Editorial

Le crescenti minacce che la Cina pone all’Occidente. È di questo che si è occupata China's many challenges to the West, la tavola rotonda – organizzata dal Centro Studi Machiavelli e dall’International Republican Institute – che si è svolta lo scorso 24 novembre presso la Camera dei Deputati, ospitata dal gruppo parlamentare della Lega. In particolare, relatore principale dell’evento è stato Dean Cheng, esperto di politica cinese del think tank statunitense Heritage Foundation.

Cheng ha sottolineato che la Cina sta conducendo una strategia sistemica nei confronti dell’Occidente, muovendosi contemporaneamente su più piani (dalla politica all’economia, passando per il settore tecnologico). Nella fattispecie, gli obiettivi della Repubblica Popolare sono molteplici: garantire il potere del Partito comunista, salvaguardare la propria integrità territoriale e difendere il suo predominio economico.

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Dean Cheng

In quest’ottica, è come se Pechino portasse avanti un duplice intento sia di carattere offensivo sia di tenore difensivo: secondo Cheng, la Repubblica Popolare vede infatti nell’Europa Occidentale una “minaccia esistenziale”, paventandone quei valori di democrazia liberale che mettono potenzialmente a rischio la sopravvivenza stessa del regime comunista cinese. L’analista ha inoltre posto l’attenzione sui pericoli legati alla Belt and Road Initiative projects sotto il profilo geopolitico.

Alla fine del suo intervento, Cheng si è confrontato con i vari partecipanti della tavola rotonda – membri del Centro Studi Machiavelli, dell’IRI e del Parlamento.

Si è affrontata innanzitutto la questione di Taiwan, a causa della crescente pressione militare a cui Pechino sta ormai da tempo sottoponendo l’isola. Un altro fronte trattato è stato poi quello dell’accordo tra Vaticano e Cina: un’intesa, firmata nel 2018 e rinnovata l’anno scorso, che ha creato turbolenza nei rapporti tra Washington e la Santa Sede. A tal proposito, Cheng ha mostrato preoccupazione, temendo soprattutto che questo tipo di distensione possa avere delle ripercussioni diplomatiche sui Paesi che riconoscono formalmente Taiwan.

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Il dibattito tra esperti e politici italiani ed americani

A proposito della vicinanza diplomatica tra Russia e Cina, Cheng ha riconosciuto che essa dipende più dalla comune ostilità verso gli USA che da reali affinità. Tuttavia ha giudicato poco realistico e profittevole un riavvicinamento tra Mosca e Washington in funzione anti-cinese.

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Ulteriore questione affrontata è stata poi quella dell’infiltrazione cinese nei media occidentali: un problema urgente, che permette alla Repubblica popolare di consolidare indebitamente il proprio soft power. Ad esempio, la dura repressione delle minoranze etniche/religiose da parte del regime si trasforma in “screzi di poco conto su questioni religiose”. Nel momento in cui l’establishment politico (italiano) fa fatica a far riconoscere il genocidio degli uiguri, nel momento in cui i giornali non ne trattano, questo è già un segnale chiaro e problematico.

Più in generale, la tavola rotonda ha rappresentato un momento importante per sottolineare l’importanza delle relazioni transatlantiche e quindi la necessità di una più stretta cooperazione tra Italia e Stati Uniti e, soprattutto, tra le Destre dei due Paesi. Essa costituisce, tra le altre cose, uno dei più efficaci antidoti alla penetrazione cinese in Italia.