Da quando l’essere umano è uscito dalle nebbie pre-coscienti del paleolitico, compiendo quel passo stupefacente e “miracoloso” (nel senso etimologico del termine) che è l’individuazione, in corrispondenza quindi con la “rivoluzione” neolitica, esso ha sempre avuto come compagna di viaggio, in ogni epoca e a ogni latitudine, la religione.
Religione dunque come esperienza del Totalmente Altro che l’uomo esperisce nel momento in cui si “apre” all’esterno, gettando la propria personalità e carattere all’esterno, e facendo di essi delle divinità. La religione, innervata dal sentimento del sacro e articolata secondo miti, rituali e credenze, variabile e volubile come lo erano e lo sono popoli, costumi, abitudini e civiltà, si poneva nell’orizzonte mentale ed esistenziale dell’uomo, non dovendo giustificare la propria esistenza (proprio come il cielo e le stelle) al cospetto di nessuno.
In Occidente, questo orizzonte di senso è imploso, andando in frantumi; le cause sono diverse e molti pensatori hanno offerto la loro spiegazione, sempre plausibile e mai conclusiva. Soprattutto, mai riparatrice o rigeneratrice. Che fossero le rivoluzioni industriali, l’avanzata dirompente dell’incredulità e della cultura laica, o quella della Dea Ragione, un fatto è certo: l’Occidente è la prima civiltà conosciuta che vive senza una religione. Secondo molti antropologi, questo, di per sé, sarebbe impossibile, in quanto se una religione muore, la civiltà che la esprime la segue. Si tratta di una regola ferrea della Storia che molti hanno già evidenziato.
Tuttavia, seppur costantemente in bilico e in crisi, sotto la minaccia di un crollo imminente, l’Occidente continua, al momento, a reggersi e a fare civiltà senza alcun supporto oltremondano. Riesce a fare civiltà soprattutto attraverso la tecnica, che ha preso il posto di Dio sul trono delle speranze e del sentimento del futuro ai quali ogni cultura, per vivere, deve necessariamente rimandare. Occidente in crisi in parte per sua stessa natura, in parte per scelte ideologiche che, sotto la spinta di un cristianesimo finalmente riconciliato con il suo messaggio originario, stanno caratterizzando la sua storia più recente.
Al di fuori di ogni ipotesi nostalgica e melanconica, l’Occidente scristianizzato e nichilista va attraversato per intero; non esistono scorciatoie in grado di esimerci. Se, come diceva Nietzsche, “ai Greci non si ritorna”, nemmeno Cristo, “sceso dalla Croce” (come ha icasticamente fotografato il Cardinale Stanislaw Dziwisz, commentando la scelta inaudita di un Pontefice di “dimettersi”), può tornare sulla Croce.
La scelta che si presenta all’uomo occidentale è dunque una sfida senza precedenti: se al paganesimo antico è succeduta una fede, una religione diversa ma comunque legata all’orizzonte oltremondano, il nichilismo post-cristiano che l’Occidente sperimenta, a ogni livello, esige un ripensamento radicale delle proprie categorie valoriali.
Il paganesimo antico, greco-romano, conteneva già in radice i motivi del proprio dissolvimento, e i pensatori dell’antichità ne erano ben consapevoli. L’uomo lucreziano, per esempio, viveva religione refrenatus, mentre l’etimologia stessa di religio, sempre secondo Lucrezio, rimanda a un legame costrittivo (re-ligare) che l’uomo sperimenta suo malgrado, in un orizzonte esistenziale che mal sopporta tale impedimento, pur sapendolo necessario. Anche il Cristianesimo annuncia la sua propria morte nel momento in cui, iscrivendo la parabola cristica all’interno di uno spazio-tempo non più mitico ma storico, ha come sbocco messianico terminale un’umanità finalmente pacificata, eguale (che richiama non a caso le “società fredde” teorizzate da Lévi-Strauss), dove la “fine della storia” è ben raffigurata dall’immagine del lupo [che] dimorerà con l’agnello.
Qual è dunque la scelta, di destino, di senso, of the speranza, che l’uomo occidentale ha a propria disposizione? Il “nichilismo attivo” già teorizzato un secolo fa? La tecnica sovraumanista che gli apparati scientifici annunciano come già possibile e realizzabile? Si tratterà, in ogni caso, e qualunque scelta, a livello generale e non individuale, verrà assunta, di prendere coscienza del fatto che il paradigma ideologico derivante dal cristianesimo secolarizzato è inadeguato a rispondere alle nuove sfide che la rivoluzionaria antropologia tecno-scientifica preannuncia come imminente.
La manipolazione del vivente, animale o umano, è solo uno degli esempi possibili. Come può una forma mentis regolata su dogmi egualitari, livellatori, pacificanti, rispondere a queste sfide? Come può un Occidente ormai avviato, a causa di una mentalità cristiana ormai matura e riconciliata con il suo messaggio originario egualitario, tolto di mezzo “l’equivoco” di una conciliazione tra Cristo e la Spada, verso lo sbocco terminale delle primitive e pre-coscienti “società fredde”, guardare negli occhi la prometeica forza della Tecnica, non avendo a propria disposizione alcun apparato concettuale adeguato?
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Abyssus, pseudonimo, è un professionista che opera nel settore culturale ed editoriale italiano.
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