by Nathan Greppi

2007: Quando cambiare corpo era distopico

Nel videogioco fantascientifico del 2007 Bioshock, ambientato in una città distopica fondata su un individualismo sfrenato, compaiono uomini di scienza che si illudono di poter cambiare i sessi e i tratti somatici delle persone: Steinman, un chirurgo spinto da deliri di onnipotenza, dopo aver messo le mani su una sostanza chiamata “Adam” in grado di modificare le cellule e la struttura corporea afferma che ciò “ci libera dalla falsa morale che ci frenava. Cambia aspetto! Cambia sesso! Cambia razza! Il corpo è tuo, fanne ciò che vuoi!”. Ciò lo porterà a fare esperimenti perversi sulle sue pazienti, oltre a formulare pensieri di questo tipo: “Con le modifiche genetiche, la bellezza non è più un fine, nemmeno una virtù… è un obbligo morale! Obblighiamo forse il sano a convivere con il contagiato? Mischiamo i criminali con le persone per bene? Allora PERCHÉ permettiamo ai brutti di mischiarsi ai belli?”.

Questo gioco ha previsto in anticipo di una dozzina d’anni derive attuali assai preoccupanti, come il fatto che in alcuni Paesi i bambini possano cambiare sesso e se un genitore non è d’accordo gli venga tolto l’affidamento. Ed è interessante notare come, sebbene la trama del gioco trattasse temi politici da una prospettiva di sinistra, idee che oggi vengono presentate come diritti da rivendicare nel 2007 venivano viste come i deliri di una mente deviata.

2020: La svolta gender nei videogiochi

Quello che forse i creatori di Bioshock non potevano prevedere è che anche nel mondo dei videogiochi certe derive stiano sortendo effetti inaspettati. Mettiamo da parte i videogiochi di produzione giapponese per i quali, avendo il Giappone una percezione della sessualità diversa dalle tradizioni occidentali, andrebbe fatto un discorso a parte. Pensiamo invece al titolo del 2020 Call of Duty: Black Ops Cold War, dove nel personalizzare il proprio personaggio oltre alle opzioni “maschio” e “femmina” compare anche “non binario” (il che non ha senso, dal momento che il titolo è ambientato nei primi anni ’80). O pensiamo che nell’ottobre di quest’anno diversi professionisti del settore hanno firmato un appello per cancellare la presunta “transfobia” da una nuova edizione di Grand Theft Auto V, uscito per la prima volta nel 2013.

Mentre in The Last of Us parte II, uno dei migliori titoli del 2020, il dibattito si è concentrato principalmente sulla relazione lesbica tra la protagonista Ellie e la giovane Dina; tuttavia, sia tra i favorevoli sia tra i contrari in pochi sembrano aver notato che una ragazzina tredicenne di nome Lily decide di essere considerata un maschio e nel corso del gioco viene trattata come tale. Un modo subdolo per normalizzare l’applicazione di certi parametri ai minorenni.

Il libero arbitrio del videogiocatore

Eppure, per una strana eterogenesi dei fini, proprio in seno a queste derive vi è un elemento ricorrente che può offrire delle opportunità a quei conservatori che, non apprezzando il politicamente corretto nel mondo dell’intrattenimento, vogliano vedere personaggi e relazioni che rispecchiano il loro modo di pensare e agire. Questo perché, mentre per i film e le serie tv siamo solo spettatori passivi, nei videogiochi possiamo interagire in modo attivo con la trama e i personaggi; a seconda dei casi, le nostre decisioni possono decidere anche come andrà a finire la storia e che tipo di relazioni vogliamo avere, dando spazio al libero arbitrio.

Per capire più nel dettaglio di cosa si sta parlando, analizzeremo due saghe videoludiche che racchiudono gli elementi di cui sopra: Mass Effect, trilogia di fantascienza uscita tra il 2007 e il 2012, e Life is Strange, saga fantastica iniziata nel 2015 e di cui l’ultimo titolo, Life is Strange: True Colors, è uscito quest’anno.

Nel primo caso, la storia inizia nell’anno 2183: la razza umana ha iniziato da qualche decennio a colonizzare altri pianeti ed è entrata in contatto con specie aliene intelligenti, che governano la galassia tramite un’istituzione nota come “il Consiglio”, una specie di ONU spaziale. Il protagonista, John Shepard, è un militare che deve difendere sia gli umani sia le altre specie affrontando vari nemici, in particolare una misteriosa specie di robot chiamati “Razziatori” che vogliono sterminare le forme di vita più evolute.

Una particolarità dei tre titoli sta nel fatto che non solo il giocatore può personalizzare il personaggio principale (si può decidere se sia un uomo o una donna, ritoccarne il colore della pelle, dei capelli e degli occhi nonché le dimensioni di naso e bocca per renderlo più simile a sé), ma ogni volta che dialoga con un altro personaggio gli si presentano varie opzioni sull’approccio da utilizzare: verso l’interlocutore può avere un atteggiamento rispettoso o intollerante, altruista o egoista, comprensivo o severo. Ad esempio, se una tua amica ti rivela un fatto molto personale del quale si vergogna, tu puoi scegliere se mostrare empatia o giudicarla freddamente; mentre di fronte a uno scienziato che sostiene di aver preso parte ad un genocidio, tu puoi attaccarlo verbalmente o dargli ragione. Tutte scelte che a lungo termine stabiliranno la direzione che prenderà la trama, sulle quali è il singolo giocatore ad avere l’ultima parola.

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Scegliere la sessualità del personaggio

Questa varietà di scelte si vede anche nella vasta varietà di storie d’amore, che possono sfociare anche in rapporti sessuali, tra Shepard e i suoi commilitoni: nei primi due titoli, a seconda delle decisioni prese, si può avere diverse relazioni con altri personaggi del sesso opposto, talvolta anche di specie aliene vagamente antropomorfe, e nel terzo si può scegliere di avere relazioni omosessuali. A seconda dell’approccio utilizzato verso ogni personaggio, il giocatore può scegliere se con esso ci sarà una relazione amorosa, una semplice amicizia o un rapporto conflittuale.

Sebbene il gioco sembri predicare la cooperazione tra i popoli e la sessualità fluida, il giocatore è libero di scegliere come agire: così come può avere una relazione con Liara, un’aliena dall’aspetto femminile ma la cui specie presenta un solo sesso biologico, allo stesso modo può scegliere di stare con Ashley, soldatessa con un atteggiamento “xenofobo” nei confronti di altre razze ma che a seconda delle scelte fatte può diventare l’amante del protagonista o una martire che si sacrifica per salvare i suoi compagni.

Questo discorso vale anche per Life is Strange: nel primo titolo, che ha per protagonista Max Caufield, una giovane studentessa dell’Oregon con il potere di viaggiare indietro nel tempo, si possono fare tutta una serie di scelte che determineranno se il personaggio avrà un atteggiamento piuttosto che un altro. In alcuni casi è possibile cambiare la scelta fatta tornando nel passato più recente, come se si stesse cancellando con la gomma le ultime righe del proprio diario per riscriverle da capo. Ciò alla lunga include anche la possibilità di avere storie amorose con ragazzi, ragazze, entrambi o nessuno.

Ma è in Life is Strange 2, uscito nel 2018, che si vedono molte similitudini con le situazioni di Mass Effect: qui il giovane protagonista Sean Diaz può scegliere se avere una storia con una ragazza, con un ragazzo o con nessuno dei due; nell’ultimo caso, ciò è dovuto anche al fatto che il tempo trascorso con i potenziali amanti, e in particolare la ragazza, va a discapito dell’attenzione rivolta al fratellino Daniel, del quale si deve prendere cura dopo che sono rimasti orfani di padre. Anche avere un atteggiamento severo o indulgente nei confronti del fratello avrà ripercussioni a lungo termine, così come accettare se farsi o meno tatuaggi o tagli di capelli trasgressivi determinerà se ha un modo di pensare più sobrio o più ribelle.

Conclusione: meglio i videogiochi del cinema “politicamente corretto”

In conclusione, se chi ha determinate idee non si riconosce in prodotti dove l’inclusione di certe categorie appare forzata, una soluzione provvisoria può essere quella di dedicare meno tempo a film e serie tv e più a giocare con videogiochi dove è lui a decidere cosa farà il protagonista. Questo settore può permettere a istanze progressiste e conservatrici di coesistere, senza che le prime prevalgano sulle seconde.

In un periodo nel quale si vuole ostentare la diversità etnica o di genere, questi mezzi consentono di tutelare l’unica diversità della quale non si può fare a meno in una democrazia: quella delle opinioni.

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Giornalista pubblicista, ha scritto per le testate MosaicoCultweek and Il Giornale Off. Laureato in Beni culturali (Università degli Studi di Milano) e laureato magistrale in Giornalismo, cultura editoriale e comunicazione multimediale (Università di Parma).