Alla fine le parole più equilibrate sul fenomeno-Greta le ha dette un arguto commentatore di San Pietroburgo, Vladimir Putin: “Non condivido l’entusiasmo generale per il discorso di Greta. Quando qualcuno approfitta dei bambini, è degno di condanna. Sarebbe particolarmente negativo se qualcuno stesse cercando di fare soldi con questo. Nessuno a Greta ha spiegato che il mondo è complesso e che le persone in Africa vogliono vivere proprio come in Svezia”. In pratica Putin ricorda che nel mondo di oggi sono proprio i paesi che un tempo si sarebbero detti “in via di sviluppo” a produrre l’inquinamento più forte, per cui è folle aggredire i ceti popolari dei paesi industrializzati addossando a loro le responsabilità dell’inquinamento globale ed è anche “complesso” dire al Terzo Mondo: rimanete nella miseria e chiudete le vostre fabbriche. Se il fenomeno inquinamento è complesso, altrettanto complessa sembra essere l’interpretazione di questa sfinge scandinava.

Fino a che punto è telecomanda e fino a che punto è spontanea? Chi scrive ritiene che abbia più margini di “autonomia” di quanto gli opinionisti a lei avversi le riconoscano. Certe esagerazioni ridicole che sfiorano l’annuncio di fine del mondo e ricordano le date indicate nel corso del Novecento dai Testimoni di Geova forse non sarebbero state compiute da Greta se avesse seguito per filo e per segno il copione di un più maturo ghostwriter.

Ciò detto il Greta-pensiero si lascia individuare congiungendo due coordinate. Greta piace all’alta borghesia internazionale e dispiace al “popolo del diesel” in condizioni economiche mediobasse. Arriva a New York sulla barca di un rampollo di un Principato e riceve in regalo dal facoltoso (e incoerente) Arnold Schwarzenegger una costosa auto elettrica, prezzo base 50.000 euro. Nello stesso tempo il suo messaggio anti-industriale in linea teorica, come ha fatto notare Putin, dovrebbe colpire quei paesi in via di sviluppo che cercano di sollevare le loro condizioni materiali di vita alzando il PIL. Ma all’atto pratico il gretismo vive su una incoerenza di fondo: si scaglia con ira funesta contro le democrazie ad avanzata industrializzazione d’Occidente, che qualche passo sulla via dell’ecologia l’hanno compiuto; mentre tace e sembra neppure accorgersi che il grosso dell’inquinamento mondiale proviene dai titani asiatici con la loro frenetica e recente industrializzazione.

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In sintesi, Greta è appoggiata dall’upper-class occidentale, è “neutrale” nei confronti dei colossi iperinquinanti d’Oriente, propone politiche che si tradurrebbero (esattamente come l’austerity economica) in un salasso per i ceti medio-bassi d’Occidente. Per cui si ripropone la domanda: cui prodest? A chi giova il movimento di Greta?


Alfonso Piscitelli collabora con varie testate, tra le quali “La Verità”.