di Guido Taietti

La questione razziale è sempre un tema caldo negli USA, ma il tentativo di affrontarlo con ragionevolezza è stato accantonato anni fa ed ora è sostanzialmente un modo per diffondere odio tutelati da un diritto alla libertà di parola che spetta ad alcuni per colpire politicamente avversari che non fanno (o non possono fare) la dichiarazione giusta nel momento giusto.

Tanto per cominciare bisognerebbe ad esempio affermare che, per quanto si possa sostenere che ci sia ancora molto da fare in merito alla questione razziale (ad esempio capire se le razze esistano o meno o se, pur non esistendo le razze, possa esistere una questione razziale) ben pochi paesi al mondo possono, in questo preciso ambito, considerarsi migliori o progressisti, rispetto agli USA dove è possibile trovare persone con ogni background etnico in posizioni di ogni livello, pubbliche, politiche o private. Tuttavia siccome buona parte della discussione in merito al razzismo è semplicemente diventata un’arma usata dai progressisti per disfarsi dei propri nemici, non solo è difficile discutere del tema in modo pacifico, ma è anche difficile cogliere una logica in quelle che sono le posizioni considerate accettabili del “politicamente corretto”.

Recentemente ad esempio è balzato agli onori della cronaca il caso di un docente di Sociologia che ha accusato il Trinity College di avergli ostacolato la carriera sospendendolo per paura che dicesse “la verità” in merito al razzismo ai propri studenti. Tuttavia si è poi scoperto che la sospensione commutata al professore risale al 2017 quando egli, commentando il tentato assassinio del parlamentare repubblicano Steve Scalise, scrisse “lasciate morire i bianchi e fatevi una risata quando muoiono”. Tuttavia questo non ha impedito a Johnny Williams (questo il nome del docente) di occupare le pagine dei media e dei social spiegando che il razzismo riguarda solo i bianchi perchè, a quanto pare, “non c’è razzismo se non c’è potere”; il che sostanzialmente si traduce nel fatto che docenti universitari afroamericani possono plaudire ad attentati a parlamentari bianchi e che se invece succedesse il contrario ci si aspetterebbe qualcuno debba finire in galera.

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Il dibattito ovviamente è infuocato e continua ad accendersi nel mondo statunitense, ma risparmiamo al lettore ulteriori approfondimenti visto che ci sembra ci sia davvero poco di minimamente utile a qualcuno. Quel che è certo è che è difficile non notare quanto, non solo il dialogo sul razzismo abbia raggiunto toni tali sostanzialmente giustificare l’assassinio politico nel mondo accademico statunitense, ma anche che, con tutta probabilità, a nessuno interessi davvero provare a migliorare le relazioni razziali, tutti occupati piuttosto a soffiare sul fuoco per sfruttarne le tensioni come armi politiche.
Un piccolo anticipo di quel che ci spetterà in futuro anche nelle nostre università?

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Scrive su "Il Primato Nazionale" di geopolitica ed intelligence. Si occupa inoltre  di Comunicazione politica e marketing elettorale, avendo seguito  decine di campagne elettorali locali e nazione ecollaborato alla stesura di strategie comunicative per ONG in Italia e all'estero. Autore del saggio Trattato sul Sovranismo.