di Enrico Petrucci

Sta per arrivare all’ultimo capitolo la querelle fra due potenti organizzazioni “per i diritti”: la causa intentata nel Regno Unito dall’associazione Mermaids nei confronti dell’associazione LGB Alliance.

Due realtà del terzo settore che sulla carta dovrebbero essere accomunate da medesimi intenti: la tutela per discriminazioni sessuali e di genere. E invece Mermaids accusa LGB Alliance di non essere un vero ente benefico. Anzi secondo Mermaids l’assocazione LGB Alliance userebbe la qualifica di ente caritatevole come copertura per portare avanti propaganda “anti-trans”!

Come è possibile che due realtà apparentemente sullo stesso fronte “arcobaleno” siano finite a battagliare in tribunale?

Il caso portato in tribunale

È evidente la diversa natura delle due associazioni: la LGB Alliance fin nel nome non va oltre la B… Niente T (Trans), Q(Queer) e Plus (ogni altra denominazione di orientamenti sessuali non compresa nelle precedenti). Mentre Mermaids è finita spesso nell’occhio dei media per la sua posizione estremamente aggressiva nei confronti della supposta tutela dei “minori con disforia di genere” attraverso procedure farmacologiche e chirurgiche irreversibili. Mermaids vs LGB Alliance rappresenta quindi uno scontro netto tra le visioni del mondo dell’attivismo. Nonostante siano entrambe realtà “arcobaleno”, le loro visioni sono agli antipodi.

Scontro che per il momento sembra volgere in favore dell’associazione moderata LGB Alliance. L’autorità britannica che sovrintende agli enti benefici, la Charity Commission, ha dichiarato che l’associazione LGB Alliance fornisce un “beneficio pubblico”. Anzi, uno dei legali della Charity Commision, come riferisce il “Guardian”, ha dichiarato che la presenza di enti di beneficenza con diverse visioni del mondo è un vantaggio pubblico, in quanto incoraggia il dibattito nel settore “in evoluzione” della diversità e dell’uguaglianza.

Ma il caso è ancora aperto, restando da determinare se lo status di LGB Alliance sia esclusivamente caritatevole, e quindi è corretto che sia riconosciuta come ente benefico (la posizione della Charity Commission). Oppure, come sostiene Mermaids che ha dato via alla causa, se il vero scopo di LGB Alliance sarebbe quello di portare avanti posizioni anti-trans, visto come gli attivisti di LGB Alliance dipingono Mermaids (anche se, come vedremo, quelli di Mermaids sembrano perfettamente in grado di mettersi in cattiva luce da soli se qualcuno lo fa notare).

Perché LGB Alliance dà fastidio agli ideologi del gender

Se legalmente Mermaids si pone contro LGB Alliance dal punto di vista dello status di ente caritatevole, di fatto è l’esistenza stessa di una realtà come LGB Alliance a imporsi contro la narrazione dominante. LGB Alliance nasce nel 2019 e, come è evidente dal nome, viene creata in aperto contrasto con le associazioni storiche di quello che una volta era il “mondo omossesuale”, come Stonewall UK. Associazioni che, secondo i fondatori di LGB Alliance, avevano abbandonato le tradizionali battaglie anti-discriminazioni per concentrarsi unicamente su quello che alcuni hanno definito come “culto trans” o “transgenderismo”. Culto perché arrivando a negare l’esistenza delle cosiddette “preferenze genitali” arrivavano a minacciare il mondo gay e lesbico tradizionale.

Ossia, negli ultimi anni, secondo associazioni come la citata Stonewall per una lesbica rifiutare un rapporto con una “donna trans non transizionata che si proclama lesbica” (semplificando al caso limite di un maschio che si autodefinisce “donna lesbica”) sarebbe un atto transfobico. In pratica nell’impavido nuovo mondo se un maschio si proclama donna lesbica, la lesbica che ne rifiutasse le avances sarebbe tacciata di transfobia. Per questo motivo alcune attiviste sono arrivate a dichiarare che le lesbiche nel mondo “transgenderista” sarebbero a rischio d’estinzione. Una “estinzione” che a ben vedere sembra già avvenire a livello di linguaggio, dove il termine queer ha ormai cancellato termini troppo ancorati al sesso biologico come gay e lesbica. Come ha fatto notare il “New York Times“, ripreso anche in Italia da “Il Post“. E in fondo LGB Alliance nasce anche per questo, per rivendicare l’elemento biologico. Infatti l’ente benefico fin dal livello di statuto ha proclamato la suprema bestemmia nella chiesa arcobaleno: che “ci sono solo due sessi biologici e il genere è un costrutto sociale”.

LGB Alliance, quindi, come associazione troppo moderata sul piano del linguaggio. E soprattutto contraria alle procedure di transizione per i minorenni, che sono diventati il core business di Mermaids. E addirittura è arrivata ad affermare come non sia necessariamente omofobico opporsi al matrimonio per le persone dello stesso sesso! Troppo moderata, troppo realistica e troppo critica di questi tempi. Tanto da essersi guadagnata la taccia di associazione transfobica da parte di un gruppo di parlamentari laburisti!

Mermaids: le famigerate sirene trans per bambini

Ovvio che un’associazione “anti-descriminazione” che si ponga in maniera così critica contro il “transgenderismo” sia la negazione stessa dell’urgenza con cui vengono approvate legislazioni sempre più restrittive nel Regno Unito e, soprattutto, in Scozia, vero laboratorio dell’impavido mondo nuovo. Inevitabile lo scontro con quella che è l’araldo del transgenderismo e delle procedure di transizione per i minorenni, ossia Mermaids, letteralmente “sirene”, associazione storica del mondo “anti-descriminazione” britannico. Nata nel 1995 come associazione di genitori di bambini “con disforia o genere non conforme”. Da piccola associazione negli ultimi dieci anni è diventata il centravanti di sfondamento nel proporre terapie con bloccanti della pubertà (e non solo) a minorenni, facendo attività di lobby che avrebbero portato la Tavistock, la più grande istituzione inglese per la salute mentale, a diventare il famigerato epicentro della somministrazione a bambini e adolescenti sani di questi medicinali bloccanti (talvolta derivati da chemioterapici).

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Un approccio, quello di Mermaids, non solo estremo sul piano medico ma anche dalle metodologie assolutamente discutibili. Una psicologa del servizio sanitario nazionale britannico che aveva lavorato con la Tavistock ha recentemente dichiarato che “coloro che erano entrati in contatto con Mermaids erano terrorizzati, perché gli era stato detto che i loro bambini si sarebbero uccisi se non avessero preso i bloccanti per la pubertà”.

Insomma, un atteggiamento assolutamente equilibrato… Ma Mermaids non era solo in prima linea alla Tavistock: ha lavorato come consulente per la serie televisiva “Butterfly” della britannica ITV del 2018. Uno sceneggiato imperniato su un bambino che finirà proprio per prendere i famosi “bloccanti”. E Mermaids fa anche la comparsa anche nella serie, che così acquista le caratteristiche di un vero e proprio programma di propaganda. Che naturalmente viene acclamato dalla critica per come un argomento così delicato sia stato presentato al grande pubblico. E non è solo la promozione aggressiva nei confronti dei medicinali bloccanti che passa anche per gli sceneggiati televisivi. Ecco le ultime contestazioni mosse a Mermaids:

  • il “Telegraph” ha contestato la formazione nelle scuole, dove Mermaids proporrebbe un rafforzamento di rigidi ruoli di genere istigando i bambini non conformi a identificarsi come transgender.
  • la cancellazione di conferenze con personalità critiche della visione transgenderista
  • una helpline telefonica dove si prescrivevano a minorenni fasce per la compressione del seno e si dichiaravano i “bloccanti” come assolutamente reversibili, questo senza fare nemmeno una valutazione psicologica dei soggetti.

Dulcis in fundo, come già raccontato in questo blog, la presenza nel board di Mermaids di uno studioso con connessioni a un’organizzazione di supporto di pedofili. Personaggio prontamente silurato dopo che queste connessioni erano emerse sui media. E questo senza dimenticare lo scoppio del bubbone della Tavistock, che aveva visto il NHS Gender Identity Development Service incrementare il numero delle richieste del 3500% negli ultimi dieci anni (merito anche dello sceneggiato della ITV?). E non è l’unica anomalia statistica. Se inizialmente i bambini che richiedevano il servizio si equivalevano tra maschi e femmine, il numero di femmine era iniziato a crescere a dismisura. Si era arrivati a 2,75 bambine che richiedevano la transizione per ogni maschio. Ma se i casi legali e le controversie hanno portato alla chiusura del NHS Gender Identity Development alla Tavistock  nel luglio di quest’anno, in realtà l’attività del servizio nazionale britannico è stata semplicemente trasferita a livello regionale.

Conclusione

Dopo la chiusura del NHS Gender Identity Development alla Tavistock il nuovo caso Mermaids vs LGB Alliance ha riportato i riflettori sulle differenti visioni delle tematiche relative alle discriminazioni legate all’orientamento sessuale o ai ruoli di genere.

Ma c’è da essere meno ottimisti degli avvocati della Charity Commission, per cui la causa e l’esistenza di due associazioni agli antipodi (pur sostenendo tematiche all’apparenza simili) rappresenterebbe un proficuo dibattito. È invece la manifesta situazione in cui ci si sarebbe trovati con il DDL Zan all’articolo 7 e precedenti. Porsi in maniera critica rispetto ad attività dell’istituenda “Giornata nazionale contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia” avrebbe significato trovarsi davanti a un giudice.

Questo perché talune associazioni, come dimostrano Mermaids e relativo caso britannico contro LGB Alliance, si prenderebbero la briga di “denunciare” chiunque si ponesse in maniera critica di quanto da loro sostenuto. Affermare che il sesso biologico sia immutabile rappresenterebbe il primo capo d’accusa per un’eventuale causa volta a dimostrare posizioni  “anti-trans” se non “transfobiche”. Anche se vi battete per i diritti degli omossessuali. Benvenuti nell’Impavido Mondo Nuovo.

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Saggista e divulgatore, tra le sue pubblicazioni Alessandro Blasetti. Il padre dimenticato del cinema italiano (Idrovolante, 2023). E con Emanuele Mastrangelo Wikipedia. L’Enciclopedia libera e l’egemonia dell’in­formazione (Bietti, 2013) e Iconoclastia. La pazzia contagiosa della cancel culture che sta distruggendo la nostra storia (Eclettica, 2020).