare.

Pechino e una minoranza a Taiwan sostengono la teoria della “One China”, secondo cui l’isola e la terraferma appartengono allo stesso “Stato”. In estrema sintesi, Pechino considera Taiwan come un territorio in fuga illegittima dal dominio cinese.

In questo quadro si è creato un problema diplomatico anche con Roma. Come purtroppo noto, Taiwan non è membro dell’OMS a causa dell’opposizione della Cina, che si ostina a considerarla una provincia cinese senza diritto di partecipare alle organizzazioni internazionali come entità separata. Come sembrerebbe sia stato riportato da fonti della Rappresentanza della Repubblica di Cina -Taiwan in Italia, non è stato permesso a rappresentanti di Taipei di partecipare alla riunione d’emergenza dell’OMS del 22 gennaio scorso sul nuovo virus, che da allora ha ucciso migliaia di persone. Taiwan aveva segnalato tre casi, due dei quali sono stati confermati solo il 24 gennaio: un turista cinese e un uomo d’affari taiwanese che era tornato sull’isola dalla Cina.

La problematica dell’insofferenza della Cina Popolare alla buona immagine di Taiwan nel mondo spesso si evidenzia in ambito Nazioni Unite, anche ora che con notevole preoccupazione generale è scoppiato l’allarme coronavirus. Con ottusità assoluta l’esclusione prosegue, quindi, anche oggi sotto pressione di Pechino, durante la gestione emergenziale del virus e delle rotte aeree in cui Taiwan è trattata alla stregua di una qualunque provincia cinese.

Tale difficilmente comprensibile scelta strategica, dovuta, si spera, soprattutto a scarsa conoscenza della storia e dello scenario dell’area geografica indo-pacifica, è stata seguita anche dal governo italiano, che ha incluso pure Taiwan nel blocco dei voli (la China Airlines è la compagnia di bandiera taiwanese) da e per la Cina suscitando una protesta formale del governo di Taipei.

Taiwan, che ha un tasso di crescita che sfiora il 4 per cento, investe in Italia 700 milioni euro facendone uno dei principali partner commerciali. L’ambasciatore di Taiwan a Roma ha sempre evidenziato che Taipei, attraverso sue società assicurative private, detiene circa tre miliardi di euro di titoli di Stato italiani e ha già acquisito sei alberghi e nove fabbriche/società di produzione di macchine utensili nel nostro paese. Inoltre Ansaldo-Hitachi ha avuto una commessa per i settanta treni della metropolitana di Taipei ed appare evidente che l’economia di Taiwan si basi, a similitudine dell’Italia, sulle piccole e medie imprese e che questo abbia da anni posto le basi per un mutuo accrescimento economico (win/win approach).

Va sempre evidenziato che l’appena rieletta Presidente della Repubblica taiwanese, Tsai Ing-wen, sin dal suo insediamento è stata fermamente impegnata a non intraprendere azioni palesemente provocatorie nei confronti della Cina Popolare ed ha espresso la volontà di impegnarsi in un dialogo con Pechino su un piano di parità, purché non siano stabilite condizioni preliminari. Pechino pare abbia ignorato tale dimostrazione di buona volontà, e ha al contrario esercitato un’enorme pressione su Taipei sfociata ultimamente nella decisione dell’OMS.

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Per dovere storico bisogna ricordare che la stessa situazione si era verificata nel 2003 con l’emergenza Sars, e oggi come allora per ottenere dati considerati “affidabili” il Ministero della Sanità taiwanese preferisce fare affidamento sulle informazioni fornite da governi amici come Stati Uniti e Giappone oppure riferirsi ai dati dell’Unione Europea. L’esclusione di Taipei crea problemi pratici nell’immediato dell’emergenza, in quanto le autorità governative non possono condividere con la comunità medica internazionale i loro risultati e le loro statistiche.

Tornando alle decisioni prese dall’Italia, il Governo di Taiwan ci ha invitato a revocare la decisione del 31 gennaio di sospendere i voli passeggeri diretti in quanto, a partire dal 27 febbraio, il Ministero della Salute e del Welfare di Taiwan ha riferito all’OMS 32 casi confermati d’infetti da Covid-19, e due casi di guarigione e dimissione dall’ospedale, e non vi è alcun segno d’infezione acquisita dalla comunità a Taiwan.

A supporto, Taipei ha comunicato che al 27 febbraio un numero maggiore di casi confermati è apparso nelle giurisdizioni delle autorità sanitarie competenti di paesi come Singapore (93), Giappone (189) e Corea del Sud (1766), e ha fatto notare al nostro Ministero degli Esteri che non è stata presa alcuna decisione da parte dell’Italia di sospendere i voli con i paesi sopra menzionati (con più casi confermati rispetto a Taiwan), né vi è stata una singola decisione da parte di paesi diversi dall’Italia di sospendere i voli passeggeri con Taiwan.

Quanto sopra è avvalorato dal fatto che lo standard di servizio medico è riconosciuto a livello internazionale: secondo le statistiche diffuse dal database globale di crowdsourcing Numbeo, Taiwan ha ricevuto il punteggio più alto per l’Indice Sanitario per Paese 2020, con un punteggio di 86,71. Per un confronto, Corea e Giappone erano al secondo e terzo posto, con punteggi rispettivamente di 81,97 e 81,14.

In sintesi, per il Governo Italiano o almeno per alcuni suoi funzionari, Taiwan è una “provincia cinese” i cui cittadini devono fare la “quarantena” se arrivano in Italia, e non possono essere imbarcati su voli Alitalia. Insomma, se sei di Taipei, per il Ministero della Sanità italiano, sei come un cittadino di Pechino!

Sembrerebbe infine che chi ci rimette in Italia siano i soliti noti delle PMI.

Infatti, al momento, Taiwan ha sospeso le ingenti importazioni di lavorati di carne suina dall’Italia e precisamente dall’Italia settentrionale e dalla Valle Padana. Tali importazioni erano state attivate e poi confermate “in fiducia” nonostante nel nostro paese sia stato segnalato qualche caso di febbre (peste) suina africana in Sardegna.

Infine, nelle tantissime decisioni che devono e verranno prese in merito alla crisi generata dal Codiv-19, ci si può augurare che la sospensione dei voli passeggeri tra l’Italia e Taiwan possa essere revocata non appena possibile dai responsabili, sia esaminando e tenendo conto dei dati UE sia utilizzando un po’ di quel buon senso… che non guasta mai!


Giuseppe Morabito è Generale di Brigata (aus.).

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Senior Fellow del Centro Studi Politici e Strategici Machiavelli. Generale di Brigata (aus.) dell'Esercito Italiano, membro del Direttorato della NATO Defence College Foundation. Per anni direttore della Middle East Faculty all'interno del NATO Defence College.