di Diego Marenaci

L’Unione Europea si trova al centro di una fervente discussione sulle sue politiche estera e di difesa, con opinioni divergenti su quale debba essere la priorità. Mentre alcuni sostengono che la difesa europea debba essere al primo posto, altri argomentano che una politica estera comune sia essenziale e prioritaria, rispetto alla creazione di una forza armata ed efficace. Attualmente, l’UE ha una politica estera comune, ma la mancanza di coesione e coerenza tra gli Stati membri limita la sua efficacia. La Politica di Sicurezza e Difesa Comune (PSDC) è senz’altro un passo avanti, ma dipende ancora dalla cooperazione degli Stati membri che spesso non converge. Nel contesto delle recenti elezioni negli Stati Uniti e del conflitto in Ucraina, l’UE sta lavorando su strategie industriali e finanziamenti per rafforzare la difesa europea, come il piano Defence Equity Facility (DEF), lanciato dal Fondo europeo per gli investimenti, impegna 175 miliardi di euro per sostenere l’innovazione nel settore della difesa, concentrando gli sforzi sulle piccole e medie industrie di tutta l’unione.

Questo sforzo è parte di una più ampia Strategia europea per l’industria della difesa (EDIS) che mira a creare un mercato comunitario unico. Tuttavia, le sfide non mancano. La NATO, in un periodo di rinnovamento e incertezza, potrebbe affrontare nuove sfide con un possibile cambio di leadership nel paese che la finanzia maggiormente (Stati Uniti) ed anche il ruolo dell’UE nella difesa europea sarà influenzato dalle elezioni di giugno e dalle decisioni sul potenziamento della Cooperazione strutturata permanente (PESCO) ed un ruolo decisorio determinante lo avrà la prossima commissione in carica. Il corso del conflitto in Ucraina peserà sulle decisioni future, compresa la revisione del Fondo europeo per la pace (EPF), ovvero un fondo fuori bilancio del valore di circa 5 miliardi di euro per il periodo 2021-2027, finanziato mediante contributi degli Stati membri. Mentre Bruxelles cerca di consolidare il suo ruolo nella difesa, il dibattito su un finanziamento comune da parte dei 27 Stati membri rimane aperto. Le elezioni europee potrebbero determinare l’orientamento futuro, con la possibile nomina di un Commissario alla Difesa a pieno titolo come passo significativo. In questo contesto di cambiamenti geopolitici e sforzi di consolidamento, l’UE affronta sfide cruciali per promuovere un’innovazione efficace e garantire la sicurezza del continente nel futuro imminente, “pertanto, è corretto affermare che l’Europa possiede una politica estera e un embrione di politica di difesa, ma entrambe sono limitate e soggette a sfide e complessità.

Prospettive Post-Elezioni

Le elezioni negli Stati Uniti e per il Parlamento europeo di quest’anno sono cruciali per il futuro assetto istituzionale e le decisioni in materia di difesa. Attualmente, la Commissione europea sta lavorando alla creazione di una strategia industriale comune con l’obiettivo principale di sostenere l’Ucraina dopo l’invasione russa. La sfida attuale consiste nel colmare il divario tra il termine del sostegno dell’UE all’industria della difesa e l’inizio del prossimo bilancio pluriennale nel 2025. Il commissario per il Mercato interno, Thierry Breton, ha sottolineato l’importanza di gestire questa transizione in modo efficace. La Commissione sta valutando la Strategia europea per l’industria della difesa (EDIS) e il Programma europeo di investimenti, entrambi volti a facilitare la cooperazione transfrontaliera nella produzione e nell’acquisto di armi, contribuendo a creare un mercato comunitario unico. Con la prima, la strategia si basa sul concetto del Defense Production Act degli Stati Uniti, un programma che concede al Presidente autorità per guidare l’industria al servizio della difesa nazionale.

Nel contesto europeo, questa strategia permetterebbe all’Unione Europea di sollecitare la produzione di materiali necessari e di dare precedenza agli ordini militari rispetto a quelli commerciali durante situazioni di crisi, mentre il secondo mira ad incentivare investimenti, aumentare la competitività del sistema industriale e proponendo anche un fondo di 100 miliardi di euro per rafforzare la cooperazione generale in materia di difesa. Gli Stati membri stanno esaminando l’efficacia della Cooperazione strutturata permanente (PESCO), mentre la Commissione europea avrà il compito di affrontare le preoccupazioni legate all’opacità del Fondo europeo in materia. Le elezioni europee potrebbero portare a discussioni sulle politiche di investimento nella difesa dell’UE, anche in relazione alla giustificazione degli investimenti alle Forze armate ucraine, ma, ancora, il rischio è che temi come la gestione delle migrazioni, il costo della vita e la lotta contro il cambiamento climatico potrebbero dominare il dibattito pubblico, relegando la questione di un esercito europeo in secondo piano. Dopo l’estate l’UE dovrà decidere se nominare un Commissario alla Difesa a pieno titolo, rappresentando un passo significativo per consolidarsi come attore serio e credibile per la costituzione di una forza armata comune e sotto un’unica bandiera. Il finanziamento comune della difesa da parte di tutti e 27 gli Stati membri dell’Unione europea è al momento solo un’ipotesi, la cui realizzazione dipenderà dal risultato delle elezioni di giugno e dall’influenza politica che avrà il parlamento europeo e la stessa commissione. Tuttavia, il fatto stesso che se ne parli è il segno di una rivoluzione culturale in corso in Europa da quando è avvenuta l’invasione russa dell’Ucraina, quasi due anni fa.

Guerra in Ucraina

L’evolversi della guerra tra Ucraina e Russia influenzerà le decisioni future, assumendo grande importanza i negoziati per la revisione del Fondo europeo per la pace (EPF) e la questione delle munizioni promesse all’esercito ucraino. L’Europa potrebbe essere spinta a rafforzare ulteriormente il suo impegno, sia a livello di assistenza militare che di sostegno economico. Proprio di recente, i leader dell’Unione Europea hanno raggiunto un accordo per destinare ulteriori 50 miliardi di euro in aiuti all’Ucraina, superando le resistenze del primo ministro ungherese Viktor Orban.

Abbiamo raggiunto un accordo unanime. Tutti e 27 i capi di governo hanno concordato di allocare un pacchetto supplementare di 50 miliardi di euro per sostenere l’Ucraina all’interno del bilancio dell’Unione Europea. Questo garantirà un finanziamento costante, a lungo termine e prevedibile per l’Ucraina. L’UE assume la guida e la responsabilità nel fornire supporto all’Ucraina”,

ha dichiarato il presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel. La guerra in corso avrà un impatto sulle discussioni riguardanti le politiche di investimento nella difesa dell’UE. Le elezioni europee potrebbero portare a un dibattito più approfondito sulla giustificazione degli investimenti alle Forze armate ucraine, con una crescente consapevolezza dell’importanza di garantire la sicurezza e la stabilità nella regione. Eppure, c’è il rischio che altri temi di rilevanza immediata, come la gestione delle crisi migratorie e le sfide economiche interne, possano distogliere l’attenzione da questa questione. La comunità internazionale sarà chiamata a valutare le implicazioni della guerra in Ucraina non solo in termini di sicurezza regionale, ma anche per la stabilità geopolitica a livello globale.

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Il Piano DEF per il Potenziamento dell’Industria Europea della Difesa

Il 12 gennaio, il Fondo europeo per gli investimenti ha lanciato il piano Defence Equity Facility (DEF), impegnando 175 miliardi di euro nel periodo 2024-2027 per promuovere l’innovazione nel settore della difesa, concentrandosi sul supporto alle piccole e medie industrie. Questo strumento mira a stimolare lo sviluppo di un ecosistema di fondi privati che investono nell’innovazione della difesa, migliorando l’accesso ai finanziamenti per le PMI attive in questo settore e prevede di mobilizzare circa 500 milioni di euro per sostenere le imprese europee. Assumendo un ruolo strategico nei fondi che supporta, il Fondo Europeo per gli Investimenti agirà come investitore chiave, contribuendo ad attrarre ulteriori risorse. Il Defense Equity Facility si rivolge a fondi gestiti in modo indipendente, compresi team di gestione emergenti, con sede nell’Unione Europea o in Norvegia. I fondi selezionati per ricevere investimenti da questo strumento sono tenuti a investire in PMI, incluse startup, o aziende di medie dimensioni situate nell’UE, in Norvegia o in Islanda, focalizzate nello sviluppo di tecnologie innovative con potenziale d’uso sia civile che difensivo. Il Commissario per il Mercato interno, Thierry Breton, ha elogiato l’importanza del nuovo schema, affermando che la BEI è troppo cauta nei finanziamenti della difesa e suggerendo che l’UE condivida i rischi finanziari delle industrie che investono nell’aumento della capacità produttiva prima della stipula dei contratti. La Strategic Europe Security Initiative (SESI) della BEI, che investe 14 miliardi di euro in innovazione, infrastrutture di sicurezza e tecnologia, ha indicato che il DEF finanzierà solo progetti a duplice destinazione, ossia con utilizzi civili e militari i cui fondi saranno valutati dal punto di vista politico e commerciale per la selezione del settore di investimento. Il capitale di rischio o il private equity investiranno nelle piccole industrie della difesa, concentrandosi su soluzioni e tecnologie che accelerano l’evoluzione della base tecnologica e industriale della difesa europea. Le attività includono ricerca e sviluppo, produzione, manutenzione di prodotti esistenti per la difesa, tecnologie critiche future ed emergenti con potenziale di duplice uso. I progetti possono spaziare in vari domini, come cyber, spazio, aereo, terrestre, navale, con particolare attenzione a sistemi subacquei, risposta medica, sensori, trasformazione digitale, resilienza energetica e transizione ambientale.

Dubbi d’oltreoceano

La NATO si trova ad affrontare un anno di rinnovamento e incertezza, con l’insediamento di un nuovo segretario generale e le incognite legate alle elezioni presidenziali negli Stati Uniti. Secondo gli ultimi sondaggi, non è improbabile che la più grande potenza militare, nonché il principale investitore nella sicurezza transatlantica possa eleggere un nuovo presidente contrario all’alleanza, seguendo il modello dell’ex presidente repubblicano Donald Trump, se non proprio lui stesso. Trump ha messo in luce nella sua agenda elettorale per il 2024 il desiderio di “completare il processo avviato sotto la mia amministrazione di rivalutazione fondamentale dello scopo e della missione della NATO“, dopo aver minacciato di ridurre il sostegno militare degli Stati Uniti all’Europa nel corso del suo ultimo mandato, a meno che non aumentassero le loro quote di spesa per la difesa. La maggior parte dei membri ha effettivamente aumentato le spese per la difesa e si è impegnata, al vertice di Vilnius, a destinare il 2% del PIL al settore (fatta eccezione per il Lussemburgo). Proprio come l’UE, anche l’alleanza militare si propone di incentivare l’industria a incrementare la produzione, seguendo il suo piano d’azione. Quattro paesi hanno utilizzato l’Agenzia di supporto e approvvigionamento della NATO (NSPA) per acquistare congiuntamente missili Patriot di fabbricazione statunitense. L’alleanza atlantica continuerà a cercare di bilanciare gli obiettivi contrastanti e di sostenere l’Ucraina evitando un conflitto diretto con la Russia. Attualmente, l’occidente invia solo equipaggiamenti di difesa non letali, lasciando quelli letali alle donazioni bilaterali dei suoi membri. Nonostante ciò, è probabile che parti di droni, proiettili e altre attrezzature utilizzate nella guerra finiscano all’interno dei suoi confini altamente protetti, mettendo in discussione quella delicata posizione. In vista del vertice del 75º anniversario che si terrà a Washington a luglio, le 300.000 truppe promesse per proteggere l’alleanza dovrebbero essere pronte, così come le considerazioni per il prossimo segretario generale della NATO. Molti sperano che la Svezia diventi un membro a pieno titolo, ma il parlamento turco deve ancora dare il via libera all’ingresso di Stoccolma nell’Alleanza atlantica. Ad oggi, la NATO rimane lo strumento più rilevante, sia giustamente che erroneamente, per supportare la difesa europea.

diego marenaci

Articolista freelance laureato in Scienze Politiche e delle Relazioni Internazionali e laureando in Studi Geopolitici e Internazionali (Università del Salento).