L’Iniziativa Centro-Europa (InCE), coi suoi trent’anni di storia, è uno dei più longevi forum regionali dell’Europa Centrale e Orientale. I 17 Stati membri che la compongono riuniscono membri dell’Unione Europea, Paesi candidati e nazioni extra-UE, rendendola così un autentico ponte della vasta regione che dall’Italia arriva all’Ucraina, e dalla Polonia alla Bulgaria. In quanto presidente di turno, l’Italia ospita quest’anno le riunioni dell’InCE, tra cui l’Assemblea Parlamentare convenuta il 7-8 novembre alla Camera dei Deputati, che ho avuto l’onore di presiedere. I lavori sono stati dedicati allo sviluppo congiunto delle infrastrutture nell’area InCE per favorire la competitività delle imprese.

Quest’epoca è caratterizzata dalla globalizzazione economica, dalla repentina evoluzione tecnologica, dalla rapidissima circolazione di idee e capitali: una riduzione delle distanze in campo economico e finanziario cui non corrisponde sempre un’analoga connettività sul piano materiale e infrastrutturale, che si traduca in un efficace avvicinamento territoriale, all’espansione controllata del commercio e all’espressione di una piena competitività delle imprese nel rispetto dei territori e della forza lavoro ad esse legata. Imprese che sono sempre più sollecitate da una domanda in continuo mutamento, in termini di qualità e quantità, essendo in più sottoposte ad una severa concorrenza in termini di costo del lavoro e delle materie prime, ma anche e soprattutto di costi dei trasporti e della connettività.

Le attuali politiche di “connettività” sono tuttavia ancora insufficienti, ma proprio dall’InCE, nella sua peculiarità di facilitatore di dialogo politico e di acceleratore di riforme nei Paesi della regione, si può partire per dare slancio al principio di interconnettività infrastrutturale tra i nostri Stati, anche al di là dei progetti sostenuti dalla stessa Unione Europea. Anche in questo rileva la specificità dell’InCE come reticolo connettivo di cooperazione regionale fra nazioni con radici culturali comuni e sfere economiche contigue e interdipendenti. In questo senso l’Iniziativa può e deve diventare un soggetto politico propulsivo di progetti infrastrutturali finalizzati a migliorare la connettività anche interna agli Stati membri.

A questo proposito, il 12 giugno scorso, in occasione della riunione dei Ministri degli Esteri dell’InCE, è stata adottata la “Dichiarazione di Trieste”, con la quale si è deciso di dare un potente impulso alla dimensione economica dell’Iniziativa, da realizzarsi attraverso l’approfondimento della cooperazione regionale proprio nel settore della connettività infrastrutturale. Gli interventi progettuali finanziati dal Fondo italiano InCE presso la BERS sono essenzialmente dedicati al settore della connettività infrastrutturale: in particolare, dal 1993 al 2018, a fronte di oltre 27,7 milioni di euro impegnati nel programma, il 30% circa delle risorse è stato destinato a progetti di sviluppo infrastrutturale e trasporti nell’area InCE, a cui si aggiungono ulteriori 24% per lo sviluppo delle infrastrutture a livello municipale in Paesi InCE non appartenenti all’Unione Europea.

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Quale può essere il modus operandi più adeguato a raggiungere l’obiettivo dell’avvicinamento dei Paesi dell’Europa Orientale e Sudorientale grazie alla creazione di una rete di trasporti integrata?

Anzitutto è necessario privilegiare una gestione integrata – anche coinvolgendo i livelli locali – proprio di quelle politiche che si ripercuotono più direttamente sullo sviluppo economico, vale a dire le politiche dei trasporti e delle infrastrutture, con l’obiettivo di facilitare i flussi commerciali e potenziare la competitività delle nostre imprese sul piano globale. Anche per questo bisogna pensare ad un’estensione delle esistenti reti transeuropee dei trasporti (cosiddetta rete TEN-T), il cui l’obiettivo generale è stabilire un’unica rete transeuropea multimodale volta ad integrare trasporto terrestre, marittimo e aereo: obiettivo che non appare però ancora completamente raggiunto. Per arrivare a questo traguardo occorre perciò anzitutto attingere ampiamente alle fonti di finanziamento dedicate dell’Unione Europea come il Western Balkans Investment Framework (WBIF) e il Connecting Europe Facility (CEF).

Uno strumento collaterale, ma essenziale ad aumentare la competitività delle imprese nell’area che ci interessa è l’eliminazione o almeno la riduzione degli ostacoli giuridici e regolamentari ancora esistenti nel mercato dell’energia e nelle politiche infrastrutturali, con la connessa creazione di maggiori opportunità imprenditoriali e di impiego, particolarmente con riguardo alle piccole e medie imprese. Cito in merito l’esperienza aziendale italiana, dove “grande” non significa necessariamente “migliore” e la condivisione degli obiettivi aziendali di lungo periodo tra imprenditore e lavoratori porta ad esempi di successo. In questo senso, intendo ribadire che è particolarmente importante fare attenzione ai rischi di processi di eccessiva concentrazione o di concorrenza impropria. Un’impresa slegata dal contesto territoriale e sociale risulta essere un modello produttivo effimero ed in contrasto con una necessità di crescita economica sostenibile e duratura.

Dobbiamo impegnarci a contrastare questi rischi, nel nome dei comuni interessi – concretamente economici – che legano i nostri territori e le nostre società all’interno di questa vasta parte del continente europeo che si estende dal Mar Baltico al Mar Adriatico e al Mar Nero.


Marco Maggioni, deputato (Lega), è Presidente della Dimensione Parlamentare dell’Iniziativa Centro-Europea.