L’Emilia è diventata il crocevia non solo della politica italiana ma anche della istituzione ecclesiastica. La corrente che in questo momento sembra prevalere nei Sacri Palazzi mira a proporre alla guida della Conferenza Episcopale Italiana il cardinal-arcivescovo di Bologna Matteo Zuppi. Qualora questa prospettiva dovesse verificarsi, ci si dovrebbe attendere una saldatura forte della istituzione ecclesiastica con i centri di potere della sinistra: sia quelli più ufficiali come il PD, sia quelli più legati al mito di una hard-UE come +Europa sia gli ambienti movimentisti come quelli che in passato hanno portato (relativi) consensi alle liste di Bertinotti, Vendola, Boldrini.

La benedizione al movimento delle “Sardine” che da alcune cattedre vescovili è stata generosamente dispensata è forse il segno che, in questo movimento generico ma “bene educato”, sia stata individuata la cinghia di trasmissione per recuperare i voti “ribelli”, che in passato si erano indirizzati verso il profeta delle nuove tecnologie Grillo, e ricondurli in un contenitore di sinistra che accomuni notabili di sinistra e vescovi di stretta obbedienza bergogliana. Sullo sfondo di questa costellazione non inedita per la politica italiana (ricordiamo il vecchio catto-comunismo) splende sempre come una Luna Piena la faccia rotonda di Romano Prodi eternamente rivolta verso il Quirinale.

Alcuni cinici potrebbero osservare che, da un punto di vista economico, l’operazione avrebbe un senso dal momento che consentirebbe di bilanciare il crollo delle offerte che si è verificato in questo confuso periodo dei due Papi con i significativi introiti del business della gestione degli immigrati. Ma l’aspetto problematico della operazione è che su questa via (la Via Emilia…) il potere ecclesiastico si allontanerebbe sempre di più da quel cattolicesimo popolare che in questi ultimi mesi ha rafforzato la sua preferenza per il centro-destra. A quel cattolicesimo meno intellettuale, ma non per questo sprovveduto, si è rivolto ultimamente il cardinal Ruini cercando di richiamare l’attenzione di un clero forse fin troppo involuto in schemi ideologici rigidi.

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Nella sua praticità dottrinale il cardinale che, non fosse altro per una omonimia, sembra riferirsi in parte al don Camillo di Guareschi, forse ha presente quanto è avvenuto in questi decenni in Sud America, dove la politicizzazione della chiesa operata principalmente dai Gesuiti ha prodotto come un frutto amaro il drastico crollo dei fedeli e il diffondersi di chiese protestanti che poi hanno favorito l’elezione di politici come Bolsonaro.


Alfonso Piscitelli, docente di storia e filosofia, collaboratore de “La Verità”.