Appendi uno striscione e tutto sarà risolto. O almeno, la tua coscienza si sentirà apposto. Così sembrano ragionare non solo militanti ma pure dirigenti e persino ex premier di sinistra. Infatti, quando l’amministrazione regionale friulana e altri comuni hanno deciso di togliere gli striscioni pro Regeni, si sono messi subito a strillare. Forse perché, a proposito di coscienza, qualche tarlo deve rosicchiare la loro, visto che quando il nostro povero connazionale è stato ucciso, al governo c’era un Matteo, ma non era Salvini, era Renzi, e agli Esteri un tal Paolo Gentiloni. Se ci fosse una responsabilità politica, quindi, questa sarebbe tutta del Pd, nel non aver difeso Regeni. Anche la condotta successiva alla scoperta del cadavere è stata tutt’altro che lungimirante: prima hanno gonfiato il petto e richiamato l’ambasciatore e poi sono stati costretti a dialogare con al-Sisi. Nessuna delle due mosse ha portato a nulla, se non a perdere commesse e influenza politica presso un attore fondamentale nel mondo arabo, e in particolare sulla Libia. Inoltre, se l’affare Regeni era un segnale partito dall’Egitto per significare che l’Italia non aveva più seguito una linea gradita al Cairo, vuol dire che quella dell’esecutivo era stata fallimentare anche in precedenza. La realtà è che la politica estera non si fa con gli striscioni, cioè con la piazza, lo sfruttamento delle emozioni, le fiaccolate, la retorica spicciola sui diritti; a maggior ragione se tutto ciò serviva a coprire gravi errori diplomatici e una colossale ignoranza culturale di come si “tratta” con i governi del mondo arabo. Al contrario, è probabile che si possa ottenere di più, a cominciare dalla verità su Regeni, facendo in modo che la diplomazia e le sue complesse trame si dipanino nel silenzio, e non nella grancassa mediatica. A meno che qualcuno, assieme a qualche giornale, non desideri, più che la verità sull’omicidio del povero Giulio, far rompere del tutto i nostri rapporti con l’Egitto. Ma allora lo dica chiaramente.

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Marco Gervasoni, storico, è professore ordinario all’Università del Molise e consigliere scientifico del Centro Studi Machiavelli.