di Alberto Basile

Ieri, 17 Marzo, il nostro amato Paese, l’Italia, ha compiuto 160 anni come Stato unitario nazionale.

Il Risorgimento è stato una grande pagina della nostra Storia, troppo spesso dimenticata e sminuita. I personaggi che hanno reso possibile la realizzazione del Regno d’Italia vanno adeguatamente ricordati e celebrati: il fine politico Cavour, il grande generale Garibaldi e il re galantuomo Vittorio Emanuele II, ma anche i tanti altri patrioti come Mazzini, Manzoni e Cattaneo che hanno contribuito con le loro opere a raggiungere questo obiettivo.

Il 17 Marzo 1861 ha coronato il sogno di unificare un Paese che esisteva nella storia, nella geografia, nella lingua, nella cultura ma soprattutto nei cuori degli italiani, che però doveva essere riconosciuto anche politicamente. L’Italia, che per secoli era stata “calpesta e derisa”, soggiogata da potenze straniere e divisa al suo interno, finalmente conquistava l’indipendenza e con essa la libertà. Perché, non dimentichiamolo, sotto il Regno dei Savoia intere parti d’Italia hanno conosciuto per la prima volta il privilegio di avere una costituzione (lo Statuto albertino) e con essa il riconoscimento di tanti diritti e libertà, come quelle di stampa e di opinione. Iniziava in quel momento il cammino di un’Italia liberale rivolta al futuro, alla modernizzazione e allo sviluppo.

Io credo che possiamo essere orgogliosi di questo passato e, anzi, penso che sia sbagliato non celebrare degnamente il giorno dell’unità d’Italia. Ritengo infatti che sia più importante del 2 Giugno, in quanto il nostro essere italiani si lega maggiormente all’unità del nostro Paese che prima non esisteva e dopo il 17 Marzo è effettivamente nato come soggetto politico, piuttosto che alla sua forma istituzionale, sia essa monarchica o repubblicana. Invece, molti pochi italiani conoscono questa data e in tanti non conoscono per nulla la storia del Risorgimento, che la nostra scuola e la cultura di sinistra ignorano e non valorizzano. Per questo e per altri motivi siamo un popolo che non apprezza come dovrebbe il valore fondamentale del riconoscerci tutti all’interno di una comunità nazionale.

L’Italia non ha inizio con il 25 Aprile 1945 (anch’esso importante naturalmente) ma ha la sua genesi nel Risorgimento dei grandi ideali liberali. Nei nostri giorni segnati dalla venerazione spesso spropositata per il globalismo e per le istituzioni sovranazionali, dobbiamo ricordarci e ricordare a tutti che, fuori dal contesto nazionale, le libertà possono essere in pericolo se i poteri non sono adeguatamente bilanciati o gestiti democraticamente; e che la nostra identità rischia di essere sacrificata in nome di una uniformità tecnocratica e di un utilitarismo economicista.

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Spesso mi chiedo, pensando ai sacerdoti dell’europeismo e del politicamente corretto, come possano costoro amare tanto l’Europa e i migranti da tutto il mondo quando invece nei confronti del proprio Paese non temono di esprimere quotidianamente distacco e disprezzo. Non dovremmo mai scordarci di essere italiani e di avere un patrimonio umano e culturale unico e immenso. Solo così potremo essere europei e cittadini del mondo consapevoli e non solo individui anonimi e senza radici.

Desidero terminare questo articolo citando Benedetto Croce, il quale in un celebre passo de La storia d’Europa nel secolo decimonono richiama in maniera molto suggestiva un’idea d’Europa unita, ma ci tiene a specificare che nella comune casa europea le nostre Patrie nazionali non saranno dimenticate ma bensì meglio amate! Amare il nostro Paese è ancora oggi un dovere per tutti noi e non è assolutamente anacronistico, anzi è tremendamente moderno!

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Classe 1988, dottore in Lingue straniere (Università Cattolica di Milano). Poliglotta ma sempre profondamente legato al proprio Paese, si reputa un liberale conservatore e realista. Lavora in ambito commerciale per un marchio italiano del lusso.